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L’Agenzia notifica ad un numero civico diverso rispetto al domicilio fiscale. Confermata la completa nullità della cartella notificata al contribuente.

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Estratto: “Il motivo, prima ancora che infondato (In tema di accertamento delle/ imposte sui redditi, la notificazione dell'avviso effettuata presso la residenza anagrafica invece che presso il diverso indirizzo indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, situato sempre nel medesimo comune di domicilio fiscale, non è valida, atteso che tale indicazione equivale ad elezione di domicilio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 58 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973: cfr. Cass. nn. 23024 e 15258 del 2015), è inammissibile”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 20939 del 6 agosto 2019

RILEVATO CHE:

1. B. impugnava la cartella esattoriale notificatagli per il pagamento di IVA, IRPEF ed IRAP 2003, eccependo l'illegittimità della notifica del prodromico avviso di accertamento, effettuato dall'Agenzia alla via XXX 79 del Comune di XXX anziché al numero civico ZZZ della stessa strada, dove, secondo quanto risultava dalla sua partita Iva e dalla dichiarazione dei redditi del 2005, egli aveva domicilio fiscale.. La CTP di Palermo accoglieva il ricorso. L'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate contro la decisione è stato respinto dalla CTR della Sicilia, con sentenza del 25.1.2012. Il giudice ha rilevato che la notifica dell'avviso, eseguita a mezzo posta alla via XXX n. 79 di XXX, con successivo deposito del plico, stante il mancato reperimento del contribuente, presso l'ufficio postale, era nulla in quanto al predetto indirizzo non erano ubicati né il domicilio fiscale del B. - dove la notifica avrebbe dovuto essere eseguita - né l'abitazione, l'ufficio o l'azienda del contribuente. L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza sorretto da un solo motivo. Il contribuente resiste con controricorso.

CONSIDERATO CHE:

2. Con l'unico motivo, l'Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 60 d.P.R. 600/73 e dell'art. 8 L. 890/82, ex art. 360 n. 3 c.p.c, per avere i giudici territoriali ritenuto nulla la notificazione dell'avviso effettuata presso la residenza anagrafica del contribuente anziché presso il suo domicilio fiscale; deduce, in particolare, che la notifica va eseguita presso il domicilio fiscale solo nel caso di elezione dello stesso ai sensi della lettera d) del cit. art. 60 e non anche nel caso di dichiarazione di domicilio, consistente nell'indicazione del luogo compreso nel Comune di residenza anagrafica in cui è possibile notificare gli atti.

3. Il motivo, prima ancora che infondato (In tema di accertamento delle/ imposte sui redditi, la notificazione dell'avviso effettuata presso la residenza anagrafica invece che presso il diverso indirizzo indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, situato sempre nel medesimo comune di domicilio fiscale, non è valida, atteso che tale indicazione equivale ad elezione di domicilio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 58 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973: cfr. Cass. nn. 23024 e 15258 del 2015), è inammissibile sotto un duplice profilo.

3.1. In primo luogo l'Ufficio si limita ad affermare che la notifica venne eseguita presso la residenza anagrafica del B., ma tale circostanza non emerge dalla lettura della sentenza impugnata e non può pertanto ritenersi accertata. Ne consegue che, nel rispetto del requisito di specificità di cui all'art. 366, 10comma n. 6 c.p.c., la ricorrente avrebbe dovuto allegare al ricorso il certificato che attestava che alla data della notifica dell'avviso il contribuente risultava risiedere alla via XXX 79 di XXX, o avrebbe quantomeno dovuto indicare in quale esatta sede processuale il certificato era stato prodotto.

3.2.11 motivo, inoltre, non investe l'assunto della CTR secondo cui al predetto indirizzo il B. non aveva né l'abitazione, né l'ufficio né l'azienda, che costituisce implicito accertamento in fatto della non corrispondenza fra il luogo di residenza del contribuente (eventualmente) risultante dalla certificazione anagrafica, avente valore meramente presuntivo, ed il luogo di sua residenza effettiva. Il ricorso va dunque respinto, con aggravio di spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna l'Agenzia delle Entrate alla refusione delle spese sostenute dal contribuente, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario, iva e c.p.a come per legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione, il 25.10. 2018.

 

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DLP