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Corte di Cassazione, Sez. V
Sentenza n. 22953 del 26 settembre 2018
FATTI DI CAUSA
1. La D. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (d'ora in avanti, breviter, D.), propose separati ricorsi, innanzi alla C.T.P. di Cagliari, avverso gli avvisi di accertamento 804030220594/2009 e 804030220595/2009 con cui l'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Cagliari aveva proceduto nei propri confronti, relativamente agli anni di imposta 2005 e 2006, al recupero dell'I.V.A. rispettivamente nell'importo di C 979.324,03 ed C 658.484,04, siccome indebitamente detratta per operazioni ritenute oggettivamente inesistenti ovvero sovraffatturate, deducendone, contrariamente all'assunto dell'Ufficio, la verificabilità, esistenza e congruità.
2. A seguito di provvedimento di riunione, con sentenza n. 338/02/12, del 21.12.2012, la C.T.P. di Cagliari rigettò i ricorsi ed avverso tale decisione la D. propose appello innanzi ala C.T.R. di Cagliari la quale, previo conferimento di incarico peritale, con sentenza 389/2015 del 3.12.2015, riformò la gravata decisione, accertando la legittimità della detrazione dell'I.V.A. assolta dal contribuente, nella sua interezza, per la parte relativa ai costi di costruzione di un opificio industriale e, parzialmente, per la parte relativa ai costi di acquisto dei macchinari ivi collocati.
3. Avverso tale sentenza l'Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi. Si è costituita ed ha resistito, con controricorso, la D.
4. L'Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 cod. civ. e dell'art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.), per avere la C.T.R. ritenuto non dimostrata, ad opera dell'ufficio, la inesistenza oggettiva parziale (per cosiddetta "sovrafatturazione quantitativa") delle operazioni contestate alla D., nonostante la ricorrenza, in proposito, di presunzioni gravi, precise e concordanti.
2. Con il secondo motivo, parte ricorrente si duole della violazione degli artt. 2699 e 2700 cod. civ. (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.), avuto riguardo al mancato rilievo attribuito, dalla C.T.R. sarda, al contenuto del p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza, (a) sotteso agli avvisi di accertamento impugnati, (b) non oggetto, a propria volta, di impugnazione mediante querela di falso e (c) recepito, peraltro, dalla sentenza n. 228/2014 della Corte dei Conti, sez. giurisdizionale di Cagliari.
3. I due motivi - suscettibili di trattazione congiunta, per identità di questioni agli stessi sottese - sono inammissibili sotto plurimi profili.
3.1. Va anzitutto chiarito che, rappresentando oggetto di censura non già il criterio di riparto dell'onere probatorio applicato, nella specie, dalla C.T.R. quanto, piuttosto, la valutazione che questa ha compiuto del materiale istruttorio a propria disposizione, entrambi i motivi vanno correttamente qualificati in termini di dedotto vizio motivazionale della gravata decisione, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., Sez. 3, 17.6.2013, n. 15107, Rv. 626907-01): ed infatti, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., opera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia – come sostanzialmente avvenuto nella specie - della violazione delle
predette regole da parte del giudice del merito configura un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella versione, applicabile ratione temporis al caso di specie, riformulata dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012 (cfr. Cass., Sez. 3, 12.10.2017, n. 23940, Rv. 645828-02).
3.1.1. Ciò, d'altra parte, appare in linea con i consolidati principi affermati, in materia, da questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità: 1) a fronte della non contestata regolarità formale delle fatture e delle scritture contabili della contribuente, incombe sull'Amministrazione, che ne contesti (ai fini del recupero dell'I.V.A. indebitamente detratta) l'inesistenza oggettiva totale o - come nella specie - parziale, l'onere di provare il carattere fittizio delle operazioni ovvero l'eccessività dei costi sostenuti (arg. da Cass., sez. 5, 6.3.2015, n. 4570); 2) ciò può avvenire anche in forma indiziaria o presuntiva (arg. da Cass., Sez. 6-5, 14.9.2016, n. 18118, Rv. 641109-01); 3) spetta sempre al giudice di merito, tuttavia, di valutare l'opportunità di fare ricorso a presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cass., Sez. 6-5, 8.1.2015, n. 101, Rv. 634118-01).
3.2. Orbene, nella specie, la C.T.R. ha dato ampiamente conto del procedimento logico sotteso alla motivazione della gravata decisione, chiarendo le fonti del proprio convincimento, espressamente motivando circa la irrilevanza degli atti del processo penale e di quello erariale (puntualmente esaminati in motivazione, alle pp. 15, ult. cpv. e 16) e ricorrendo, altresì - come pure consentitole - ad una consulenza tecnica d'ufficio, i cui risultati hanno sostanzialmente escluso la sovrafatturazione di cui si è detto, sia in merito alla realizzazione dell'opificio che all'acquisto dei macchinari; al contrario, i motivi di ricorso in esame si configurano alla stregua di un'alternativa ricostruzione dei fatti che, tuttavia, si appalesa per ciò stesso come inammissibile, essendo necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia - e non è il caso di specie, stanti gli esiti della CTU di cui si è detto - come l'unica possibile (Cass., Sez. 1, 23.12.2015, n. 25927, Rv. 638292-01).
3.3. Né, infine, colgono nel segno, a tale ultimo proposito, le doglianze svolte dall'AGENZIA circa la - si opina – particolare rilevanza probatoria del p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza e sotteso agli avvisi di accertamento oggetto di impugnazione ad opera della D. Ed infatti, (a) il processo verbale di constatazione è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell'art. 2700 c.c., esclusivamente con riferimento ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, degradando, altrimenti, ad elemento di prova valutabile dal giudice in concorso con gli altri a propria disposizione (arg. da Cass., Sez. 5, 24.11.2017, n. 28060, Rv. 646225-02), mentre (b) non rileva, in senso contrario, la circostanza che su di esso fondino sentenze di altre autorità giudiziarie (nella specie, penale e contabile), le quali, finanche in caso di loro passaggio in giudicato (ma di tale circostanza non v'è comunque prova), avrebbero ancora una volta la mera valenza di elementi indiziari, da valutare unitamente al residuo materiale probatorio (arg. da Cass., Sez. 5, 13.2.2015, n. 2938, Rv. 634894-01) - ciò che, peraltro, come esposto supra è puntualmente avvenuto nella specie.
4. Con il terzo motivo, infine, parte ricorrente si duole della violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.), per avere la C.T.R., si dice, erroneamente interpretato il thema decidendum, invocando pertanto la nullità della gravata decisione per l'apparenza della relativa motivazione.
4.1. Anche tale motivo è inammissibile sotto plurimi profili.
4.1.1. Va anzitutto osservato che, ove effettivamente la C.T.R. avesse errato nell'interpretazione della domanda sottoposta al proprio vaglio, il vizio in questione avrebbe dovuto essere formulato non già in termini di violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. quanto, piuttosto, di vizio motivazionale, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.: ed infatti, nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l'ipotesi in cui si lamenti l'omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l'interpretazione che ne ha dato il giudice del merito giacché, mentre nel primo caso si verte in tema di violazione dell'articolo 112 c.p.c. (e si pone, dunque, un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la S.C. ha il potere-dovere di procedere all'esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta), nella seconda ipotesi, invece, poiché l'interpretazione della domanda e l'individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass., Sez. 6-5, 21.12.2017, n. 30684).
4.1.2. Sennonché, pur volendo riqualificare in tali termini il mezzo di gravame, rileva la Corte come esso sia comunque infondato, in quanto la sentenza impugnata si confronta espressamente ed in maniera argomentata con il profilo della sovrafatturazione (sia in relazione ai profili oggettivi inerenti i costi, sia avuto riguardo a quelli soggettivi, concernenti i rapporti tra le società coinvolte), tanto da ritenerla parzialmente sussistente per i costi di acquisto dei macchinari (ciò che, per altro verso, esclude che possa discorrersi, nella specie, di "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", di "motivazione apparente", di "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e di "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile". Cfr. Cass., Sez. U, 7.4.2014, n. 8053, Rv. 629830-01).
5. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna dell'AGENZIA DELLE ENTRATE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della D. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna l'AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., al pagamento, in favore della D. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 25.000,00 (venticinquemila/00) per compenso professionale oltre 15% su tale importo, per rimborso forfetario spese generali, ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione
Civile Tributaria, il 18.6.2018.
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