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La Cassazione accoglie il ricorso ed annulla gli avvisi di accertamento relativi al recupero di una plusvalenza derivante dalla vendita di terreno edificabile.

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Estratto: “In corso di causa, difatti, è sopravvenuto il d.lgs. 14 settembre 2015 n. 147, il cui art. 5, c. 3, ha disposto nei seguenti termini: «Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.». Detta disposizione, secondo un consolidato principio di diritto espresso dalla Corte, ha efficacia retroattiva, in quanto norma di interpretazione autentica, ed esclude che la plusvalenza, tra le parti in contestazione, possa essere determinata (così come nella fattispecie), sulla (sola) base del valore di mercato accertato ai fini dell'imposta di registro, piuttosto che su «ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente.» (cfr. Cass., 8 maggio 2019, n. 12131; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2610; Cass., 18 aprile 2018, n. 9513; Cass., 2 agosto 2017, n. 19227; Cass., 17 maggio 2017, n. 12265; Cass., 10 febbraio 2017, n. 3590; Cass., 6 giugno 2016, n. 11543; Cass., 15 aprile 2016, n. 7488; Cass., 30 marzo 2016, n. 6135). Non ha più fondamento di legittimità, quindi, il previgente indirizzo interpretativo (recepito dallo stesso giudice del gravame) alla cui stregua, ai fini della determinazione della plusvalenza di cui al d.p.r. n. 917 del 1986, art. 68, il valore di mercato dell'immobile, qual accertato ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, assumeva ex se rilevanza quale presunzione iuris tantum di corrispondenza del prezzo incassato dalla vendita (ex art. 68, cit.) con il valore di mercato così accertato, con onere della prova a carico del contribuente quanto al prezzo (inferiore) effettivamente percepito (v., ex plurimis, Cass., 23 luglio 2014, n. 16705; Cass., 10 giugno 2013, n. 14571). E, risultando dagli atti (anche di questo giudizio di legittimità: v. controricorso pag. 2), che la contestata plusvalenza è stata dall'amministrazione determinata (solo) in ragione di detta presunzione, alla cassazione della sentenza consegue che il giudizio può essere definito nel merito, con annullamento degli impugnati avvisi di accertamento".

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Corte di Cassazione, Sez. 5,

Sentenza n. 29376 del 13 novembre 2019

FATTI DI CAUSA

1. - Con sentenza n. 41/08/13, depositata in data 11 giugno 2013, la CTR del Friuli-Venezia Giulia ha rigettato l'appello proposto da FP e da FG avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l'impugnazione di due avvisi di accertamento con i quali l'Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione (pro quota del 50%, per ciascun contribuente), per il periodo d'imposta 2004, una plusvalenza conseguita dalla vendita di un terreno edificabile [d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, c. 1, lett. b)];

A fondamento del decisum il giudice del gravame ha rilevato che: - la realizzata plusvalenza doveva ascriversi alla fattispecie della cessione a titolo oneroso di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria (piuttosto che a quella costituita dalla lottizzazione di terreni) in quanto la convenzione di lottizzazione era stata conclusa con l'Ente locale dall'impresa acquirente; - i corrispettivi della cessione (d.p.r. n. 917 del 1986, art. 68) dovevano quantificarsi, così come dedotto dall'amministrazione, in relazione al valore di mercato dei terreni (pari ad euro 311.400,00) qual accertato ai fini dell'imposta di registro (d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131), conseguendo dal relativo avviso di accertamento divenuto definitivo, secondo dicta giurisprudenziali, (quantomeno) una «presunzione semplice che è onere probatorio del contribuente superare»; - detta presunzione i contribuenti non avevano superato «con la prova contraria a loro spettante»;

2. - FP e FG ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi, con i quali hanno dedotto: - violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 917/1986, art. 67, c. 1, lett. a) e lett. b), e art. 68, cc. 1 e 2, dovendosi ascrivere la fattispecie impositiva all'ipotesi della lottizzazione di terreni (in ragione del perfezionamento di detta fattispecie «anteriormente al contratto di vendita») e, così, escludersi ogni plusvalenza, avuto riguardo al valore normale dei terreni al momento della lottizzazione stessa (art. 68, c. 2, cit.); - violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 917/1986, art. 68, cc. 1 e 2, e degli artt. 2697, 2727 ss. cod. civ., rilevando, ai fini della disciplina impositiva (art. 68, cit.), i corrispettivi pattuiti per la vendita dei terreni piuttosto che il loro valore di mercato, laddove gli stessi dicta giurisprudenziali evocati dalla gravata sentenza si potevano riferire (solo) a plusvalenze realizzate nell'esercizio di un'attività d'impresa né il valore di mercato, accertato ai fini dell'imposta di registro, potendo ex se integrare presunzione grave, precisa e concordante; - violazione e falsa applicazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, c. 3, in relazione alla qualificazione, dell'avviso di rettifica e liquidazione dell'imposta di registro, quale atto prodromico degli avvisi di accertamento (ora) in contestazione, tenuto conto dei (ben distinti) presupposti di imposta hinc ed inde rilevanti e dell'indifferenza, ai fini della tassazione della plusvalenza, della definitività dell'avviso di rettifica e liquidazione fondato sul valore di mercato del bene; - nullità della gravata sentenza (art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ.), ovvero omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ.), in relazione ai fatti probatori, al giudizio offerti, al fine di superare la (pur illegittima) presunzione di corrispondenza dei corrispettivi conseguiti dalla cessione al valore di mercato accertato ai fini dell'imposta di registro, fatti costituiti dai mutamenti medio tempore intervenuti nella destinazione urbanistica dei terreni in questione, - pur considerati nella determinazione del prezzo di vendita fissato nel contratto preliminare, - e dall'esecuzione di quest'ultimo sin dall'anno 1999 (dietro versamenti di acconti contabilmente riscontrati).

3. - L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso, ed ha depositato memoria con allegata documentazione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - In via preliminare, considera la Corte che non può trovare accoglimento l'istanza unilaterale di estinzione del processo, per cessazione della materia del contendere, qual proposta dalla resistente Agenzia delle Entrate in relazione ai prodotti provvedimenti di sgravio.

Di vero, deve osservarsi, il deposito della documentazione in questione, - che, ai sensi dell'art. 372 cod. proc. civ., pur involge una questione relativa alla (sopravvenuta) inammissibilità del ricorso (cfr. Cass., 24 giugno 2005, n. 13565; Cass. Sez. Un., 18 maggio 2000, n. 368), - non risulta notificato, mediante elenco, alle parti ricorrenti che, oltretutto, nemmeno hanno partecipato alla discussione alla fissata udienza pubblica. Trattasi, pertanto, di documentazione il cui esame è precluso alla Corte in ragione della cennata omissione (art. 372, c. 2, cod. proc. civ.) ed in difetto, come detto, di ogni contraddittorio tra le parti sulla nuova produzione documentale (v., già, Cass. Sez. Un., 3 novembre 1981, n. 5781 cui adde, ex plurimis, Cass., 23 settembre 2013, n. 21729; Cass., 5 febbraio 2007, n. 2452; Cass., 16 maggio 2006, n. 11474; Cass., 16 giugno 2004, n. 11338; Cass., 10 luglio 2003, n. 10904; Cass., 18 dicembre 2001, n. 15977; Cass. Sez. Un., 19 giugno 2000, n. 450).

2. - Tanto premesso, rileva allora la Corte che il secondo ed il terzo motivo del ricorso, - dal cui esame congiunto, per ragioni di connessione sostanziale, consegue l'assorbimento dei residui motivi, - sono fondati e vanno accolti.

In corso di causa, difatti, è sopravvenuto il d.lgs. 14 settembre 2015 n. 147, il cui art. 5, c. 3, ha disposto nei seguenti termini: «Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.». Detta disposizione, secondo un consolidato principio di diritto espresso dalla Corte, ha efficacia retroattiva, in quanto norma di interpretazione autentica, ed esclude che la plusvalenza, tra le parti in contestazione, possa essere determinata (così come nella fattispecie), sulla (sola) base del valore di mercato accertato ai fini dell'imposta di registro, piuttosto che su «ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente.» (cfr. Cass., 8 maggio 2019, n. 12131; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2610; Cass., 18 aprile 2018, n. 9513; Cass., 2 agosto 2017, n. 19227; Cass., 17 maggio 2017, n. 12265; Cass., 10 febbraio 2017, n. 3590; Cass., 6 giugno 2016, n. 11543; Cass., 15 aprile 2016, n. 7488; Cass., 30 marzo 2016, n. 6135). Non ha più fondamento di legittimità, quindi, il previgente indirizzo interpretativo (recepito dallo stesso giudice del gravame) alla cui stregua, ai fini della determinazione della plusvalenza di cui al d.p.r. n. 917 del 1986, art. 68, il valore di mercato dell'immobile, qual accertato ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, assumeva ex se rilevanza quale presunzione iuris tantum di corrispondenza del prezzo incassato dalla vendita (ex art. 68, cit.) con il valore di mercato così accertato, con onere della prova a carico del contribuente quanto al prezzo (inferiore) effettivamente percepito (v., ex plurimis, Cass., 23 luglio 2014, n. 16705; Cass., 10 giugno 2013, n. 14571). E, risultando dagli atti (anche di questo giudizio di legittimità: v. controricorso pag. 2), che la contestata plusvalenza è stata dall'amministrazione determinata (solo) in ragione di detta presunzione, alla cassazione della sentenza consegue che il giudizio può essere definito nel merito, con annullamento degli impugnati avvisi di accertamento.

3. - In ragione della definizione del giudizio sulla base dello ius superveniens (che ha inciso sul cennato consolidato principio di diritto), le spese di causa vanno integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

 La Corte - accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; - cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, annulla gli avvisi di accertamento impugnati dai ricorrenti; - compensa integralmente, tra le parti, le spese dell'intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell'Il settembre 2019.

 

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