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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Ordinanza n. 958 del 16 gennaio 2019
RITENUTO IN FATTO
1. P., avvalendosi dell'art. 7 della legge 448 del 2001, con proroga ai sensi dell'art. 2, comma 2, del d.l. 282/2002, determinava il valore del proprio terreno mediante perizia giurata in € 100.000 alla data del 1-1- 2003. Successivamente vendeva tale terreno con atto del 18-6-2003 per la somma appunto di € 100.000,00.
2. L'Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei suoi confronti, rilevando che il terreno era stato assoggettato all'imposta di registro, con valore stimato in € 226.000,00, sicché la plusvalenza derivante dalla compravendita era di € 126.000,00.
3.La Commissione tributaria provinciale accoglievano in parte il ricorso determinando il valore alla data del trasferimento in C 162.720,00, in conformità con quanto già deciso da altra sezione della stessa commissione. 4. La Commissione tributaria regionale rigettava l'appello proposto dal contribuente, ritenendo che i giudici di prime cure avevano esaminato in modo esaustivo l'eccezione relativa alla carenza di motivazione dell'avviso di accertamento e che il valore definitivo del bene, già accertato in sede giudiziale, in relazione all'imposta di registro, doveva "assumersi anche ai fini della tassazione della plusvalenza realizzata dal cedente".
5. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il contribuente. 6. Resisteva con controricorso l'Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce "violazione della legge n. 241/1990, come modificata dalla legge 15/2005, in materia di motivazione degli atti amministrativi nonché dell'art. 7 della legge 212/2000 in materia di chiarezza e motivazione degli atti di natura tributaria in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.", in quanto l'Agenzia delle entrate ha utilizzato una motivazione per relationem, ma il P. non conosceva la rettifica al valore del terreno effettuata ai fini dell'imposta di registro. Inoltre, il ricorrente sostiene che "dalla lettura della sentenza impugnata non sembra che il Giudice di merito abbia adeguatamente approfondito l'eccezione preliminare". 1.1.Tale motivo è inammissibile. Invero, nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall'art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentirne la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (Cass.Civ., 9536/2013). Nella specie, il ricorrente non ha riportato il contenuto dell'avviso di accertamento.
2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con particolare riferimento alla valutazione dei beni e dei diritti oggetto dell'atto per notar XXX del 18 giugno 2003, registrato il 2 luglio 2003, serie 1T, numero 001523", in quanto la Commissione regionale ha
operato un mero rinvio, quanto al computo della plusvalenza da cessione del terreno, al valore attribuito, ai fini della imposta di registro, con altra decisione della Commissione provinciale, "trascurando il principio secondo cui il valore attribuito ai fini dell'imposta di registro non può essere ribaltato, sic et simpliciter, ai fini delle imposte dirette". Non si è, quindi, tenuto conto della circostanza che il contribuente si è avvalso della possibilità di determinare il valore del terreno, con il pagamento dell'imposta sostitutiva ai sensi dell'art. 7 della legge 448 del 2001, attraverso la redazione di una relazione di stima che ha accertato il valore del terreno all'1-1-2003 in € 100.000,00, con indicazione di tale valore nella successiva compravendita del 18-6-2003, quindi a distanza di soli pochi mesi, mentre l'Agenzia delle entrate ha stimato il valore in € 226.000,00, richiamando il valore attribuito all'immobile in sede di determinazione dell'imposta di registro. 2.1. Tale motivo è fondato. Invero, deve osservarsi che la tesi dell'Agenzia delle entrate, fatta propria dalla Commissione regionale, si fondava sul tralatizio orientamento giurisprudenziale (Cass.Civ., 16254/2015; Cass.,Civ., 14485/2009), per cui il valore del bene determinato ai fini della imposta di registro, spiegava effetto anche sulla determinazione della plusvalenza generata dalla cessione del medesimo bene; sicchè era onere del contribuente, al fine di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con quello coincidente con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro, dimostrare di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore Tale orientamento è stato, però, travolto dall'art. 5 comma 3 del d.l.gs. 14-9- 2015, n. 147, in base al quale "Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.p.r. 917/1986, e gli articoli 5, 5 bis, 6 e 7 del d.lgs. 446/1997, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonche' per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non e' presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al d.p.r. 131/1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al d.lgs. 31-10-1990, n. 347". Pertanto, per questa Corte, l'art. 5, comma 3, del d.lgs. 147/2015, che esclude l'accertamento induttivo della plusvalenza ricavata dalla cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria o catastale, è una norma interpretativa e, come tale, retroattiva, in ragione del chiaro intento del legislatore, desumibile, peraltro, dal comma 4 del detto articolo che contempla una disciplina transitoria solo per le disposizioni di cui al comma 1, senza nulla statuire per quelle contenute nei commi 2 e 3 (Cass.Civ., 18 aprile 2018, n. 9513; Cass.Civ., 17 maggio 2017, n. 12265; Cass.Civ., 2 agosto 2017, n. 19227). La presunzione suindicata, quindi, non è più legittima, in base alla novella legislativa, solo sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro (Cass.Civ., n. 6135/2016; Cass.Civ., n. 11543 del 2016).
3. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., con l'accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.
4. Le spese del giudizio vanno integralmente compensate tra le parti, in quanto la controversia è stata decisa in base alla intervenuta norma interpretativa.
P.Q.M.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Dichiara interamente compensate le spese dell'intero giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 29 ottobre 2018
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