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Corte di Cassazione, Sez. 5
Sentenza n. 3379 del 6 febbraio 2019
FATTI DI CAUSA
1.A seguito di indagini bancarie svolte sui conti correnti dell'amministratore N. e della socia, moglie del primo, l'Agenzia delle entrate emetteva avvisi di accertamento (nn. 154/2007, 281/2007 e 284/2007) nei confronti della G. s.r.I., con riferimento agli anni 2003, 2004 e 2005, con notifica successiva anche di cartella di pagamento, determinando maggiori redditi imponibili derivanti da versamenti e prelevamenti non adeguatamente giustificati dalla contribuente. 2. La Commissione tributaria provinciale accoglieva i tre ricorsi proposti per le varie annualità.
3. La Commissione tributaria regionale rigettava l'appello della Agenzia delle entrate, in quanto "negli allegati n. 1-2.. .l'appellato ha puntualmente giustificato tutti i movimenti sui conti correnti contestati dalla Guardia di finanza e fatti propri dall'ufficio, dimostrando che le stesse operazioni bancarie.. .non erano altro, in alcuni casi, che semplici giroconti, anticipazioni, rimborsi per anticipazioni eseguite dallo stesso socio in precedenza o prestiti di terzi".
4. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate.
5. Resisteva con controricorso la società, che depositava memoria scritta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione l'Agenzia delle entrate deduce "violazione e falsa applicazione degli artt. 39 primo comma e 42 d.p.r. 600/1973, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. ed all'art. 62, primo comma, d.lgs. 546/1992", in quanto la Commissione regionale ha ritenuto manifestamente infondato l'appello sul presupposto che è illegittimo l'accertamento fondato sui rilievi formulati dalla Guardia di finanza, senza una valutazione critica del suo operato.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della "violazione e falsa applicazione dell'art. 32,primo comma, n. 2 d.p.r. 600 del 1973, e dell'art. 51, primo comma, n. 2, d.p.r. 633 del 1972, in relazione all'art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. ed all'art. 62, primo comma, d.lgs. 546/1992", in quanto la Commissione regionale si è limitata ad affermare che l'accertamento è fondato su semplici e generiche presunzioni, tratte da operazioni risultanti su conti correnti dell'amministratore della società e dei suoi familiari prive di riscontri oggettivi, mentre trattasi di una vera e propria presunzione legale a carattere relativo della esistenza dei ricavi, proveniente da indagini bancarie.
3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente deduce "violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'art. 32 primo comma d.p.r. 600/1973, e dell'art. 51, primo comma, n. 2, d.p.r. 633/1972, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., ed all'art. 62, primo comma d.lgs. 546/1992", in quanto la Commissione regionale ha ritenuto che l'Ufficio non ha fornito la prova del collegamento tra la società e il terzo intestatario del conto e dell'operazione bancaria.
3.1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Preliminarmente deve essere affrontata l'eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per assenza di sottoscrizione dell'Avvocato della ricorrente, sollevata dalla controparte nella memoria scritta depositata.
Invero, l'art. 365 c.p.c. prevede che "il ricorso è diretto alla Corte e sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di procura speciale". Per consolidata giurisprudenza di legittimità, il principio della inesistenza giuridica della sentenza mancante della sottoscrizione del giudice, sancito dal secondo comma dell'art. 161 cod. proc. civ., è estensibile a tutti gli atti processuali, e, quindi, anche al ricorso per cassazione, che sia privo non solo della indicazione della procura della parte ma anche della sottoscrizione dell'avvocato (Cass.Civ., 18 giugno 1986, n. 4078; Cass.Civ., Sez.Un., 29 luglio 2003, n. 11632, per la quale l'inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio consegue soltanto per difetto di sottoscrizione del difensore sull'originale dello stesso, mentre la mancata sottoscrizione della copia notificata non dà luogo a nullità, a meno che non si determini assoluta incertezza sull'identificazione della parte e del difensore). Nella specie, sia il ricorso per cassazione in originale, sia tutte le copie del ricorso presenti nel fascicolo del procedimento sono carenti della sottoscrizione del difensore della Agenzia delle entrate, sì che il ricorso per cassazione deve considerarsi come inesistente.
4. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per la soccombenza, a carico della ricorrente Agenzia delle entrate e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna l'Agenzia delle entrate a rimborsare in favore della società le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi € 15.000,00, oltre accessori di legge e rimborso spese forfettarie nella misura del 15 %. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 29 maggio 2018
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