Estratto: “in tema di detrazione dell'i.v.a. assolta, ai fini della valutazione dell'inerenza dell'operazione non assume rilievo la circostanza - non presa in considerazione dal giudice di appello - della antieconomicità dell'operazione, in quanto l'inerenza non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l'Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell'assenza di connessione tra costo ed l'attività d'impresa”.
Estratto: “i giudici di appello, dopo avere affermato che il contribuente aveva prodotto documentazione a giustificazione delle modalità con cui era venuto in possesso delle somme utilizzate per l'acquisto dell'immobile, per avere fatto espresso riferimento ad un atto di liberalità ad opera del padre G.P. ed avere allegato copia degli assegni circolari emessi da quest'ultimo in favore dei venditori e della Banca anche ai fini della cancellazione dell'ipoteca iscritta sull'immobile, non hanno adeguatamente valutato la idoneità degli elementi offerti dal contribuente e non hanno, in particolare, spiegato le ragioni per cui la donazione non risulterebbe idoneamente documentata, né i motivi per cui la dedotta liberalità non sarebbe sufficiente a superare gli elementi presuntivi su cui si fondano gli avvisi impugnati, considerato che le circostanze addotte dal contribuente non appaiono generiche, ma supportate da riscontro documentale, e non si discostano dall'obiettivo dimostrativo richiesto dall'art. 38 del d.P.R. n. 600/1973”.
Estratto: “la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.”
Estratto: “il ricorso trova accoglimento dovendo applicarsi al caso di specie la novella, successivamente intervenuta e introdotta dal d.l. n. 16 del 2012 in merito ai costi sostenuti ai fini della produzione del reddito, pur riconducibili ad operazioni soggettivamente inesistenti, per effetto della applicazione retroattiva della disciplina. A tal fine la giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14 co. 4 bis della I. n. 537 del 1993 -nella formulazione introdotta dall'art. 8 co. 1 del d.l. n. 16 del 2012, convertito in I. n. 44 del 2012-, che opera, in ragione del co. 3 della stessa disposizione, quale jus superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti, inserite in una "frode carosello", per il solo fatto che siano stati sostenuti. Ciò anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni”.
Estratto: “l'avviso di accertamento impugnato è stato emesso sull'assunto che il corrispettivo, rilevante ai fini Irpef, ritratto dal contribuente dalla vendita del terreno fosse pari al valore accertato ai fini dell'imposta di registro; 3.2. l'assunto è stato condiviso dalla commissione tributaria regionale della Campania nella sentenza impugnata; 3.3. come già sottolineato da questa Corte nella sentenza n.13569/2017, tale assunto contrasta con la previsione dell'art.5, comma 3, del d.lgs. 14 settembre 2015, n.147 (applicabile anche ai giudizi in corso, come ricordato nella medesima sentenza con richiamo a conformi precedenti)”.
Estratto: “secondo il ricorrente, l'inadempimento da parte del curatore fallimentare dell'obbligo ex art. 10 cit. di presentazione della dichiarazione dei redditi della società fallita relativa al periodo compreso fra l'inizio del periodo di imposta e la dichiarazione di fallimento, comporta il pagamento delle sovrattasse e delle pene pecuniarie previste per la violazioni relative all'accertamento delle imposte sui redditi contenute nel d.P.R. n. 600/73, previsto dall'art. 98, comma 6, cit. in capo al legale rappresentante della società di capitali. 5. Il motivo risulta infondato. Invero, costituisce principio consolidato quello secondo cui, «in tema di solidarietà tributaria, l'amministratore o legale rappresentante di società di capitali non è solidalmente responsabile per il pagamento di soprattasse o pene pecuniarie irrogate alla società per violazioni, ad essa direttamente imputabili, di norme relative all'accertamento delle imposte sui redditi contenute nel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, applicandosi il principio di solidarietà sancito dall'art. 98, sesto comma, del d.P.R 29 settembre 1973 n. 602 alle sole sanzioni civili previste dal titolo III di quest'ultimo decreto». (Cass. Sez. 5, n. 26042 del 16/12/2016, Rv. 641950 - 01; Sez. 5, n. 22464 del 05/09/2008, Rv. 604454 - 01)”.
Estratto: “la CTR ha correttamente ritenuto che la sentenza ex art. 18 dello Statuto dei lavoratori ha l'effetto di annullare il licenziamento illegittimo con effetto ex tunc, onde il venir meno del licenziamento comporta la continuità del rapporto di lavoro, mai interrotto, rendendo le somme percepite a seguito della sentenza del giudice del lavoro equiparabili ad emolumenti arretrati, i quali (in tale prospettiva, la decisione opera un richiamo a quanto si evince dalla Risoluzione dell'A.d.E. n. 356/E del 23.12.1997) devono essere assoggettati alla stessa tassazione dei redditi sostituiti o perduti. Non appare condivisibile, per converso, la tesi dell'A.d.E., secondo la quale l'indennità liquidata dal giudice del Tribunale di Trento ex art. 18, comma 4, Statuto lav., avendo natura risarcitoria, non potrebbe comunque assimilarsi agli emolumenti arretrati di cui alla lett. b) dell'art. 17, ma dovrebbe rientrare fra le somme "a titolo risarcitorio a seguito di provvedimenti dell'autorità giudiziaria”.
Massima: “In tema di Transfer Pricing l'Amministrazione finanziaria deve dimostrare l'esistenza di transazioni, tra imprese collegate, con evidenti discrepanze rispetto a transazioni dello stesso genere su un mercato indipendente, mentre il contribuente, secondo le regole ordinarie di vicinanza della prova di cui all'art. 2697 c.c., deve dimostrare che le transazioni sono intervenute, ex art. 9, comma 3, d.P.R. 917/1986, per valori di mercato da considerarsi normali”.
Estratto: “il Collegio ritiene che la qualificazione catastale del bene non può non tener conto della destinazione urbanistica ed edilizia del bene. Da tanto discende il legittimo accoglimento da parte del giudice di prime cure delle ragioni dell'odierno appellato”.
Estratto: “l'unico valore rilevante ai fini dell'obbligazione doganale è il valore in dogana; e il valore in dogana di norma coincide col valore di transazione, ossia col prezzo effettivamente pagato o da pagare (Corte giust. 12 dicembre 2013, causa C116/12, Christodoulou e a., punto 28). Una tale disciplina ha una ben precisa ratio: la normativa unionale in tema di valutazione doganale mira a stabilire un sistema equo, uniforme e neutro, che esclude l'impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi”.
Estratto: “al fine di considerare un'operazione triangolare come cessione intracomunitaria non imponibile, l'espressione letterale "a cura" del cedente, contenuta nell'art. 8, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 633 del 1972, o quella corrispondente "per suo conto", contenuta nell'art. 15, comma 1, della direttiva 77/388/CEE (sesta direttiva), vanno interpretate in relazione allo scopo della norma, che è quello di evitare operazioni fraudolente, le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse autonomamente - e cioè al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente - decidere di esportare i beni in un altro "Stato membro" e, quindi, non nel senso che la spedizione o il trasporto devono avvenire in esecuzione di un contratto concluso direttamente dal cedente o in rappresentanza di quest'ultimo, ma nel senso che è essenziale che vi sia la prova (il cui onere grava sul contribuente) che l'operazione, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta, nella comune volontà degli originari contraenti, come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all'estero”.
Estratto: “la parte ricorrente è tenuta, a pena di inammissibilità del motivo, ad indicare gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame, affinché il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale”.
Estratto: “tale doglianza risulta infondata alla luce della complessiva motivazione della decisione impugnata, la quale, pur partendo dalla generale valutazione dell'assenza di intento evasivo e/o elusivo, ha poi dato correttamente rilievo a circostanze oggettive, quali la fase di start up in cui si trovava la società e le "difficoltà tecniche e finanziarie connesse alla realizzazione dello stabilimento, che resero necessaria una proroga a/ permesso di costruire”.