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Corte di Cassazione, Sez. 5
Sentenza n. 2139 del 25 gennaio 2019
FATTI DELLA CAUSA
1. In relazione alla vendita di un terreno edificabile al prezzo di €225.000,00, al venditore, E., venivano notificati dall'Agenzia delle Entrate, prima, un avviso di liquidazione dell'imposta di registro, per un valore accertato in €. 540.080,00, poi, un avviso di accertamento ai fini irpef per la plusvalenza stimata dall'Agenzia assumendo quel valore come pari al corrispettivo. 2. I due avvisi, così legati in ragione della derivazione della pretesa contenuta nel secondo dalla pretesa contenuta nel primo, venivano impugnati dal contribuente ed avevano sorte intrecciata: annullato quello ai fini dell'imposta di registro, veniva ritenuto illegittimo, per conseguenza, e veniva annullato quello ai fini Irpef; parzialmente riformata in appello la sentenza relativa all'uno, con rideterminazione del valore per il registro in €254.203,17, la commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n.534, depositata il 24.10.2012, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminava la plusvalenza ai fini irpef in misura corrispondente al suddetto valore.
3. Il contribuente ricorre, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza della commissione tributaria regionale.
4. L'Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo e secondo motivo di ricorso, viene lamentata, in relazione al n.3 del comma 1, dell'art.360, c.p.c., la falsa applicazione dell'art.68 del d.P.R.917/1986 e degli artt. 38, comma 3, d.P.R. 600/73 e 2697 c.c., per avere la commissione ritenuto che "le risultanze di un accertamento effettuato ai fini delle imposte indirette potessero essere "travasate" nel contesto di un accertamento concernente le imposte sui redditi", laddove invece tali risultanze, attenendo al valore del bene, non avrebbero dovuto essere considerate sufficienti a dimostrare, neppure presuntivamente, il maggiore corrispettivo ottenuto dalla vendita del bene medesimo.
2. Con il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, viene lamentata la omessa pronuncia sulle, o, in alternativa, il difetto di motivazione in ordine alle, o l'omesso esame delle, prove portate dal ricorrente a dimostrazione della coincidenza tra corrispettivo versatogli dall'acquirente del terreno e prezzo dichiarato.
3. I primi due motivi di ricorso, strettamente connessi e perciò suscettivi di esame congiunto, sono fondati:
3.1. l'avviso di accertamento impugnato è stato emesso sull'assunto che il corrispettivo, rilevante ai fini Irpef, ritratto dal contribuente dalla vendita del terreno fosse pari al valore accertato ai fini dell'imposta di registro;
3.2. l'assunto è stato condiviso dalla commissione tributaria regionale della Campania nella sentenza impugnata;
3.3. come già sottolineato da questa Corte nella sentenza n.13569/2017, tale assunto contrasta con la previsione dell'art.5, comma 3, del d.lgs. 14 settembre 2015, n.147 (applicabile anche ai giudizi in corso, come ricordato nella medesima sentenza con richiamo a conformi precedenti), il quale prevede che «gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347».
5. Atteso quanto precede, i motivi in esame meritano accoglimento.
6. Né, in senso contrario, ha alcun pregio, per evidente contrasto con il disposto dell'art.5, comma3, del d.lgs. 147/2015, la tesi dell'Agenzia per cui "le argomentazioni relative alla rettifica operata non sono più proponibili" in quanto coperte dal giudicato intervenuto sulla sentenza relativa all'accertamento ai fini dell'imposta di registro.
7. Gli altri motivi di ricorso restano assorbiti.
8. La sentenza impugnata deve essere cassata.
9. Considerato che non vi sono accertamenti in fatto da svolgere, a causa può essere decisa nel merito (art.384 c.p.c.): l'originarIO ricorso del contribuente va accolto.
9. Le spese del giudizio sono compensate in ragione della sopravvenienza della
normativa di riferimento (art.5, comma 3, d.lgs. 147/2015), rispetto all'inizio della causa.
PQM
la Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso del contribuente; compensa le spese dell'intero giudizio. Così deciso i Roma, il 6 dicembre 2018.
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