Estratto: “ove l'AE Riscossione non dovesse essere regolarmente costituita in giudizio, il Giudice tributario sarebbe tenuto a rilevare, anche d'ufficio, la mancanza dello ius postulandi in nome e per conto dell'Ente dei difensori costituiti in atti. Dall'esame della documentazione contenuta nel fascicolo del processo, non è dato riscontrare alcunché che possa giustificare la costituzione con un difensore del libero foro. In particolare, non è indicata alcuna fonte del potere di rappresentanza ed assistenza dell'avvocato del libero foro prescelto così come evidenziato dai Giudici di legittimità”.
Massima: “La professione del medico di base è una prestazione di lavoro parasubordinato di collaborazione coordinata e continuativa ed il suo compenso è determinato dal numero di pazienti assistiti che non può superare un determinato tetto massimo. Da ciò discende che la professione di medico, in regime di convenzione con l'azienda sanitaria locale, non realizza la soggettività passiva ai fini Irap ancorché lo stesso impieghi una dipendente part-time con le mansioni di segretaria, il cui impiego non può influire sul reddito del medico di base”.
Di seguito analizziamo un caso processuale, non dalla consueta prospettiva dell’analisi della sentenza, ma dalla prospettiva delle argomentazioni da noi sviluppate per ottenere, in esito all’appello, la riforma della sentenza di primo grado, argomentazioni accolte dalla sentenza di secondo grado, che ha ribaltato l’esito, ed accolto le ragioni del contribuente, con annullamento degli avvisi di accertamento.
Estratto: “in materia di produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, l'art. 58, secondo comma, d.lgs. n. 546 del 1992, consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado, non trovando applicazione la preclusione di cui all'art. 345, terzo comma, c.p.c. (nel testo, applicabile ratione temporis introdotto dalla I. 18 giugno 2009, n. 69) alla luce del principio di specialità espresso dall'art. 1, secondo comma, d.lgs. n. 546 del 1992, in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest'ultima”.
Estratto: “ove, come nel caso di specie, le parti abbiano quantificato il valore dell'avviamento in misura di gran lunga superiore a quello che si sarebbe ottenuto seguendo le linee guida indicate dal DPR 460/1996, era onere dell'A.F. motivare compiutamente perché avesse adottato criteri diversi; avrebbe dovuto, in particolare, confutare specificatamente i criteri adottati dalle parti, espressamente giustificandone le motivazioni, specie in ordine ad una eventuale maggiore affidabilità specifica dei criteri adottati”.
Estratto: “lo svolgimento di un'attività economica a fine di lucro da parte di un'associazione non riconosciuta non è sufficiente ad attribuire a tale organismo collettivo la·natura giuridica di società, se non si accompagni alla comune volontà di ripartire gli utili fra i soci, nella cui assenza l'attività economica assolve una funzione meramente accessoria o strumentale, e comunque non prevalente, rispetto al perseguimento dello scopo dell'associazione”.
Estratto: “L'Ufficio ha mostrato di dubitare della loro integrale inerenza, assumendo che almeno in parte essi corrispondano ad esigenze personali estranee al perseguimento dell'oggetto sociale. Sennonché l'amministrazione finanziaria non ha addotto e men che meno ha dimostrato l'esistenza di elementi di incongruità e antieconomicità delle spese ritenute indeducibili, introducendo, sul piano probatorio, indici sintomatici della carenza di inerenza, pur se distinti da essa. Solo in presenza di detti elementi il contribuente poteva considerarsi onerato di dimostrare la regolarità delle operazioni in relazione allo svolgimento dell'attività d'impresa ed alle scelte imprenditoriali. In tali condizioni l'indicazione di una inerenza forfettaria appare operazione impraticabile poiché non muove da situazione probatoria valsa ad invertire l'onere della prova a carico del contribuente”.
Riportiamo il testo della memoria che ha condotto all’annullamento di un avviso di accertamento che ricalcolava il reddito di un contribuente sulla base delle spese sostenute (c.d. redditometro), avviso precedentemente confermato in primo grado (prima che la pratica fosse affidata al nostro studio per l’appello).
La sentenza, ad avviso di chi scrive, è peraltro particolarmente significativa perché riconosce, discostandosi da altra giurisprudenza, che il contribuente può limitarsi a dimostrare l’esistenza di disponibilità ulteriori e non deve, necessariamente, dimostrare che sono stati utilizzate esattamente quelle stesse disponibilità.
La sentenza favorevole al contribuente è passata in giudicato.
Massima: “La ricognizione di debito, non essendo un atto avente ad oggetto contenuto patrimoniale, è di per sé da sottoporre a imposta di registro in misura fissa e non proporzionale, tanto più se l'operazione sottostante, cui si riferisce, sia stata già soggetta a Iva; in tal caso l'esclusione dall'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale sarebbe preclusa per il principio di alternatività Iva/Registro (Conf. Cass. n. 481/2018)”.