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Corte di Cassazione, Sez. V,
Ordinanza n. 1181 del 17 gennaio 2019
Rilevato e considerato:
1. che, con l'impugnata sentenza, la CTR confermava la prima decisione che aveva accolto il ricorso promosso dalla Società contribuente avverso l'avviso di accertamento IRES IVA IRAP 2007, con il quale l'amministrazione recuperava a tassazione quote di ammortamento relative a spese di manutenzione di un immobile «non di proprietà», bensì condotto in locazione; 2. che, dopo aver accertato «in fatto» che «l'intervento manutentivo era stato effettuato sull'immobile» in locazione, trattandosi di lavori di «sistemazione dell'intera area a servizio dell'attività produttiva», dopo aver evidenziato che il contratto di locazione faceva interamente carico delle spese di manutenzione la contribuente senza diritto a rimborso, la Regionale riteneva «in diritto», particolarmente in ragione «degli artt. 109, comma 1 e 108, comma 3, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917», la «fattibilità della procedura di ammortamento anche su beni non di proprietà»; 3. che l'ufficio ricorreva per un unico articolato motivo, mentre la contribuente resisteva con controricorso; 4. che con l'unico articolato motivo, lamentando la violazione dell'art. 109, comma 5, d.p.r. n. 917 cit., nonché la violazione dell'art. 2697 c.c., l'ufficio deduceva dapprima come fosse «incomprensibile» che la CTR avesse «ritenuto provato il requisito dell'inerenza», evidenziando a riguardo «la totale inerzia della società nel provare la correlazione e dunque l'inerenza dei costi relativi alle quote di ammortamento con l'attività tipica della impresa contribuente», anche «in considerazione del fatto che si trattava di immobile detenuto in locazione e dunque di proprietà di terzi», concludendo nel senso che le fatture prodotte facevano tutte riferimento «a lavori di costruzione ex novo di manufatti», che quindi le spese ammortizzate esulavano dagli obblighi di manutenzione contrattualmente pattuiti;
4.1. che il motivo, anche a prescindere dalla non sempre nitida articolazione delle censure, è comunque in parte qua inammissibile in quanto non trascrive le richiamate fatture, peraltro nemmeno indicando il luogo della loro produzione processuale, impedendo quindi alla Corte la verifica della corrispondenza di tali documenti rispetto a quanto affermato dalla contribuente, con il conseguente radicale difetto di autosufficienza (Cass. sez. III n. 8569 del 2013); che, ad ogni modo, il motivo è ulteriormente inammissibile laddove, con un mezzo non idoneo, quale quello della censura per violazione di legge, è inteso a porre in discussione l'accertamento «in fatto» compiuto dalla CTR, secondo la quale, invece, i lavori per le cui spese era stato fatto l'ammortamento erano stati effettivamente eseguiti sull'immobile in locazione, trattandosi di «sistemazione dell'intera area a servizio dell'attività produttiva» (Cass. sez. I n. 24155 del 2017): e, questo, viepiù, nella vigenza del «nuovo» art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., che un accesso a tale critica escluderebbe assolutamente, atteso che la motivazione «in fatto» della CTR è ben al di sopra del cosiddetto «minimo costituzionale» (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014); 4.2. che il motivo, laddove lamenta la violazione dell'art. 109, comma 5, d.p.r. n. 917 cit., escludendo che possa esservi stata inerenza «in considerazione del fatto che trattasi di immobile detenuto in locazione e dunque di proprietà di terzi», è anche infondato; 4.3. che, difatti, deve ritenersi superato l'anteriore orientamento che, anche sulla scorta della lettura dell'art. 102, comma 6, TUIR, che disciplina l'ammortamento delle spese incrementative del costo di acquisto, giungeva alla conclusione che solo il proprietario dell'immobile che avesse sostenuto il ridetto costo di acquisto poteva procedere all'ammortamento in discussione (v. p. es. Cass. sez. trib. n. 1834 del 2010, proprio sulla specifica questione dell'ammortamento di costi di manutenzione di immobile strumentale in locazione, seppur con riferimento a fattispecie regolata da legge anteriore a quella vigente); 4.4. che le Sezioni Unite di questa Corte hanno in effetti avuto recente occasione di chiarire, anche se espressamente solo in tema di detrazione IVA, ma con facile estensione del principio alla coordinata fattispecie della deducibilità dei costi sopportati per la manutenzione di immobili strumentali non di proprietà, che «l'esercente una attività d'impresa o professionale ha diritto alla detrazione IVA anche per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l'attività svolta, anche se potenziale o di prospettiva e pur se, per cause estranee al contribuente, detta attività non possa poi in concreto essere esercitata» (Cass. sez. un. n. 11533 del 2018, che ha in generale affermato che alla detrazione IVA, in forza dei principi ricavabili dal diritto unionale, v. Corte giust. 28 febbraio 2018 C-672/16, non è d'ostacolo il divieto di ammortamento ex art. 30, comma 2, lett. c) d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633; per la simmetrica questione della deducibilità dei costi, v. Cass. sez. trib. n. 13327 del 2011); 5. che l'impugnata sentenza, anche se corretta con la veduta diversa motivazione sub 4.3. s., deve essere perciò confermata senza rinvio; 6. che la recente composizione dell'evidenziato contrasto insorto nella sezione semplice, in tema di detrazione IVA relativa a spese di manutenzione su immobili non di proprietà, giustifica l'integrale compensazione delle spese; dandosi infine atto che l'ente pubblico non è tenuto al raddoppio del contributo (Cass. sez. VI n. 1778 del 2016).
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; compensa integralmente le spese. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2018
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