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“violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, dello statuto dei diritti del contribuente – mancata redazione e consegna del p.v.c. – negato contraddittorio procedimentale – mancato rispetto del termine a difesa per presentare osservazioni – mancato rispetto del diritto del contribuente di veder le proprie osservazioni valutate all’interno dell’avviso di accertamento.
Ancora, l’Ufficio – al fine di garantire un pieno diritto di difesa – avrebbe dovuto redigere il Processo Verbale di Constatazione e dare al contribuente la possibilità di presentare osservazioni.
D’altronde, il diritto al contraddittorio si esplica in misura piena in tre fasi:
1) Diritto di conoscere gli esiti della verifica (trasfusi nel processo verbale di constatazione, di cui è prevista la consegna);
2) Diritto di presentare osservazioni in relazione agli esiti della verifica (e la legge impone che sia riconosciuto al contribuente un termine di almeno 60 giorni per svolgere tale attività);
3) Diritto di vedere le proprie osservazioni valutate all’interno dell’avviso di accertamento, in cui i verificatori saranno chiamati a chiarire specificamente perché non le considerano condivisibili, risposta che deve costituire parte integrante della motivazione dell’avviso.
Nel caso in discussione, nessuno di tali diritti veniva tuttavia riconosciuto alla ricorrente.
In definitiva, l’art. 12 citato è stato violato sotto plurimi profili, dato che, se fosse stata seguita la corretta procedura di verifica, il contribuente avrebbe potuto esercitare il proprio diritto di difesa all’interno della fase espressamente prevista dall’art. 12, comma 7, della L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente), e magari richiedere all’Ufficio la trasmissione dei documenti da cui stava procedendo (mai neanche allegati).
In particolare, una volta redatto il Processo Verbale di Constatazione[1] la legge concede espressamente al contribuente il diritto di presentare osservazioni, che l’Ufficio è obbligato a considerare nell’avviso a pena di nullità di quest’ultimo (come ormai riconosciuto da granitica giurisprudenza, ex pluribus da ultimo Corte di Cassazione n. 11471/2017).
Proprio l’On.Le Commissione Tributaria Regionale di Milano, facendosi portatrice e massima garante dei diritti e dell’equità, è fautrice di un orientamento, più volte ribadito (e che ha trovato sempre più consensi in seno a molte altre Commissioni), che valorizza il diritto al contraddittorio precontenzioso.
Menzioniamo innanzitutto la sentenza n. 1478/2015 del 14 aprile 2015[2].
Leggiamo in tale sentenza: “Deduce l'appellante (n.d.r. ossia la Direzione provinciale II di Milano) che l'atto impugnato, poiché emesso a seguito di ben tre invii del questionario, non ha bisogno di un propedeutico PVC. Il contraddittorio sarebbe facoltativo e non obbligatorio”.
A tale tesi la Commissione Tributaria Regionale ha risposto nei termini che seguono: “La Commissione ritiene invece di accogliere la eccezione in ordine alla omessa instaurazione del contraddittorio preventivo in violazione degli artt. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 e 24 della L. n. 4 del 1992. Il principio del contraddittorio preventivo, quale espressione del principio costituzionale di collaborazione e buona fede nei rapporti tra Amministrazione e contribuente, è un cardine del nostro ordinamento. La giurisprudenza in merito può definirsi "granitica". La recentissima sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, n. 19667 del 18/9/2014, dove si suggella la natura "di principio fondamentale immanente nel nostro ordinamento, cui dare attuazione anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa", recita che "Il diritto al contraddittorio, ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima della emanazione di questo, realizza l'inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall'art.24 Cost. e il buon andamento dell'amministrazione, presidiato dall'art.97 Cost. (…) La Commissione, rigetta l'appello e condanna l'appellante alle spese del grado, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi”.
Ma d’altronde sia bastevole considerare che, se così non fosse, l’Ufficio potrebbe facilmente limitare il diritto al contraddittorio preventivo (anche nei casi principali in cui lo stesso svolge la propria funzione garantistica), semplicemente inviando un questionario, per poi negare la valenza della documentazione prodotta e procedere ad una “libera” ricostruzione alternativa, senza riconoscere alcun diritto di controdedurre.
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Lungi peraltro dal trattarsi di una posizione isolata, ma di un orientamento che ha trovato progressivamente sempre più consensi in seno alla giurisprudenza.
Ex pluribus citiamo anche la sentenza n. 84 emessa dalla CTR di Milano il 6 maggio 2013, la quale ha affermato che: “È illegittimo l'avviso di accertamento emesso dall'ente impositore successivamente all'attività istruttoria svolta presso i propri uffici, con riferimento alla documentazione consegnata dal contribuente, senza avere preventivamente provveduto all'instaurazione del contraddittorio (Nel caso di specie, la contribuente risultava destinataria di un avviso di accertamento riguardante l'anno d'imposta 2005, emesso dall'ente impositore successivamente all'attività istruttoria di verifica, svolta unicamente presso i propri uffici, sui documenti consegnati a seguito di richiesta e senza la preventiva instaurazione del contraddittorio)”.
Peraltro trattasi di tesi confortata anche da buona parte della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (ex pluribus Sent./Ord. n. 406 del 14 gennaio 2015: la quale ha espresso a chiare lettere il seguente principio: “Il principio del contraddittorio anticipato, disciplinato dall'art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del Contribuente, costituisce norma imperativa immanente nell'ordinamento comunitario e nazionale, con conseguente invalidità (nullità) dell'atto impositivo adottato ante tempus. Al fine di garantire la effettività del diritto di difesa, invero, l'Autorità pubblica prima di emanare un atto produttivo di effetti pregiudizievoli nei confronti del destinatario, deve mettere quest'ultimo nella condizione di contraddire preventivamente e di esporre le eventuali ragioni di dissenso in ordine all'emanando provvedimento”).
Le stesse Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 18184 del 2013) hanno riconosciuto come il contraddittorio procedimentale sia “andato assumendo, in giurisprudenza e in dottrina (e nella stessa legislazione), proprio con specifico riferimento alla materia tributaria, un valore sempre maggiore, quale strumento diretto non solo a garantire il contribuente, ma anche ad assicurare il migliore esercizio della potestà impositiva, il quale, nell'interesse anche dell'ente impositore, risulterà tanto più efficace, quanto più si rivelerà conformato ed adeguato — proprio in virtù del dialogo tra le parti, ove reso possibile — alla situazione del contribuente, con evidenti riflessi positivi anche in termini di deflazione del contenzioso (se non, ancor prima, nel senso di indurre l'amministrazione ad astenersi da pretese tributarie ritenute alfine infondate).”
In definitiva, tale diritto, nell'ultimo decennio, ha trovato sempre maggiori tutele e riconoscimenti, da parte di tutti gli organi giurisprudenziali italiani ed europei, dalla giurisprudenza di legittimità[3] a quella di merito, e, a partire dalla celeberrima sentenza “Sopropè”, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia[4]; su tale ultimo punto ci si concentrerà sul prossimo autonomo motivo di ricorso per dimostrare come la circostanza che l’avviso verta anche su tributi armonizzati rende a fortiori nullo lo stesso per violazione del diritto al contraddittorio.
Peraltro è la legge stessa a prevedere i passaggi procedurali necessari a garantire tale diritto (completamente saltati dalla Direzione, con negazione di ciascuno dei diritti che tali passaggi mirano a garantire).
In particolare, l’art. 12[5], u. c., della legge n. 212 del 2000 espressamente prevede che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori”.
Nel caso di specie l’Ufficio non ha rilasciato alcuna copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, non ha avvisato i contribuenti della chiusura delle operazioni e non ha concesso il termine procedimentale di sessanta giorni previsto dall’art. 12, u.c., della legge n. 212 del 2000, e così ha formato un avviso all’interno del quale non trovano spazio alcuno valutazioni in ordine alle ragioni del contribuente (che quest’ultimo aveva il diritto di introdurre mediante osservazioni).
L’avviso pertanto si mostra nullo anche per violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7 della L. 212 del 2000, ed in sostanza negazione di qualsiasi forma, anche solo embrionale, di contraddittorio procedimentale[6].
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mancata instaurazione del contraddittorio procedimentale nonostante si trattasse anche di tributi armonizzati – giurisprudenza costante e pacifica della corte di giustizia e della cassazione – violazione e falsa applicazione dell’art. 41 della carta dei diritti dell’unione europea.
Nel caso di specie è presente un ulteriore autonomo motivo per il quale l’avviso deve essere considerato nullo: una delle riprese più elevate, contenuta nell'accertamento notificato alla società contribuente, attiene all'IVA.
Orbene, com’è ormai noto, la Corte di Giustizia[7] ha rafforzato il diritto al contraddittorio preventivo nei propri ambiti di competenza, ossia ogni qualvolta si discorra di tributi armonizzati.
Per di più, il riferimento a tale diritto è stato finanche cristallizzato nell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che riconosce come inviolabile il “diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio”.
Il diritto al contraddittorio in materia di tributi armonizzati è confermato ulteriormente anche da pacifica e granitica giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione.
Infatti anche a voler citare il filone giurisprudenziale meno garantista in tema (ex multis: Cass. n. 24823/2015, Cass. n. 20849/2016, e Cass. n. 28858/2017), il contraddittorio endo-procedimentale deve essere sempre (senza eccezioni) riconosciuto: “in tema di tributi "armonizzati", avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto”.
Orbene, come menzionato, nel caso di specie una delle principali riprese a tassazione elevate nei confronti della Società attiene proprio all'imposta sul valore aggiunto, il tributo armonizzato per eccellenza, dunque a fortiori il diritto al contraddittorio preventivo doveva essere riconosciuto.
Ciò costituisce l’ennesimo autonomo motivo a giustificazione di una dichiarazione di nullità.
[1] “La redazione di un processo verbale di constatazione è da intendersi come elemento fondamentale per il rispetto del diritto al contraddittorio endoprocedimentale che, a sua volta, è un indispensabile strumento di tutela del contribuente e di garanzia del migliore esercizio della potestà impositiva, anche nell'interesse dell'Amministrazione” (così CTR Emilia Romagna sent. n. 2716/2016).
[2] Peraltro, anche in tale procedimento la Direzione sosteneva la tesi anche oggi implicitamente fatta propria dall’Ufficio adottando un modus operandi che nega al contribuente il contraddittorio.
[3] Cfr. ex multis: Cass. n. 4543 del 5.03.2015, ma già giurisprudenza prevalente Cass. n. 22320 del 2010, C.T.P. di Ragusa, Sez. II, n. 426 del 25/01/2002; C.T.P. di Brescia, Sez. IX, n. 12 del 07/03/2002; C.T.P. di Roma, Sez. XX, n. 556 del 30/10/2002; C.T.P. di Bari, Sez. VII, n. 75 del 16/07/2004; C.T.P. Caltanissetta, n. 15 del 10/02/2004; C.T.P. di Pordenone, Sez. V, n. 1 del 19/01/2005.
[4] Ex pluribus cfr. sentenze: 3.7.2014, in causa C-129 e C/130/13, Ramino International Logistics; 22.10.13, in causa C-276/12, Jiri Sabou; 18.12.08, in causa C-349/07, Sopropè; 12.12.02, causa C-395/00, Soc. Distillerie Cipriani; 21.9.00, in causa C-462/98 P, Mediocurso c. Commissione; 4.10.96, in causa C-32/95 c. Lisrestat.
[5] L'art. 12 L. 212/2000 è stato formulato proprio a coronamento di un percorso di progressivo ampliamento dei diritti riconosciuti ai contribuenti, già affermati in molti altri Stati, e dal momento della sua vigenza si è formato in seno alla giurisprudenza un orientamento sempre più garantistico dell'indefettibilità del contraddittorio procedimentale.
[6] Peraltro, anche la stessa Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 25/E del 06/08/2014, nel dettare disposizioni su Accertamento, Prevenzione e contrasto all’evasione, ha rilevato l’importanza del rapporto con il contribuente che “nell’ambito dell’attività di controllo, si declina attraverso la partecipazione del cittadino al procedimento di accertamento mediante il contraddittorio, sia nella fase istruttoria sia nell’ambito degli istituti definitori della pretesa tributaria”.
[7] “La Corte di Giustizia UE (sent 18 dicembre 2008, in causa C-349/07, Sopropè) ha affermato in via generale, il carattere di diritto fondamentale comunitario del diritto di contraddire prima dell’avviso di accertamento” (così CTP Reggio Emilia 115/2016).
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