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Anche se il contribuente non presenta interpello disapplicativo può comunque dimostrare in giudizio che non sussistono i presupposti per l’applicazione della disciplina sulle società di comodo. Accolto il ricorso della società contribuente.

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Estratto: “in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.) questa Corte, ha già avuto modo di affermare che la prova della sussistenza del diritto alla disapplicazione della normativa antielusiva può essere fornita anche al di fuori della procedura prevista dalla combinazione dell'art. 30 comma 4bis, I. 724/1994 e dell'art. 37 bis d.P.R. 600 del 1973 e dunque anche in sede processuale (cfr. Cass., n. 17010 del 12/05/2012; Cass., n. 18807 del 2017). Quindi, laddove il contribuente non abbia presentato interpello, può senz'altro richiedere l'accertamento dei presupposti per la disapplicazione antileusiva in sede giurisdizionale”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 7402 del 15 marzo 2019

Rilevato che

In data 17 maggio 2007, la società C. s.r.l. presentava istanza di interpello disapplicativo, ai sensi dell'articolo 30, comma 4 bis, della legge 23/12/1994 n. 724 del e dell'art. 37 bis, comma 8, Decreto del Presidente della Repubblica 29/09/1973 n. 600, in relazione alla disciplina delle cd. società di comodo, per l'anno 2006, richiesta ritenuta improcedibile dall'Agenzia delle Entrate per carenza di documentazione necessaria allo scopo. La società, per il successivo anno 2007, sceglie di non presentare istanza di interpello. In data 23 novembre 2007, l'Agenzia notifica accertamento per il maggior reddito ed una maggiore base imponibile IRAP sulla base della normativa inerente alle società di comodo; nella stessa data, l'Agenzia notifica alla società atto recupero per il credito IVA compensato. La società propone ricorso innanzi alla CTP di Foggia, rilevando l'illegittimità degli avvisi di accertamento e dell'atto di recupero del credito Iva, in quanto società esclusa dall'applicazione della disciplina delle società di comodo dall'articolo 30 legge citata. La Commissione Provinciale il Foggia accoglie il ricorso. Interpone appello l'Agenzia delle Entrate, con il quale sostiene che la società avrebbe dovuto proporre interpello e che non poteva poi, solo in sede di opposizione, contestare che non era soggetta alla disciplina delle società di comodo. Secondo l'Agenzia ciò vale sia per l'anno 2006 che per il 2007, sebbene solo per il 2006 la società avesse presentato interpello. La Commissione Regionale di Bari, accoglie l'appello dell'Agenzia ritenendo che la società per vedere soddisfatte le sue ragioni avrebbe dovuto presentare istanza di interpello di disapplicazione direttamente all'amministrazione finanziaria e che, solo in caso di provvedimento sfavorevole, poteva essere avviata la procedura nelle sedi giurisdizionali. Contro tale sentenza propone ricorso per cassazione la società, affidato a due motivi. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. La ricorrente ha presentato memorie ex art. 380 bis, comma 2, cod. proc. civ..

Considerato che

1. Con il primo motivo, la società denuncia la violazione e falsa interpretazione dell'articolo 30, comma 4 bis, legge 724/1994 in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 3; a sostegno del motivo, richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 17010 del 5.10.2012.

1.1. Con il secondo motivo, proposto in via gradata, denuncia l'illegittimità costituzionale dell'articolo 30, comma quattro bis, della legge n. 724 del 1994 in relazione agli artt. 3, 24, 53, 113 della Costituzione.

2. Il primo motivo è fondato. 3. La questione che si pone è se l'interpretazione data dalla Commissione Tributaria Regionale dell'articolo 30, comma 4 bis, legge 724 del 1994 - secondo cui l'attivazione della procedura di interpello pur essendo una facoltà e non un obbligo, è l'unica ammissibile quando la società intenda far valere la disapplicazione della normativa antielusiva sicchè, laddove non richiesta, non può più essere attivata la tutela giurisdizionale - contrasta con la ratio della citata normativa, nonché con i principi cardine del nostro ordinamento.

4. All'uopo, va innanzitutto premesso che, come da orientamento consolidato di questa Corte, cui si dà seguito, la mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall'art. 19 cit., non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (e quindi la cristallizzazione) di quella pretesa, che può successivamente essere reiterata in uno degli atti tipici previsti dallo stesso art. 19 cit. (in termini, cfr. Cass. n. 21045 del 08/10/2007, Rv. 600886-01, con i precedenti ivi indicati, cui adde: Cass., Sez. un., n. 10672 del 11/05/2009, Rv. 608134-01, nonché, ex plutimis, Cass., n. 285 del 12/01/2010, Rv. 611207-01; Cass., n. 10987 del 18/05/2011, Rv. 618117- 01 e n. 16100 del 22/07/2011).

4.1. A conferma di tali principi, con riferimento alla fattispecie qui all'esame, si è soggiunto che anche quando l'interpello è stato proposto, la risposta della PA ha natura di parere al quale il contribuente può non adeguarsi, il che non è in alcun modo lesivo della posizione del contribuente, il quale potrà comunque impugnare gli atti con i quali si dovesse fare applicazione delle disposizioni antielusive il cui esonero sia stato negato (cfr. Cass., n. 18807 del 28/07/2017, Rv. 645119 - 01; Cass., n. 62000 del 27/03/2015).

4.2. Anche nel caso in cui il contribuente scelga di non presentare l'istanza di interpello (scelta che, nel caso, il contribuente ha fatto per l'anno 2007), un'interpretazione contraria a quella che qui si intende affermare, determinerebbe un'evidente compromissione dei diritti del contribuente. Diverrebbe definitivo, infatti, l'assoggettamento della disciplina delle società di comodo e quindi, come del caso, il contribuente dovrebbe pagare sulla base del reddito minimo e senza poter detrarre il credito Iva accumulato.

5. D'altronde, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.) questa Corte, ha già avuto modo di affermare che la prova della sussistenza del diritto alla disapplicazione della normativa antielusiva può essere fornita anche al di fuori della procedura prevista dalla combinazione dell'art. 30 comma 4bis, I. 724/1994 e dell'art. 37 bis d.P.R. 600 del 1973 e dunque anche in sede processuale (cfr. Cass., n. 17010 del 12/05/2012; Cass., n. 18807 del 2017). Quindi, laddove il contribuente non abbia presentato interpello, può senz'altro richiedere l'accertamento dei presupposti per la disapplicazione antileusiva in sede giurisdizionale, azionando il diritto soggettivo inerente alla domanda di disapplicazione chiedendo il riconoscimento dell'agevolazione richiesta.

5.1. Anche con riguardo al recupero IVA questa Corte ha ribadito tali principi, affermando che la società ritenuta non operativa può esercitare il diritto alla detrazione ed ottenere il conseguente rimborso dell'eccedenza di IVA detraibile anche se non abbia esercitato l'interpello disapplicativo all'uopo previsto (cfr., Cass., n. 18807 del 2017).

6. In definitiva, può così concludersi: la risposta all'interpello non impedisce al contribuente di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell'atto tipico che gli venga notificato, dimostrando in tale sede, senza preclusioni di sorta, la sussistenza delle condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva. Egualmente, in caso in cui l'interpello non sia stato proposto, il contribuente potrà richiedere in sede giurisdizionale l'accertamento dei presupposti per la disapplicazione antileusiva, azionando il diritto soggettivo inerente alla domanda di disapplicazione e quindi del riconoscimento dell'agevolazione.

7. Va dunque accolto, nei sensi indicati, il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

8. La sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi ai principi espressi nei paragrafi da 4 a 6, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia, in diversa composizione. Così deciso nella Camera di Consiglio della V Sezione Civile, in data 29/01/2019.

 

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