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Estratto: “Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall'art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi”.

Estratto: “pur rilevando che tra ente impositore ed agente per la riscossione non sussiste, in effetti, litisconsorzio necessario di natura sostanziale, ben potendo partecipare al giudizio - nell'ipotesi in cui si contesti non soltanto la regolarità dell'azione di riscossione ma anche la fondatezza nel merito della pretesa impositiva - indifferentemente l'uno o l'altro (Cass. SSUU 16412/07 ed altre), altrettanto indubbio è che il vincolo di litisconsorzio avesse nella specie natura prettamente processuale; così da imporre che il giudizio di appello si svolgesse nei confronti di tutte indistintamente le parti del primo grado”.

Dirigi una ONLUS e sei stato sottoposto a verifica fiscale? Hai ricevuto un avviso di accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate o semplicemente temi che ti possa essere contestato qualcosa?

Estratto: “È infondato quando non inammissibile anche il secondo motivo, con il quale l'Agenzia si duole dell'omessa decisione del giudice regionale sulla eccepita inammissibilità del ricorso introduttivo della contribuente. Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, perché l'Agenzia non ha indicato né riprodotto in modo specifico quando la questione fosse stata sollevata nel giudizio di primo grado, né ha specificato l'atto nel quale la suddetta eccezione fosse stata riproposta in sede d'appello”.

Estratto: “nell'accertamento delle imposte sui redditi "l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 - che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva - esclude che l'Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene”.

Estratto: “Il giudice tributario non può confermare, infatti, la legittimità dell'accertamento in relazione a presupposti di fatto o ragioni di diritto diverse da quelle che si pongono in termini di motivazione della pretesa impositiva (cfr. Cass. sez. 5, 4 aprile 2014, n. 7961). 7.2. È sufficiente in proposito osservare come nella fattispecie in esame nessun accertamento bancario ai sensi della citata norma sia stato svolto dall'Amministrazione finanziaria”.

Estratto: “fondata, la doglianza dei ricorrenti volta ad evidenziare come già in sé, sul piano del ragionamento inferenziale, la presunzione del conseguimento di maggiori ricavi rispetto a quelli dichiarati per l'anno in contestazione in virtù dell'applicazione di maggiore percentuale di ricavo da parte dell'Ufficio rispetto a quella dichiarata dalla società contribuente si ponga come conseguenza della comparazione di dati non omogenei. Incontroversa, in fatto, la circostanza dedotta dalla società che, diversamente da quanto praticato in precedenza, a partire dal 2005 la vendita di biancheria è stata effettuata dalla società prevalentemente all'ingrosso, laddove, fino all'anno precedente, era stata svolta esclusivamente al dettaglio”.

Trasferirsi all’estero è una possibilità che in molti prendono in considerazione, specie come reazione alla crisi economica che ha riguardato per diverso tempo l’Italia.

Non sempre però, il trasferimento viene compiuto in maniera corretta.

Vediamo allora quando il trasferimento all’estero può comportare conseguenze, anche molto gravi, per il cittadino/contribuente e quando invece è l’Agenzia delle Entrate a sbagliarsi.

Chi emette fatture false è duramente sanzionato dal nostro ordinamento giuridico. Ed infatti, l’art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque emette o rilascia fatture per operazioni inesistenti, al di là del loro importo. La pena potrebbe addirittura essere aumentata dal Decreto Fiscale sino ad 8 anni di carcere.