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Violazione da parte dell’Agenzia delle Entrate del principio di alternatività tra IVA ed imposta di registro. L’Agenzia delle Entrate condannata a pagare le spese del giudizio di legittimità.

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Estratto: “In tema d'imposta di registro, alla luce del principio dell'altematività con l'IVA, gli atti sottoposti, anche solo teoricamente, perché di fatto esentati, a quest'imposta non debbono scontare quella proporzionale di registro. In particolare, poiché secondo ali artt. 5, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, e 1, lettera b), dell'allegata tariffa, parte seconda, sono sottoposte a registrazione in caso d'uso, e scontano l'imposta in misura fissa, le scritture private non autenticate contenenti disposizioni relative ad operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, fra cui le "prestazioni di servizi", nelle quali la legge sull'IVA (art. 3, comma 2, n. 3. del d.P.R. n. 633 del 1972) comprende i prestiti in denaro, questi, ancorché siano poi esentati dall'imposta stessa dal successivo art. 10, n. 1, quando possano considerarsi "operazioni di finanziamento", tuttavia, essendo in astratto soggetti non sono soggetti all'imposta proporzionale di registro".

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Corte di Cassazione, Sez. 5,

Sentenza n. 29383 del 13 novembre 2019

Fatti di causa

La GDC s.r.l. ha impugnato per cassazione la sentenza n. 9/45/13, depositata in data 2.1.2013, con la quale la CTR della Lombardia aveva respinto l'appello proposto avverso la decisione della CTP di Milano reiettiva della sua impugnativa di avviso di liquidazione dell'imposta di registro proporzionale ed irrogazione delle sanzioni.

La pretesa impositiva aveva tratto origine da due delibere dell'assemblea dei soci della N. (ora GDC spa) datate rispettivamente, 6.12.2004 e 24.5.2005, con le quali era stato approvato un finanziamento fruttifero dell'importo di € 6.300.000,00 (delibera del 2.12.2004), poi aumentato a 7.000.000,00 con la seconda delibera del 24 maggio 2005. Tali delibere erano state ritenute di natura contrattuale, come tali rientranti tra gli atti da registrare nel termine fisso di 20 giorni ai sensi dell'art. 9 della Tariffa, parte prima, del DPR 131/1986 e, di conseguenza, assoggettati all'imposta di registro nella misura del 3% sull'ammontare dei finanziamenti.

Il ricorso è affidato a due motivi.

L'AGENZIA DELLE ENTRATE ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Ragioni della decisione

Va premesso che la CTR della Lombardia, confermando la decisione della CTP di Milano, aveva ritenuto corretta l'applicazione dell'imposta in misura proporzionale — anziché in misura fissa come ritenuto dalla ricorrente - in quanto il finanziamento di cui alla delibera del 6 dicembre 2004 doveva configurarsi come prestazione a contenuto patrimoniale ai sensi dell'ad. 9 della tariffa allegata ai DPR n.131/1986, così escludendolo dalla assoggettabilità all'IVA (ancorchè esente), atteso che il disposto dell'ad. 10, 1' comma del DPR 633/1972 era da intendere come riferito solo alle prestazioni inerenti alle operazioni di finanziamento, ma non al finanziamento in senso stretto.

Da ciò conseguiva che, in assenza di astratta imponibilità IVA, non era possibile invocare il principio di alternatività tra imposta di registro ed iVA di cui all'ad. 40 del DPR 131/1986. Il presente ricorso riguarda la prima delibera di finanziamento dell'assemblea ordinaria, datata 6.12.2004.

Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto violazione del principio di alternatività tra imposta di registro ed IVA, in quanto le prestazioni di finanziamento, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del merito, erano da ritenere come rientranti nel campo di applicazione dell'IVA, ancorchè esenti ex ad. 10, 1' comma, del DPR n. 633/1972. Conseguenza di ciò era quella per cui le prestazioni di finanziamento erano da ritenere assoggettabili ad imposta di registro solo in caso di uso, ex ad. 5, 2' comma, del d.P.R.131/86 ed art. 1, comma 1, iett.b) della Tariffa parte seconda del DPR ora citato e, comunque, in misura fissa.

Con il secondo motivo, la ricorrente ha ulteriormente censurato la decisione della CTR sui rilievo che l'imposta in misura proporzionale non poteva ritenersi applicabile sull'atto costituito dal "verbale" di delibera societaria, non costituendo tale verbale documento negoziale né potendo avere ad oggetto prestazioni patrimoniali, in quanto il "verbale" di delibera di finanziamento costituiva cosa diversa rispetto al "finanziamento" soci.

Conseguentemente, il verbale di assemblea ordinaria di delibera del finanziamento non poteva considerarsi rientrante nell'elenco tassativo ex ad. 4 della tariffa, bensì nell'ad. 9 della tariffa secondo cui per gli atti delle società diversi da quelli indicati nell'art. 4 non vi è obbligo di registrazione.

Entrambi i motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati e vanno, conseguentemente, accolti.

Costituisce, infatti, circostanza pacifica quella secondo cui si sia trattato di un finanziamento fruttifero operato da parte di soci soggetti IVA (I.P. s.p.a. e K. s.r.I.) e quindi di operazione rientrante nel campo di applicazione dell'IVA (art. 3 , 3' comma del DPR 633/1972), ancorchè esente ex ad.10,1' comma, dello stesso DPR.

 Va osservato, in proposito, che a norma del D.P.R. 633 del 1972 (ad. 3, comma 2), costituiscono prestazioni di servizi oltre alle prestazioni effettuate dietro corrispettivo in dipendenza di una serie di contratti, per lo più aventi ad oggetto un facere — anche, purchè effettuati verso corrispettivo, ".... i prestiti di danaro e di titoli non rappresentativi di merci, comprese le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro soluto, di crediti, cambiali o assegni". Inoltre, ai sensi dell'ad. 10, comma 1, n. 1 del citato decreto, sono esenti dall'imposta "le prestazioni di servizi concernenti la concessione e la negoziazione di crediti, la gestione degli stessi da parte dei concedenti la concessione e la negoziazione di crediti, la gestione degli stessi da parte dei concedenti e le operazioni di finanziamento". Non va tralasciato, infine, il disposto dell'ad. 13 dello stesso decreto, laddove è previsto che "la base imponibile delle prestazioni di servizi è costituita dall'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al .... prestatore".

Orbene, dall'esame dei combinato disposto delle norme citate si evince che l'elemento giustificante le prestazioni di servizi, quale presupposto oggettivo dell'imposta in questione, è costituito — senza distinzioni di sorta, essendo le prestazioni effettuate a titolo gratuito al di fuori del sistema dell'IVA — dalla presenza di un corrispettivo che vale ad integrare anche la relativa base imponibile.

Da ciò deriva che nella fattispecie in esame è da ritenere operante il principio di alternatività IVA — imposta di registro ex ad. 40 DPR 131/1986, rilevando l'assoggettamento in astratto all'IVA (cioè, indipendentemente dall'esenzione).

In conclusione, quindi, l'imposta di registro andava effettivamente applicata in misura fissa, e non proporzionale, in caso di uso, ex art. 5 del DPR citato..

Tale orientamento è stato più volte affermato dalla Corte di legittimità, secondo cui: "In tema d'imposta di registro, alla luce del principio dell'altematività con l'IVA, gli atti sottoposti, anche solo teoricamente, perché di fatto esentati, a quest'imposta non debbono scontare quella proporzionale di registro. In particolare, poiché secondo ali artt. 5, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, e 1, lettera b), dell'allegata tariffa, parte seconda, sono sottoposte a registrazione in caso d'uso, e scontano l'imposta in misura fissa, le scritture private non autenticate contenenti disposizioni relative ad operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, fra cui le "prestazioni di servizi", nelle quali la legge sull'IVA (art. 3, comma 2, n. 3. del d.P.R. n. 633 del 1972) comprende i prestiti in denaro, questi, ancorché siano poi esentati dall'imposta stessa dal successivo art. 10, n. 1, quando possano considerarsi "operazioni di finanziamento", tuttavia, essendo in astratto soggetti non sono soggetti all'imposta proporzionale di registro.

Nel che è poi l'orientamento prevalente di questa corte (v. Sez. 5^ n. 9403- 07. cui adde Sez. 5^ n. 4748-06 e Sez. V' n. 11431-99)" (Cass.n. 24268/15).

L'accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza oggetto dell'impugnativa e, non essendovi ulteriori accertamenti da compiere, la definizione nel merito della controversia con raccoglimento dell'originario ricorso della contribuente.

Le spese delle fasi di merito possono dichiararsi compensate tra le parti stante il consolidarsi in corso di causa dell'orientamento di legittimità di cui si è dato conto. Quelle del presente giudizio, per la cui liquidazione si rimanda al dispositivo, vanno poste a carico dell'Agenzia delle Entrate, stante la soccombenza.

p.q.m.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nei merito, accoglie il ricorso originario della contribuente.

Dichiara compensate le spese della fase di merito e condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in 7.000,00 oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell'11.9.2019.

 

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