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Estratto: “In tema d'imposta di registro, alla luce del principio dell'altematività con l'IVA, gli atti sottoposti, anche solo teoricamente, perché di fatto esentati, a quest'imposta non debbono scontare quella proporzionale di registro. In particolare, poiché secondo ali artt. 5, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, e 1, lettera b), dell'allegata tariffa, parte seconda, sono sottoposte a registrazione in caso d'uso, e scontano l'imposta in misura fissa, le scritture private non autenticate contenenti disposizioni relative ad operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, fra cui le "prestazioni di servizi", nelle quali la legge sull'IVA (art. 3, comma 2, n. 3. del d.P.R. n. 633 del 1972) comprende i prestiti in denaro, questi, ancorché siano poi esentati dall'imposta stessa dal successivo art. 10, n. 1, quando possano considerarsi "operazioni di finanziamento", tuttavia, essendo in astratto soggetti non sono soggetti all'imposta proporzionale di registro".

Estratto: "in tema di riscossione delle imposte sui redditi, l'art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973, che fonda la gradualità dell'iscrizione a ruolo, deve essere interpretato estensivamente, includendo nel relativo ambito di applicazione anche la riscossione degli avvisi di recupero di credito d'imposta; infatti la "ratio" della disposizione, ossia il contemperamento delle contrapposte esigenze del Fisco, di celere riscossione dei tributi e del contribuente, di non anticipare il pagamento di somme che potrebbero non essere dovute, non può che operare sia con riferimento agli atti di accertamento di imponibile, che con riferimento alla riscossione degli avvisi di recupero dei crediti d'imposta, in quanto questi contribuiscono a definire l'entità della somma concretamente dovuta dal contribuente".

Estratto: "Nel processo tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l'inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l'omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l'inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d'ordinare l'integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l'ha concluso, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità" ( Cass 2019 nr 14213). Va in effetti riscontrata la mancata notificazione dell'appello ad Equitalia Gerit s.p.a.,(parte nel primo grado di giudizio) nei cui riguardi deve essere integrato il contraddittorio; anche in considerazione del fatto che nel presente giudizio non si controverte sulla fondatezza della pretesa fiscale perchè i contribuenti chiedono l'annullamento di atti propri della fase di riscossione in relazione alla affermata decadenza del diritto di riscossione della cartella per violazione del disposto di cui all'art 1 ,comma 5 bis e 5 ter di cui al D.L. nr 106/2005 convertito in L. nr 156/2005.”

Estratto: “In corso di causa, difatti, è sopravvenuto il d.lgs. 14 settembre 2015 n. 147, il cui art. 5, c. 3, ha disposto nei seguenti termini: «Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.». Detta disposizione, secondo un consolidato principio di diritto espresso dalla Corte, ha efficacia retroattiva, in quanto norma di interpretazione autentica, ed esclude che la plusvalenza, tra le parti in contestazione, possa essere determinata (così come nella fattispecie), sulla (sola) base del valore di mercato accertato ai fini dell'imposta di registro, piuttosto che su «ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente.» (cfr. Cass., 8 maggio 2019, n. 12131; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2610; Cass., 18 aprile 2018, n. 9513; Cass., 2 agosto 2017, n. 19227; Cass., 17 maggio 2017, n. 12265; Cass., 10 febbraio 2017, n. 3590; Cass., 6 giugno 2016, n. 11543; Cass., 15 aprile 2016, n. 7488; Cass., 30 marzo 2016, n. 6135). Non ha più fondamento di legittimità, quindi, il previgente indirizzo interpretativo (recepito dallo stesso giudice del gravame) alla cui stregua, ai fini della determinazione della plusvalenza di cui al d.p.r. n. 917 del 1986, art. 68, il valore di mercato dell'immobile, qual accertato ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, assumeva ex se rilevanza quale presunzione iuris tantum di corrispondenza del prezzo incassato dalla vendita (ex art. 68, cit.) con il valore di mercato così accertato, con onere della prova a carico del contribuente quanto al prezzo (inferiore) effettivamente percepito (v., ex plurimis, Cass., 23 luglio 2014, n. 16705; Cass., 10 giugno 2013, n. 14571). E, risultando dagli atti (anche di questo giudizio di legittimità: v. controricorso pag. 2), che la contestata plusvalenza è stata dall'amministrazione determinata (solo) in ragione di detta presunzione, alla cassazione della sentenza consegue che il giudizio può essere definito nel merito, con annullamento degli impugnati avvisi di accertamento".

Estratto: “Come la Corte ha già avuto modo di rilevare, la fattispecie impositiva, - che, per quel che qui rileva, recepisce in gran parte i contenuti della previgente disciplina (d.p.r. 29 settembre 1973, n.597, art. 76), sia pur disancorati dalla nozione di intento speculativo (connotata «da un notevole grado di indeterminatezza»; così Cass., 17 maggio 2017, n. 12320) e ricondotti ad un «criterio di tipo descrittivo e classificatorio delle fattispecie» impositive (così Corte Cost., 12 aprile 2002, n. 109; v., altresì, Corte Cost., 27 luglio 1995, n. 410 nonché Cass., 30 ottobre 2006, n. 23352; Cass., 2 marzo 1999, n. 1749), - ha (qui) carattere complesso, e si atteggia quale fattispecie giuridica a formazione progressiva che, ai fini del perfezionamento dell'obbligazione fiscale (per la plusvalenza realizzata), richiede la ricorrenza di un duplice elemento integrato, quanto all'ipotesi della lottizzazione, dall'autorizzazione (adozione) del relativo piano e dalla vendita del terreno nello stesso piano incluso (v. Cass., 4 novembre 2015, n. 22488; Cass., 26 giugno 2013, n. 16083; Cass., 30 ottobre 2006, n. 23352). Se, dunque, l'atto di vendita perfeziona la fattispecie impositiva (v., anche, Cass., 24 luglio 2013, n. 17960; v., altresì, Cass., 4 settembre 2013, n. 20277 ov'è il rilievo che «Nel caso della lottizzazione dei terreni, l'attitudine materiale del bene diviene anche una qualità giuridica dello stesso assumendo un rilievo impositivo non in sè - fuoriuscendo in generale da una tassazione in quanto tale - ma solo allorché il bene entra in circolazione e viene scambiato.»), l'obbligazione tributaria (per la plusvalenza realizzata) costituisce l'effetto del contestuale concorrere (quale fatto giuridico interno alla fattispecie) di un piano di lottizzazione (autorizzato) in difetto del quale (avuto, qui, riguardo alla specifica ipotesi che si assume integrata nella fattispecie) la stessa vendita non sarebbe idonea a costituire quell'effetto tributario di fattispecie; e, così rilevando il piano di lottizzazione autorizzato, sempre all'interno della fattispecie produttiva dell'obbligazione debbono ritenersi collocate quelle attività che risultano giuridicamente rilevanti ai fini dell'integrazione di detto (ulteriore) elemento costitutivo della fattispecie impositiva, quale, nel caso che ne occupa, la convenzione di lottizzazione.

Estratto: “Corte costituzionale che con sentenza 24 settembre 2014, n. 228, applicabile nel caso di specie trattandosi di giudizio non esaurito, ha rilevato la contrarietà della medesima al principio di ragionevolezza e di capacità contributiva, ritenendo «arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito», dichiarando, quindi, l'illegittimità costituzionale della sopra riportata disposizione «limitatamente alle parole "o compensi"».

Estratto: “la C.T.R. non sembra aver tenuto conto nella sentenza gravata, la cui motivazione, malgrado il principio di prova fornito dal ricorrente, non contiene alcuna considerazione al riguardo. Invero come questa Corte ha più volte ribadito, nel processo tributario il giudice, pur dovendo procedere ad una propria ed autonoma valutazione, secondo le regole proprie della distribuzione dell'onere della prova, ben può tener conto di elementi probatori acquisiti nel processo penale, i quali possono, quantomeno, costituire fonte legittima di prova presuntiva”.

Estratto: “il metodo seguito dall'ufficio per ricostruire i ricavi relativi all'anno 2004 attraverso un mero riferimento alle presunte prenotazioni annotate nei primi quattro mesi dell'anno 2008, si pone infatti in contrasto con il principio fondamentale dell'imposizione fiscale costituito dall'inerenza e riferibilità dei dati ad uno specifico periodo d'imposta, non essendo consentito che l'accertamento operato per un periodo d'imposta possa estendersi in via presuntiva al reddito imponibile di un altro periodo d'imposta in virtù della supposizione della costanza dei flussi reddituali; supposizione che non trova alcun fondamento nel potere dell'Ufficio di avvalersi, nell'accertamento del reddito o del maggior reddito, "di dati e notizie comunque raccolti", dovendo questi riguardare un ben individuato periodo di imposta e non contiene nessuna forza logica presuntiva della supposta costanza”.

Estratto: “in tema di determinazione del reddito d'impresa, l'art. 70 (ora art. 105) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale disciplina la deducibilità fiscale degli accantonamenti per le indennità di fine rapporto, trova applicazione anche all'indennità suppletiva di clientela spettante agli agenti, da ritenersi inclusa tra le "indennità per la cessazione di rapporti di agenzia".