Estratto: “va preso atto che con detta decisione irrevocabile si è sancito che i lavori de quibus (…) erano ancora causa fattuale idonea ad integrare l'esclusione dell'applicabilità dello studio di settore (…). In conclusione, in accoglimento dell'eccezione di giudicato esterno formulata con la memoria della ricorrente, decidendo sul ricorso ed essendone comunque preclusi ulteriori accertamenti in fatto, la sentenza impugnata va cassata ed accolto il ricorso originario della società contribuente”
Estratto: “l'art. 5, comma 3, del d.lgs. 147/2015, che esclude l'accertamento induttivo della plusvalenza ricavata dalla cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria o catastale, è una norma interpretativa e, come tale, retroattiva, in ragione del chiaro intento del legislatore”.
Estratto: “l'ulteriore elemento valorizzato dalla CTR (il non aver la società prodotto atti sufficienti a smentire le conclusioni raggiunte dall'Ufficio) è di per sé privo di rilievo, atteso che la contribuente, in assenza di prestazioni rese "in nero", giammai avrebbe potuto fornire la dimostrazione di un fatto negativo. Essendosi al cospetto, allora, di meri elementi indiziari, la CTR avrebbe dovuto valutare se fossero esistenti ulteriori elementi di riscontro idonei a supportarli, se del caso ricorrendo ai suoi poteri inquisitori”.
Estratto: “gli elementi indicati dall'ufficio a sostegno della pretesa apparivano ancorati a mere presunzioni, cui non hanno fatto seguito riscontri probanti di alcun genere. Il giudice di appello ha poi evocato «ad ulteriore sostegno delle valutazioni di cui immediatamente sopra», il riferimento alle sentenze del giudice penale che sono pervenute alla conclusione secondo cui «i fatti addebitati non risultavano provati nella loro materialità»”.
Estratto: “la tesi dell’Ufficio, negando il diritto della contribuente ha richiesto rimborso delle spese di fideiussione, equivarrebbe ad addossare alla stessa un “rischio finanziario” incompatibile con la direttiva Comunitaria, privandola del recupero totale del proprio credito IVA, credito che verrebbe in effetti decurtato del costo delle fideiussioni necessarie per lo stesso recupero. Anche perché non si comprende la ragione per la quale, operando secondo gli assunti dell’ufficio, si dovrebbe ammettere al rimborso i contribuenti che sono stati i destinatari di una pretesa tributaria, mentre sarebbero esclusi contribuenti più “virtuosi” che non sono destinatari di nessuna pretesa tributaria al riguardo”.
Estratto: “la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 149 e 182 cod. proc. civ., della legge n. 890 del 1982, nonché degli artt. 16, 20, 22 e 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la sentenza impugnata è stata emessa, nella sua dichiarata contumacia, nonostante l'omessa prova della notifica dell'atto di appello, dalla quale derivava l'inammissibilità del gravame in ragione della mancanza di una valida costituzione del contraddittorio. 2. Il motivo è fondato. Emerge infatti dall'esame degli atti di causa (…) che l'Agenzia delle Entrate ha prodotto in appello non già la cartolina di avvenuta notifica dell'atto di gravame, ma una mera reversale di invio di posta in uscita”.
Estratto: “che il motivo, laddove lamenta la violazione dell'art. 109, comma 5, d.p.r. n. 917 cit., escludendo che possa esservi stata inerenza «in considerazione del fatto che trattasi di immobile detenuto in locazione e dunque di proprietà di terzi», è anche infondato; 4.3. che, difatti, deve ritenersi superato l'anteriore orientamento che, anche sulla scorta della lettura dell'art. 102, comma 6, TUIR, che disciplina l'ammortamento delle spese incrementative del costo di acquisto, giungeva alla conclusione che solo il proprietario dell'immobile che avesse sostenuto il ridetto costo di acquisto poteva procedere all'ammortamento in discussione (v. p. es. Cass. sez. trib. n. 1834 del 2010, proprio sulla specifica questione dell'ammortamento di costi di manutenzione di immobile strumentale in locazione”.
Estratto: “La Commissione non condivide l’interpretazione dell’art. 8, comma 4, della legge n. 212/2000 fornita dall’Ufficio, secondo la quale “la norma si riferisce al rimborso di tributi che scaturiscono dall’attività accertativa dell’Ufficio, laddove venga accertato un maggior o minore debito. L’ambito di applicazione non può estendersi ai rimborsi che vengono richiesti ai sensi degli articoli 30 e 38 bis in via accelerata”, atteso che tale interpretazione verrebbe limitare l’operatività del comma 4 dell’art. 8 ai soldi costi di “accertamento d’imposte” ed a escludere così la sua applicazione al “rimborso dei tributi”. La norma in esame, infatti, non si limita affatto alle sole ipotesi prospettate dell’A.F., ma include espressamente il caso di rimborso dei tributi. La tesi dell’ufficio, pertanto, non è assolutamente condivisibile, non solo in quanto infondata, ma anche perché del tutto contraria la lettera e alla ratio dell’articolo 8, comma 4, dello statuto del contribuente”.
Di seguito una struttura argomentativa per eccepire la nullità dell’atto per violazione dell’art. 12, comma 7, L. 212 del 2000 e mancato contraddittorio procedimentale.
L’articolo 23 della Costituzione afferma “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Estratto: “il comma 4 ha natura immediatamente precettiva, prevedendo il diritto al rimborso del costo delle fidejussioni richieste dal contribuente e imponendo all’A.F. l’obbligo di provvedere allorquando sia definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura inferiore a quella accertata”.
Estratto: “la domanda con la quale il contribuente chiede la condanna all’Erario al rimborso dell’importo pagato per la prestazione di cauzioni è devoluta alla giurisdizione del Giudice tributario. Nel merito questa commissione, rileva la fondatezza della pretesa della ricorrente in ordine al richiesto rimborso del credito Iva maturato negli anni di imposta 2004 e 2005, ai sensi e per gli effetti di quanto disposto dall’art. 8 c. 4 dello Statuto del Contribuente”.
Estratto: “la Commissione non condivide l’interpretazione dell’art. 8, comma 4, della legge 212/2000 fornita dall’Ufficio appellante, secondo la quale “la previsione del rimborso dei costi di fideiussioni sarebbe subordinata al definitivo accertamento della debenza del tributo o della debenza in misura inferiore rispetto a quella accertata” atteso che tale interpretazione verrebbe a limitare l’operatività del comma 4 dell’art. 8 ai soli costi di “accertamento d’imposte” ed a escludere così, contra voluntatem legis, la sua applicazione al “rimborso dei tributi”- La norma in commento, infatti, non si limita affatto alle sole due ipotesi prospettate dall’Ufficio, ma include espressamente il caso di rimborso dei tributi. La tesi dell’Ufficio, pertanto, non è assolutamente condivisibile, non solo in quanto infondata, ma anche perché del tutto contraria alla lettera e alla ratio dell’art. 8, comma 4, dello Statuto del contribuente”.
Massima: “Il contribuente che, al fine di ottenere il rimborso trimestrale dell'IVA, abbia prestato fideiussione, ha diritto alla restituzione del costo della garanzia perché l'art. 8, comma 4, l. 212/2000 si riferisce a ogni ipotesi di fideiussione richiesta dal contribuente per ottenere il rimborso di un credito d'imposta. Tale disposizione, che ha carattere precettivo ed è immediatamente applicabile senza alcun decreto di attuazione, mira alla tutela dell'integrità patrimoniale del contribuente e include anche la fattispecie in cui la fideiussione si sia dovuta richiedere al fine di ottenere il rimborso Iva accelerato”.