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Estratto: “Tanto premesso, nel caso di specie non è contestato né che i figli del ricorrente si trovassero nelle condizioni di familiari a carico ai sensi dell'art. 12 d.P.R. n. 917 del 1986, richiamato (nei limiti appena illustrati) dal successivo art. 15; né che gli oneri in questione siano stati effettivamente sostenuti, per l'importo dichiarato, dal contribuente ricorrente nell'interesse dei figli; né, infine, che i relativi esborsi rientrassero nell'ambito oggettivo di quelli detraibili ai sensi del predetto art. 15 e siano stati detratti nei limiti percentuali disposti da tale norma. L'unico rilievo contestato dall’Amministrazione e tuttora controverso consiste invece nella mancata indicazione, nella dichiarazione del contribuente, nell'apposito spazio della parte del quadro RP dedicata ai dati dei familiari a carico, ed accanto alla menzione dei figli, della voce «Percentuale di deduzione spettante». Ma tale omissione, (…) di per sé sola non elide tuttavia la qualità di familiari a carico dei figli e quindi non comporta la negazione della detrazione”.

Questa serie di articoli è pensata per gli avvocati, dottori, e collaboratori del nostro studio DLP, per un continuo esponenziale miglioramento.

All’interno della serie riporterò alcuni “discorsi” degni di pregio provenienti da personaggi noti, discorsi ricchi di significato e capaci di suscitare emozioni e di ispirare; ciò per darvi dei concreti esempi di “come”, tramite il linguaggio, sia possibile ispirare, emozionare, e “muovere” chi ci ascolta.

Estratto: “Ciò premesso in materia di rettifiche di valori degli immobili questa Corte ha recentemente enunciato il principio secondo il quale «Nell'ipotesi in cui siano state mosse critiche puntuali e dettagliate alla valutazione della stima UTE, il giudice che intende disattenderle ha l'obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni rassegnate dall'Ufficio”.

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Estratto: “Questa Corte ha, infatti, reiteratamente precisato che «in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000». (cfr. Sez. 6- 5, n. 8749 del 10/04/2018, Rv. 647732 - 01; conf. Sez. 5, n. 5149 del 16/03/2016, Rv. 639141- 01). Invero, «in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall'Amministrazione finanziaria, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa». (Sez. 6 - 5, n. 22786 del 09/11/2015, Rv. 637204 - 01)”.

Estratto: “(...) l'orientamento più recente di questa Sezione, ha ritenuto di dover procedere ad un'interpretazione orientata al quadro costituzionale ed euro unitario di riferimento in applicazione dei due principi cardine del diritto comunitario regolanti il diritto fondamentale al contraddittorio endoprocedimentale, quali, il principio dell'equivalenza (secondo cui le modalità previste per l'applicazione del tributo armonizzato non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano analoghi procedimenti amministrativi per tributi di natura interna) ed il principio di effettività (secondo cui la disciplina nazionale non deve rendere in concreto impossibili o eccessivamente gravoso l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'unione, dovendo porre il contribuente nelle condizioni di esercitare il contraddittorio). La nuova prospettiva ermeneutica, ha desunto l'applicazione di tali principi dall'esame di una serie di pronunce in cui la Corte di Giustizia Europea ha applicato il diritto al contraddittorio, coerentemente con la sua natura di diritto fondamentale (artt. 41 e 47 CDFUE), nei casi in cui il diritto comunitario non disciplini espressamente le modalità di esercizio di tale fondamentale diritto di difesa, statuendo le condizioni in base alle quali il diritto nazionale possa essere ritenuto rispettoso del diritto comunitario, nel disciplinare condizioni ed effetti del diritto al contraddittorio endoprocedimentale”.

Estratto: “E' principio consolidato di questa Corte, che l'unitarietà dell'accertamento del maggior reddito delle società di persone e dei soci delle stesse, ex art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, comporta un litisconsorzio necessario tra società e soci, in difetto del quale la sentenza, anche di appello, è affetta da radicale nullità ed il procedimento deve essere rinviato al giudice di primo grado (ex plurimis, cfr. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 1472 del 22/01/2018, Rv. 647100-01; n. 20024 del 2017, Rv. 645298 - 01; n. 29843 del 2017, Rv. 646522-01; n. 26071 del 2015; in tema di Irap, cfr. Sez. U, Sentenza n. 10145 del 20/06/2012, Rv. 622713-01; v., altresì, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15566 del 27/07/2016, Rv. 640634-01, che ha ribadito il principio estendendolo all'impugnazione dell'avviso proposto dal socio occulto di società di persone)”.

Estratto: “Questa Suprema Corte (...) più di recente ha già avuto modo di chiarire che "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 - che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva - esclude che l'Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Il riferimento contenuto nella detta norma all'imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali svolge una funzione esemplificativa, volta esclusivamente a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispetto a quella prevista per l'IRPEF (corrispettivo)", Cass. sez. V, n. 19227 del 2017 (conf. 27614 del 2018)”.

Estratto: “La riportata motivazione, al di là della poca comprensibilità di alcuni passaggi, appare chiaramente interessare - come emerge dal primo periodo (riferito alla cartella di pagamento e al suo ritiro, da cui la conclusione che essa "è pervenuta nella sfera di conoscibilità del contribuente") - la notificazione delle cartelle oggetto di impugnazione e non quella dei pregressi avvisi di accertamento, autentico oggetto di contestazione. Tale conclusione è ulteriormente rafforzata dal fatto che la decisione, poi, ritiene l'irrilevanza della "regolarità della notifica" perché "estranea ed indipendente dalla validità dell'atto che giunge ... a destinazione". Un simile esito, infatti, si giustifica solo ove si fosse ritenuta viziata la notificazione dell'atto impugnato (i.e. le cartelle), da cui la funzione sanante del proposto ricorso. 2.5. Ne deriva l'assoluta incongruenza della motivazione rispetto all'oggetto del giudizio, da cui la nullità della sentenza”.