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Diversamente dal TFR, non vi sono norme che limitano l’ammontare deducibile del TFM (trattamento di fine mandato degli amministratori). La CTR Lombardia respinge l’appello della Direzione Provinciale di Lecco.

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Massima: “L'indennità di fine mandato (TFM), seppur sostanzialmente assimilabile al trattamento di fine rapporto previsto per i lavoratori dipendenti, non soggiace alle stesse regole fiscali e civilistiche. Ed invero, mentre per il TFR sia la normativa civilistica che quella fiscale (c.c., art. 2120 e d.P.R. 917/1986, art. 105) disciplinano e limitano la quota annuale di accantonamento deducibile (retribuzione annua diviso 13,5) per il TFM non v'è alcuna norma di riferimento che limiti l'ammontare della quota deducibile”.

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Comm. Trib. Reg. per la Lombardia Sezione/Collegio 16

Sentenza del 11/09/2018 n. 3749 -

Testo:

Appello per l'annullamento/riforma della sentenza n. 242, Sezione 1° della Commissione Tributaria Provinciale di Lecco, del 4 ottobre 2017.

Appellante: DP di Lecco

Appellato: A. S.a.S di R.

La controversia traeva origine dalla notificazione dell'avviso di accertamento, attraverso il quale l'agenzia recuperava a tassazione l'indebita deduzione dell'accantonamento a titolo di TFM per gli amministratori della società appellata. Affermava l'appellante che il primo giudice aveva accolto il ricorso sulla base di un errato assunto. Tutto questo scaturiva da un'errata interpretazione del rinvio, ad opera dell'art. 105, comma 4, TUIR il quale prevedeva come le disposizioni dei commi 1 e 2 del medesimo articolo valevano anche per gli accantonamenti relativi all'indennità di fine rapporto, fra i quali, quindi, rientravano anche gli accantonamenti per fine mandato. Il rinvio alle leggi applicabili per il TFR, doveva essere inteso, sempre secondo l'ufficio, con la conseguenza che anche l'accantonamento al TFM soggiaceva ai precisi limiti di deducibilità previsti per il TFR ovvero non in misura superiore al 13,5 per cento dell'ammontare dei compensi previsti annualmente. La questione qui controversa era che per gli amministratori di detta società non era stato previsto un emolumento su base annua cosicché era impossibile procedere a determinare il 13,5 % del compenso annuo quale quota deducibile. Chiedeva la integrale riforma della sentenza impugnata. In data 15 marzo 2018 la società si costituiva in giudizio. Esordiva dolendosi dell'errata e distorta interpretazione dell'art. 105 TUIR offerta dall'ufficio delle entrate. A suo dire, seguitava la società, l'accantonamento TFM per gli amministratori dovrebbe essere determinato con le stesse regole previste per i dipendenti. La società sviluppava la propria linea difensiva affermando come le previsioni civilistiche per il TFM non prevedevano alcun specifico parametro concernente il calcolo del TFM e che la delibera assembleare dell'8 marzo 2011, quale atto avente data certa, era sufficiente a prevedere la deduzione dell'accantonamento, per il caso in esame. Citava all'uopo delle pronunce giurisprudenziali conformi. Aggiungeva ancora come la sentenza n. 884/2018 del 1° marzo 2018 della CTR della Lombardia aveva confermato l'operato della società in relazione ad un'altra annualità, dando credibilità alle proprie tesi qui riportate. In particolare, la contribuente affermava come il rinvio contenuto nel quarto comma dell'art. 105 TUIR, stava esclusivamente a significare che era ammesso l'accantonamento della quota di TFM ma senza una totale e generale applicazione degli altri elementi determinativi di pertinenza esclusiva dei lavoratori dipendenti. Insisteva nell'affermare come per il TFM non vi era nessuna norma specifica che imponeva un limite, pari al 13,5 per cento degli emolumenti annui, all'accantonamento del TFM come invece era previsto per il TFR. Infine il quantum accantonabile soggiaceva alla sola pattuizione tra le parti le quali erano libere di stabilire l'ammontare con una previsione statutaria o in fase di delibera dell'assemblea dei soci. La società chiedeva la conferma della sentenza appellata.

Presenti all'udienza le parti che hanno insistito nelle proprie richieste ed eccezioni.

Il Collegio giudicante così decide. L'appello dell'ufficio viene rigettato alla stregua delle seguenti motivazioni ed argomentazioni. Come descritto in parte narrativa, l'ufficio emetteva l'avviso di accertamento in capo alla società per violazione di quanto disposto dall'art. 105 TUIR e, conseguentemente, per indebita deduzione degli accantonamenti di fine mandato per € 67.881,00, per l'annualità in esame. Il primo giudice accoglieva il ricorso e l'ufficio appellava la sentenza; con i seguenti motivi.

Sull'interpretazione dell'art. 105 TUIR

A giudizio dì questo Giudice d'appello, il primo collegio giudicante non ha errato il proprio verdetto. L'articolo 105, quarto comma, infatti richiama il primo comma dello stesso articolo, stabilendo l'applicazione dello stesso principio per gli accantonamenti relativi all'indennità di fine rapporto dì cui all'art. 17, comma 1, lettere C) D) e F), rispetto a quelli stabiliti per il personale dipendente, per il quale vale il criterio di competenza. Come correttamente sostenuto dalla parte appellata, il richiamo effettuato dall'art. 105, comma quattro, agli accantonamenti previsti dall'articolo 17, comma 1 C), riguarda la tipologia di reddito indicato nella disposizione, ma non i presupposti contenuti per l'applicazione della tassazione separata. Ne consegue che, dall'impianto generale della normativa citata, si ricava che le disposizioni che sono stabilite nei primi due commi dell'articolo 105 relative agli accantonamenti per indennità di fine rapporto dei lavoratori dipendenti siano valide anche per le indennità di fine rapporto previste in presenza di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Anche in sede di appello, l'ufficio ha reiterato quanto sostenuto nel giudizio di primo grado attraverso un richiamo distorto e palesemente erroneo della normativa applicabile al caso in esame, ovvero l'art. 105 TUIR. Ebbene, la tesi dell'ufficio che è quella che la società avrebbe indebitamente dedotto delle somme a titolo di accantonamento del TFM (trattamento di fine mandato) in favore dei propri amministratori, rilevando che la misura dell'accantonamento in realtà non potesse essere determinata data l'assenza di un compenso annoverabile tra i redditi di collaborazione coordinata e continuativa in relazione al quale calcolare la quota accantonabile ed il quantum deducibile, non viene condivisa da questo Collegio giudicante. Quindi, nonostante l'ufficio sostenga il contrario, la detraibilità dell'accantonamento dei compensi degli amministratori non deve essere determinata con le stesse regole previste per i lavoratori dipendenti (retribuzione annua divisa per 13,5), in quanto il legislatore fiscale non ha dettato una normativa derogatoria per tali accantonamenti, ma ha operato un richiamo alla disciplina civilistica prevista per i lavoratori dipendenti. Ebbene, è ammesso come costo deducibile, nel conto economico della società anche l'accantonamento di fine mandato, in esame, oltre a quello previsto per i lavoratori dipendenti dai commi 1 e 2. Per la relativa determinazione, questo Consesso fa riferimento alle diverse disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto tra amministratori e società e non alle disposizioni relative ai lavoratori dipendenti. La disciplina civilistica, per il caso in esame, non prevede alcun parametro specifico concernente il calcolo del trattamento di fine mandato e le uniche norme che dispongono circa i compensi spettanti agli amministratori (estensibili anche al trattamento di fine mandato) sono gli articoli 2364 e 2389 del codice civile, dove viene chiaramente stabilito che il compenso spettante agli amministratori viene fissato dall'assemblea dei soci se non è stato stabilito all'atto della nomina e/o nello statuto della società. Nel caso de quo, l'accantonabile è espressamente stabilito nel verbale di assemblea dell'8 marzo 2011, allegato n. 4 al ricorso introduttivo proposto dalla società. Sul punto, anche la suprema Corte di cassazione si è pronunciata. A tale riguardo, questo Giudice d'appello si riporta totalmente alle sentenze n. 10959/2007; n. 21155/2005 e n. 24959/2010. Con riferimento alla disciplina fiscale per la società erogante, l'art. 105, comma 4, TUIR dispone che le quote accantonate al fondo per l'indennità di fine rapporto siano deducibili in ciascun esercizio per la quota maturata; in sostanza, il legislatore fiscale ha disposto che debba seguire, per la deducibilità fiscale, il principio di competenza. Questa è tuttavia sottesa al rispetto di una condizione, ossia che il diritto a percepire tale indennità derivi da atto con data certa, anteriore all'inizio del rapporto. In merito, non vi è alcun dubbio sul verbale che aveva stabilito a suo tempo il quantum. Pertanto, il TFM è deducibile per quota stabilita per anno in base al principio di competenza e l'accostamento compiuto dall'agenzia delle entrate circa il TFR deve ritenersi inconferente, stante il fatto che il rapporto dell'amministratore con la società è inquadrabile come mandato e non come rapporto di lavoro subordinato.

Concetto principale evincibile è quello della deducibilità e della insindacabilità di tale costo da parte dell'ufficio, non prevedendo in alcun modo il richiamo ad un parametro da utilizzare nella valutazione dell'entità di tali compensi, non essendovi il riferimento alcuno a tabelle o altre indicazioni vincolanti che pongono dei limiti di spesa. L'amministrazione finanziaria non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti come TFM agli amministratori di società di persone. Tali somme sono deducibili come costi, sicché deve concludersi che nel sistema attuale la spettanza e la deducibilità degli emolumenti a favore degli amministratori è determinata dal consenso che si forma tra le parti o nell'ambito dell'ente sul punto, senza che all'ufficio sia riconosciuto un potere specifico dì valutazione di congruità. Giustappunto, l'indennità di fine mandato è sostanzialmente assimilabile all'indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti; tuttavia, mentre per il TFR, sia il codice civile, (art. 2120) sia la normativa fiscale (art. 105 TUIR, commi 1 e 2) disciplinano e limitano la quota annuale di accantonamento deducibile, stabilendo che l'entità di tale trattamento si calcoli sull'importo della retribuzione annua diviso per 13,5; per il TFM, invece, non esiste alcuna norma di riferimento. Pertanto, non vi è limitazione all'ammontare.

Sono queste le ragioni per le quali la sentenza qui impugnata viene confermata tout court e rigettato l'appello dell'ufficio.

Spese di giudizio

Le spese seguono la soccombenza, come da dispositivo.

Il Collegio giudicante

P.Q.M.

conferma la sentenza di primo grado. Condanna parte soccombente alle spese di lite che quantifica in complessivi € 7.500,00 oltre accessori dì legge.

Milano, 11 luglio 2018

 

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