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Estratto: “il giudice di merito ha rideterminato complessivamente il reddito del contribuente, valutando autonomamente le risultanze probatorie offerte dalle parti e rimodulato il reddito dell'esercizio, deducendo poi di conseguenza il quantum di spettanza di ogni singolo socio, riscrivendo integralmente il quantum perceptum da ciascuno. Coerente quindi con il dato normativo e adeguatamente motivato l'operare del giudice di merito, esente da censure di legittimità”.

Estratto: “è invalido, per violazione dell'obbligo di motivazione, l'avviso di accertamento relativo all'omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi della plusvalenza realizzata per effetto del trasferimento di una licenza taxi, che operi un mero rinvio, per la determinazione del valore accertato, ad "indagini di mercato svolte attraverso vari operatori dell'informazione specializzati nel settore, nonché ad indagini poste da autorevoli quotidiani economici", senza alcuna allegazione o specifica riproduzione dei documenti richiamati”.

Estratto: “in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali”.

Estratto: “Nella caso in esame la commissione tributaria regionale ha ritenuto, con motivazione sufficiente che si sottrae a censure di sorta, che la ripresa a tassazione fondata sui c.d. studi di settore fosse illegittima, valorizzando la circostanza che uno dei soci - a causa dell'età avanzata - non aveva più ottenuto il rinnovo della licenza di guida per autoveicoli pesanti, mentre l'altro socio si dedicava ad altra attività commerciale; circostanze queste che concorrevano a giustificare la riduzione del fatturato subita dalla società”.

Estratto: “questa Corte ha chiarito che la presunzione di evasione sancita da tale norma (ndr art. 12, secondo comma, del d.l. n. 78 del 2009), in vigore dal 1° luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile. Inoltre una differente interpretazione finirebbe per pregiudicare - in contrasto con gli artt. 3 e 24 cost. - l'effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione probatoriamente rilevante (v. Cass. n. 2662-18)”.

Estratto: “la garanzia di cui all'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000 n. 212 si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all'acquisizione di documentazione”.

Estratto: “CTR ha in effetti semplicemente accertato «in fatto» che il prezzo di vendita finale delle scarpe cinesi, seppur quasi raddoppiato rispetto al valore dichiarato in dogana, «non era indicativo di per sé di alcun illecito fiscale (…) questo accertamento «in fatto» circa la mancanza di prova che i valori dichiarati in dogana fossero davvero inferiori a quelli reali, non può essere aggredito con il «nuovo» art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., atteso che quest'ultimo garantisce la motivazione soltanto «nel minimo costituzionale»; e considerando inoltre che la Regionale ha preso in esame sia l'aggiramento del «contingentamento» all'importazione, reputandolo sì illecito, ma ininfluente, sia il più elevato prezzo di cessione finale delle scarpe oggetto di trading, ritenendolo tuttavia irrilevante (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014)”.

Estratto: “il motivo è fondato alla luce della giurisprudenza domestica che da un paio d'anni, sulla scorta di quella unionale, si è ormai consolidata nel senso che in caso di deposito fiscale cosiddetto «virtuale», in assenza di frodi, qui non in discussione, l'amministrazione non può pretendere l’IVA all'importazione relativa alla merce immessa in libera pratica, concretandosi il «fisico» deposito in un semplice adempimento «formale» che non può incidere sul fondamentale principio di neutralità del tributo”; Secondo estratto: “questa Corte ha avuto occasione di ribadire il principio per cui: «l'amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui all'art. 50 bis, comma 4, lett. b), d.l. n. 331 cit., qualora costui abbia già provveduto all'adempimento, sebbene tardivo, dell'obbligazione tributaria nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile mediante un'autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite”.

Estratto: “la medesima citata pronuncia della Corte di giustizia ha peraltro sancito che esso deve rispettare il principio di "proporzionalità" (punti 34 ss.), affermando altresì che la previsione interna (30% dell'importo dell'imposta: art. 13, comma 1, d.lgs. 471/1997) può, almeno in astratto, considerarsi "sproporzionata" e che quindi deve essere il giudice nazionale a determinarla in concreto al fine di renderla "proporzionata"”.