Estratto: “in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica, l'art. 7, comma 1, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla I. 24 novembre 2003, n. 326, che ha introdotto il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie, si applica solo se, alla data di entrata in vigore del decreto (2 ottobre 2003), le violazioni non siano state ancora contestate o la sanzione irrogata, restando applicabile, diversamente, la previgente disciplina”.
Estratto: “l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 - che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva - esclude che l'Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro”.
Estratto: “Fondato è, invece, il primo motivo del ricorso, proposto ex art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., col quale i contribuenti lamentano la violazione o falsa applicazione degli artt. 2291 e 2304 c.c., là dove il giudice d'appello, benché abbia dato atto della non immediata escutibilità dei soci, ha comunque escluso che la violazione del beneficium excussionis si riverberi sull'illegittimità delle cartelle, perché il beneficium va opposto in sede esecutiva. 2.1.- Questa Corte ha già avuto occasione di affermare (con sentenza 27 febbraio 2017, n. 4959) che, in tema di riscossione delle imposte, in caso di ricorso al procedimento mediante ruolo, legittimamente il contribuente fa valere il beneficium excussionis con l'impugnazione della cartella di pagamento”.
Estratto: “le doglianze illustrate nel motivo, lungi dall'evidenziare lacune nel ragionamento decisorio seguito dalla CTR, si sostanziano nella richiesta di una diversa lettura delle circostanze istruttorie, conforme alle aspettative della ricorrente. Ne deriva l'insussistenza del dedotto vizio motivazionale, non potendo imputarsi al giudice del merito di essere giunto, nell'esercizio della propria attività valutativa dei mezzi di prova offerti dalle parti, a ritenere che la ricostruzione induttiva del reddito della contribuente fosse stata operata sulla scorta di elementi presuntivi non connotati da gravità, precisione e concordanza e che anzi risultavano in parte errati (a nulla rilevando l'imputabilità dell'errore all'incapacità dell'amministratore della società di tradurre i documenti fiscali redatti in tedesco) ed in parte smentiti da dati di comune conoscenza (il calo naturale del peso della carne, l'andamento del mercato) e che, inoltre, non erano corroborati da elementi di riscontro esterni, desumibili da indagini condotte sui conti bancari della società”.
Estratto: “a fronte della non contestata regolarità formale delle fatture e delle scritture contabili della contribuente, incombe sull'Amministrazione, che ne contesti (ai fini del recupero dell'I.V.A. indebitamente detratta) l'inesistenza oggettiva totale o - come nella specie - parziale, l'onere di provare il carattere fittizio delle operazioni ovvero l'eccessività dei costi sostenuti”.
Si riporta un breve specchietto di sintesi con l'indicazione delle norme di legge che puniscono la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e la correlata emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Massima: “E' principio pacifico in materia di IRAP che il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito, ricorre quando il contribuente sia responsabile dell'organizzazione. Infatti, per ricorrere tale condizione, il contribuente non deve risultare inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse ovvero, in assenza di organizzazione, non deve impiegare beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività o avvalersi, in modo non occasionale, di lavoro altrui. Nel caso di specie non è stato correttamente applicato il predetto principio perché il requisito dell'autonoma organizzazione è stato desunto attraverso il notevole costo sostenuto per le spese generali e per il valore elevato del reddito dichiarato dal contribuente, nell'anno di riferimento, in assenza del riscontro di personale dipendente e di beni strumentali rilevanti”.
Massima: “Tra le operazioni di assicurazione esenti dall'Iva deve essere ricompreso ogni complesso di operazioni riconducibile all'esecuzione del contratto di assicurazione oltre ai servizi eventualmente resi da soggetti terzi, purché strumentali alle diverse fasi di gestione ed all'esecuzione del contratto di assicurazione. Le prestazioni di delega consentono l'affidamento dell'intera gestione del contratto assicurativo ad una sola delle imprese assicuratrici per evidenti e comprensibili esigenze di semplificazione e di economia. Pertanto, le "commissioni di delega", percepite dall'impresa delegataria per le attività di gestione del contratto con l'assicurato, non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi autonoma, diversa dalle prestazioni tipiche rese nell'ambito del rapporto assicurativo”.
Estratto: “una regolare fattura, conforme ai requisiti di forma e contenuto richiesti dalla vigente disciplina (e, in ispecie, dall'art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972), fa presumere la verità di quanto in essa rappresentato, sicché costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell'IVA, spettando all'Ufficio, di fronte alla sua esibizione, provare il difetto delle condizioni per la detrazione”.
Massima: “L'accertamento analitico induttivo, eseguito sulla base dell'antieconomicità di una sola operazione posta in essere dalla società, non è giustificabile se non sono tenute in considerazione anche tutta una serie di elementi fattuali dai quali si possa evincere la complessiva situazione finanziaria positiva della medesima società”.
Massima: “Il regime transitorio, stabilito dall'art.8 del D.L. n. 16/ 2012, è applicabile anche al periodo di imposta precedente alla sua entrata in vigore essendo più favorevole al contribuente. Pertanto nel caso di specie sono deducibili i costi, delle operazioni soggettivamente inesistenti, per il solo fatto che siano stati sostenuti salvo che si tratti di costi in contrasto con il principio di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza e determinabilità ovvero di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un reato non colposo”.
Estratto: “il motivo è inammissibile dove si concreta in una riedizione del giudizio di merito, mentre deve considerarsi infondato se intende scalfire l'argomentazione della sentenza gravata, il cui percorso argomentativo è ben lontano dai confini di palese illogicità, incomprensibilità e contraddittorietà, solo entro i quali può intervenire il sindacato demolitorio di questo Giudice di legittimità; che, nel particolare, la corte di merito ha tenuto conto dei diversi anni di provenienza, cioè a dire della sequenza diacronica delle dazioni e dei disinvestimenti con cui la contribuente e la sua famiglia hanno recuperato e concentrato le proprie ricchezze al fine di quello sforzo economico straordinario che è l'acquisto della casa di proprietà anche nell'interesse dei figli”.
Massima: “L'indennità di fine mandato (TFM), seppur sostanzialmente assimilabile al trattamento di fine rapporto previsto per i lavoratori dipendenti, non soggiace alle stesse regole fiscali e civilistiche. Ed invero, mentre per il TFR sia la normativa civilistica che quella fiscale (c.c., art. 2120 e d.P.R. 917/1986, art. 105) disciplinano e limitano la quota annuale di accantonamento deducibile (retribuzione annua diviso 13,5) per il TFM non v'è alcuna norma di riferimento che limiti l'ammontare della quota deducibile”.
Massima: “Ai fini della riqualificazione di un Ente non commerciale è necessario che ci sia prevalenza delle attività commerciali rispetto a quelle istituzionali dell'Ente stesso. Pertanto, qualora l'associazione abbia tenuto una contabilità separata delle attività commerciali da quelle istituzionali e da questa risulti che i redditi derivanti dalle attività commerciali non siano prevalenti rispetto a quelli istituzionali, l'Amministrazione finanziaria non può procedere alla riqualificazione dell'ente”.