Estratto: “va precisato, peraltro, circa la questione degli effetti delle pronunce della Corte di giustizia, che è stato, anche di recente, ribadito da questa Corte che "nell'ordinamento interno le pronunzie del giudice di Lussemburgo definiscono la portata della norma Eurounitaria così come avrebbe dovuto essere intesa ed applicata fin dal momento della sua entrata in vigore. Per tale motivo dette pronunzie estendono i loro effetti ai rapporti sorti in epoca precedente, purché non esauriti”.
Estratto: “la giurisprudenza di questa Corte ha puntualizzato che l'integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, così risolvendosi in un difetto di autosufficienza sanzionabile con l'inammissibilità. Ciò rende incomprensibile il mezzo processuale, perché privo di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali (ai sensi dell'art. 366, com 1, n. 3, c.p.c.), della sintetica esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito, nonché dell'illustrazione dell'errore da quest'ultimo commesso e delle ragioni che lo facciano considerare tale, addossando in tal modo al giudice di legittimità il compito, ad esso non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere”.
Estratto: “l'art. 12 cit. deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”.
Articolo 21 D.lgs. n. 546 del 1992 - Termine per la proposizione del ricorso.
1. Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo.
2. Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all'art. 19, comma 1, lettera g), puo' essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non puo' essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si e' verificato il presupposto per la restituzione.
Di seguito alcuni esempi di sentenze emesse in materia di frode carosello, all’interno delle quali l’avviso di accertamento notificato al contribuente è stato impugnato con ricorso ed, a seguito, annullato totalmente dalle Commissioni Tributarie. La selezione è avvenuta tenendo in considerazione sentenze che si soffermano su diversi degli elementi, favorevoli alla posizione delle aziende e dei contribuenti, rilevanti in relazione alla tipologia di contestazioni di cui si discute (presunte frodi caroselli, presunte frodi IVA, presunte società cartiere).
Estratto: “sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l'onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l'applicazione di percentuali diverse» (cfr. Cass. sez. 5, 29 dicembre 2016, n. 27330), la contribuente risulta avere allegato le condizioni personali legate all'inizio della propria attività commerciale proprio nel 2001, che avrebbero giustificato le percentuali di ricarico per il 2001 in misura sensibilmente inferiore rispetto a quella riscontrata sui prezzi del 2005”.
Estratto: “la mancata allegazione della nota dell'Agenzia del Territorio sul calcolo delle superfici dell'immobile di cui si discute non rende possibile il compiuto esercizio del diritto di difesa, non potendosi desumere "a posteriori" la adeguatezza della motivazione del provvedimento impositivo impugnato sulla scorta della condotta successiva delle parti in causa (Cass. n. 22370/2010; n. 6928/20111; n. 27008/2013). Ne discende l'accoglimento dei primi due motivi d'impugnazione, afferenti il difetto di motivazione dell'avviso di accertamento, la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l'accoglimento dell'originario ricorso della contribuente”.
Massima: “La ricognizione di debito, non essendo un atto avente ad oggetto contenuto patrimoniale, è di per sé da sottoporre a imposta di registro in misura fissa e non proporzionale, tanto più se l'operazione sottostante, cui si riferisce, sia stata già soggetta a Iva; in tal caso l'esclusione dall'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale sarebbe preclusa per il principio di alternatività Iva/Registro (Conf. Cass. n. 481/2018)”.
Estratto: “secondo l'orientamento attuale della giurisprudenza (Cass. Sezioni Unite sent. 29 luglio 2013, n. 18184) l'emissione dell'avviso prima del decorso del termine di sessanta giorni dal termine degli accertamenti ne comporta la invalidità, a meno che la deroga non sia giustificata da "particolare" ragione di urgenza, idonea a giustificare l'anticipazione, dell'emissione del provvedimento. La ragione che legittima la notifica ante tempus deve essere riferita specificamente al contribuente e al rapporto tributario in questione. In ordine ai requisiti richiesti per la configurabilità della deroga, la elaborazione giurisprudenziale successiva ha esattamente chiarito che il requisito dell'urgenza, al fine di preservare l'avviso intempestivo dalla sanzione di nullità, deve rimanere agganciato a specifici elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità nell'accertamento delle pretese fiscali (Cass. 22786/2015). La giurisprudenza della Corte è così ferma nel ritenere «che le specifiche ragioni di urgenza non possano identificarsi con l'imminente spirare del termine di decadenza per l'accertamento”.
Estratto: “in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.) questa Corte, ha già avuto modo di affermare che la prova della sussistenza del diritto alla disapplicazione della normativa antielusiva può essere fornita anche al di fuori della procedura prevista dalla combinazione dell'art. 30 comma 4bis, I. 724/1994 e dell'art. 37 bis d.P.R. 600 del 1973 e dunque anche in sede processuale (cfr. Cass., n. 17010 del 12/05/2012; Cass., n. 18807 del 2017). Quindi, laddove il contribuente non abbia presentato interpello, può senz'altro richiedere l'accertamento dei presupposti per la disapplicazione antileusiva in sede giurisdizionale”.