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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Ordinanza n. 25992 del 15 ottobre 2019
rilevato che:
dalla narrazione in fatto della pronuncia impugnata si evince che: l'Agenzia delle dogane aveva emesso, nei confronti di CIRPA s.r.I., un avviso di accertamento, relativo all'anno 1999, per omessa registrazione delle fatture di acquisti intracomunitari, irrogando, altresì, la conseguente sanzione;
avverso la suddetta pronuncia aveva proposto ricorso la società contribuente, che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Catania;
avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l'Agenzia delle entrate;
la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, ha rigettato l'appello, in particolare, ha ritenuto che: la notifica dell'avviso di accertamento era avvenuta oltre il termine di cui all'art. 43, del d.P.R. n. 600/1973;
non poteva trovare applicazione la proroga biennale, di cui all'art. 10, della legge n. 289/2002 dei termini di decadenza dell'accertamento, avendo la società ricevuto la notifica del processo verbale di constatazione con esito positivo prima dell'entrata in vigore della previsione;
peraltro, l'omessa registrazione di una fattura di acquisti intracomunitaria, sebbene costituiva una violazione oggetto di sanzione, si sostanziava in un'operazione neutra dal punto di vista fiscale che non provocava alcuna evasione d'imposta; avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l'Agenzia delle entrate affidato a due motivi di censura;
la contribuente si è costituita depositando controricorso, illustrato da successiva memoria;
considerato che:
per ragioni di ordine logico sistematico si ritiene di dovere esaminare prioritariamente il secondo motivo di ricorso con il quale si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 25 e 28 del d.P.R. n. 633/1972, degli artt. 46 e 47 del decreto legge n. 331/1993, dell'art. 5, comma 4, del decreto legislativo n. 471/1997, per avere riconosciuto sussistente il diritto alla detrazione del credito nonostante il fatto che la contribuente aveva omesso la registrazione delle fatture di acquisto intracomunitario, nonché per non avere comunque ritenuto applicabile la sanzione conseguente alla violazione degli adempimenti contabili di registrazione delle fatture; il motivo è infondato; in ordine alla questione del mancato riconoscimento del diritto alla detrazione in caso di omessa registrazione delle fatture relative ad operazioni di acquisto intracomunitario, questa Corte ha precisato che, con riferimento agli acquisti intracomunitari, il principio fondamentale di neutralità dell'i.v.a. esige che la detrazione dell'imposta a monte sia accordata, nonostante l'inadempimento di taluni obblighi formali, se sono soddisfatti tutti gli obblighi sostanziali, di cui le violazioni formali non impediscano la prova certa, sicchè il diritto alla detrazione non può essere negato nei casi in cui, pur non avendo l'operatore nazionale applicato la procedura d'inversione contabile (reverse charge) ed in particolare avendo omesso la doppia registrazione delle fatture integrate o autofatture nei registri di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 23 e 25, è, comunque, dimostrato, o non controverso, che gli acquisti siano fatti da un soggetto passivo i.v.a. e che le merci siano finalizzate a proprie operazioni imponibili (cfr. Cass. 9 marzo 2016, n. 4612; Cass. 14 aprile 2015, n. 7576;
tra la giurisprudenza eurounitaria, Corte Giust., 11 dicembre 2014, Idexx); la pronuncia censurata ha, sul punto, precisato che nella fattispecie il debito ed il credito erano stati oggetto di compensazione nella liquidazione periodica e parte ricorrente non ha in alcun modo contestato il punto della decisione in esame da cui deriva la neutralità dell'operazione realizzata; con riferimento, poi, alla questione della applicabilità della sanzione, va osservato che, come si evince dal ricorso (vd. pag. 2), la sanzione era stata irrogata per infedele dichiarazione, sicchè deve ritenersi che, avendo i giudici accertato che la violazione commessa aveva natura meramente formale e non aveva influito in alcun modo sul risultato della dichiarazione, non vi era spazio per ritenere che nella fattispecie sussistesse la condotta di infedele dichiarazione, sanzionata dall'art. 5, comma 4), del decreto legislativo n. 546/1997; questi profili non sono stati presi in alcun modo in considerazione dalla ricorrente, che si è limitata ad una mera enunciazione in astratto della ritenuta violazione di legge, senza alcuno specifico riferimento al contenuto della sentenza; le considerazioni sopra espresse hanno valore assorbente del primo motivo di ricorso, con il quale si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell'art. 10 della legge n. 289/2002, per avere escluso che nella fattispecie trovava applicazione la proroga biennale dei termini di accertamento, non avendo la contribuente potuto avvalersi dei benefici di cui agli artt. da 7 a 9 della medesima legge, avendo ricevuto, prima dell'entrata in vigore della disciplina sul condono, ricevuto la notifica del processo verbale di constatazione; in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, con conseguente rigetto del ricorso e condanna della
ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio in favore della controricorrente;
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano in complessive euro 5.600,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento e accessori di legge.
Così deciso in Roma, addì 16 maggio 2019.
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