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Corte di Cassazione, Sez. 5
Sentenza n. 19815 del 23 luglio 2019
FATTI DI CAUSA
1. R. Sri in liquidazione impugnò innanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Bolzano la cartella di pagamento che recuperava a tassazione maggiore IRES, per l'anno d'imposta 2009, per effetto del disconoscimento del beneficio della detrazione del 55% per spese relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici, prevista dall'art. 1, commi 344 e seguenti, della legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007).
2. Il giudice di primo grado, con sentenza n. 122/2015, accolse il ricorso e tale decisione è stata confermata dalla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano che, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l'appello dell'Agenzia.
3. La Commissione ha premesso che: diversamente da quanto prospettato dall'ufficio, l'art. 1, commi 344 e seguenti, cit., istitutivo dell'agevolazione, non prevede che la detrazione spetti solo a chi attua l'intervento di riqualificazione energetica sull'immobile, utilizzandolo direttamente; l'art. 2, comma 1, lett. b), del d.m. 19/07/2007 (di attuazione della misura normativa) specifica, testualmente, che la detrazione spetta "ai soggetti titolari di reddito d'impresa che sostengono le spese per la esecuzione degli interventi di cui al predetto art. 1, commi da 2 a 5, sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti.", mentre il secondo comma dello stesso articolo, in deroga a tale principio, dispone che, nel caso in cui gli interventi siano eseguiti mediante contratti di locazione finanziaria, la detrazione compete all'utilizzatore ed è determinata in base al costo sostenuto dalla società concedente. Nel caso di specie, a giudizio della Commissione, alla contribuente va riconosciuta la detrazione, avendo essa provveduto ad effettuare gli interventi di riqualificazione energetica sull'edificio che ha concesso a terzi a titolo di locazione e non a titolo di leasing.
4. L'Agenzia ricorre, con un motivo, per la cassazione di questa sentenza; la società è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo del ricorso, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 1, commi 344 e seguenti, della legge n. 296/2006 e del relativo decreto ministeriale attuativo 19/02/2007, l'Agenzia premette che è pacifico in causa che gli immobili per i quali è chiesta l'agevolazione non sono "beni strumentali", direttamente fruiti, ma sono edifici locati a terzi dalla contribuente, quale società di gestione immobiliare. Assume che la normativa fiscale in materia di riqualificazione energetica è finalizzata a promuovere il miglioramento delle prestazioni energetiche attraverso l'attribuzione di un beneficio che, in virtù di un'"interpretazione sistematica", è riferibile esclusivamente agli utilizzatori degli immobili oggetto dell'intervento, sicché, per quanto concerne la fruizione della detrazione da parte dei titolari di redditi d'impresa (incluse le società), essa spetta solo con riferimento ai fabbricati strumentali all'esercizio dell'attività imprenditoriale. Tali non sono - secondo la prospettazione erariale - gli immobili che costituiscono (come nel caso di specie) l'oggetto dell'attività d'impresa. Ove si riconoscesse la detrazione del 55% anche alle società immobiliari di locazione, infatti, ne deriverebbe un ingiustificato beneficio a favore di tali enti, confliggente con lo scopo della normativa di settore che, come suaccennato, sta nel favorire esclusivamente i soggetti che utilizzano i beni, restituendo loro parte della spesa effettuata in un'ottica di risparmio energetico. Del resto - soggiunge l'Agenzia - nel caso di società, la determinazione del reddito di impresa, effettuata sulla base delle disposizioni del TUIR, è la risultante di una somma algebrica tra componenti positivi e componenti negativi e l'imprenditore, anche in relazione agli immobili che compongono l'azienda, determina il risultato finale tenendo conto anche dei costi riguardanti detti cespiti. Sicché concedere alle società di gestione immobiliare l'agevolazione fiscale significherebbe riconoscere loro una duplicazione di "deduzioni", evenienza, questa, negata anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 17/06/2015, n. 12466), che si è occupata dell'analoga questione dell'agevolazione per interventi di ristrutturazione, introdotta dall'art. 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. In conclusione, la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere tenuto conto dello "spirito" della norma agevolativa e delle circostanze del caso concreto, dovendosi riconoscere che alle società commerciali, titolari di reddito d'impresa, l'agevolazione del 55% per interventi di riqualificazione spetta unicamente per i "fabbricati strumentali", utilizzati nell'esercizio dell'impresa, e non anche per i fabbricati che (come avviene nel caso di specie) ne rappresentano l'oggetto (c.d. "beni-merce").
1.1. Il motivo è infondato. È il caso di premettere che questa decisione è conforme alle seguenti, altre pronunce emesse da questa Corte, all'esito dell'odierna pubblica udienza, riguardanti la medesima materia del contendere: cause rg. nn. 9956/2018, 14121/2017, 9209/2018, 23507/2018.
1.1.1. L'art. 1, commi 344 e seguenti, della legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007), ha previsto che, per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente. Il decreto del ministero dell'economia e delle finanze del 19 febbraio 2007, attuativo di tale articolo, con riferimento ai "soggetti ammessi alla detrazione", prevede che il bonus del 55% per interventi di risparmio energetico spetti alle persone fisiche, non titolari di reddito d'impresa, (art. 2, primo comma, lett. a) e anche ai soggetti titolari di reddito d'impresa che sostengono le spese per l'esecuzione degli interventi di risparmio energetico sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti (art. 2, primo comma, lett. b). Il secondo comma dell'art. 2 dispone che, nel caso in cui gli interventi di cui al primo comma siano eseguiti mediante contratti di locazione finanziaria, la detrazione compete all'utilizzatore ed è determinata in base al costo sostenuto dalla società concedente. Composto il quadro normativo di riferimento, è ovvio che la detrazione d'imposta, ossia il bonus fiscale del 55%, è finalizzata alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti e si rivolge ad un'ampia platea di beneficiari ("soggetti ammessi alla detrazione"), siano essi "persone fisiche", "non titolari di reddito d'impresa", o "soggetti titolari di reddito di impresa", incluse le società, con la precisazione che, se gli immobili sui quali è effettuato l'intervento sono concessi a terzi a titolo di leasing, la detrazione è comunque dovuta, ma compete all'utilizzatore anziché alla società concedente.
1.1.2. L'Agenzia ritiene che, per i redditi d'impresa (inclusi quelli prodotti dalle società), il bonus del 55% spetti solo per gli interventi sui "fabbricati strumentali" all'attività sociale, mentre dovrebbero rimanere esclusi dall'agevolazione gli "immobili-merce" (o "beni-merce"), categoria nella quale inserisce anche quelli locati a terzi dalle società di gestione immobiliare. Una simile chiave di lettura, secondo l'ottica erariale, trova puntuale riscontro nella risoluzione 340/E/2008, ove l'Agenzia ha affermato che l'attribuzione del beneficio «per un'interpretazione sistematica è riferibile esclusivamente agli utilizzatori degli immobili oggetto degli interventi». Per quanto concerne la fruizione della detrazione da parte delle società e dei titolari di reddito d'impresa - afferma la risoluzione -, essa compete solo in relazione ai "fabbricati strumentali" utilizzati nell'esercizio dell'attività imprenditoriale (ossia in relazione agli immobili la cui unica destinazione è di essere direttamente impiegati per l'espletamento delle attività tipicamente imprenditoriali, e cioè quelli che, per destinazione, sono inseriti nel complesso aziendale e non sono, quindi, suscettibili di creare un reddito autonomo). In particolare, per le imprese, condizione per potere fruire della detrazione è che all'intervento di risparmio energetico consegua un'effettiva riduzione dei consumi energetici nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, mentre l'agevolazione non può riguardare gli interventi realizzati su beni oggetto dell'attività esercitata, come nel caso degli immobili locati a terzi.
1.1.3. In merito a tale ipotesi ricostruttiva della fisionomia del bonus fiscale, questa Corte rileva, innanzitutto, che la citata risoluzione, sul piano giuridico, è solo un parere formulato dall'Agenzia in risposta ad uno specifico quesito di un contribuente, che non vincola né il destinatario né a maggior ragione il giudice, conformemente a quanto stabilito dalle sezioni unite (Cass. sez. un. 2/11/2007, n. 23031) che, con riferimento allìanaloga questione della qualificazione giuridica delle circolari dell'Amministrazione finanziaria, hanno precisato che: «La circolare con la quale l'Agenzia delle entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati, esprime esclusivamente un parere dell'amministrazione non vincolante per il contribuente (oltre che per gli uffici, per la stessa autorità che l'ha emanata e per il giudice) [...]» (conf.: Cass. 21/03/2014, n. 6699). Nel caso concreto, la delimitazione del perimetro applicativo della detrazione, che l'Amministrazione finanziaria assume essere coerente con una "interpretazione sistematica" della normativa di settore, a giudizio di questa Corte, innanzitutto, collide con il carattere di "detrazione dall'imposta" proprio del beneficio fiscale, che è estraneo al diverso tema della quantificazione del "reddito imponibile", che, invece, assiste la linea argomentativa del fisco; in secondo luogo, è incompatibile con l'interpretazione letterale delle norme che introducono l'agevolazione fiscale, senza prevedere alcuna limitazione soggettiva. Nell'ipotesi in cui l'interpretazione letterale di una norma di legge o di una norma secondaria sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro e univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l'interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercé l'esame complessivo del testo, della "mens legis", specie se, attraverso siffatto procedimento possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma sì come inequivocabilmente espressa dal legislatore. Soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l'elemento letterale e l'intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, sicché il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all'equivocità del testo da interpretare (in senso conforme: Cass. 4/10/2018, n. 24165, in motivazione; 6/04/2001, n. 5128). In relazione al bonus fiscale, la ratio legis, che traspare con chiarezza dal testo normativo, il cui contenuto precettivo appare privo di zone d'ombra, consiste nell'intento d'incentivare gli interventi di miglioramento energetico dell'intero patrimonio immobiliare nazionale, in funzione della tutela dell'interesse pubblico ad un generalizzato risparmio energetico, ed è coerente e si salda con il tenore letterale delle norme di riferimento, le quali non pongono alcuna limitazione, né di tipo oggettivo (con riferimento alle categorie catastali degli immobili), né di tipo soggettivo (riconoscendo il bonus a "persone fisiche", "non titolari di reddito d'impresa", titolari di "reddito d'impresa", incluse ovviamente le società), alla generalizzata operatività della detrazione d'imposta.
1.1.4. L'art. 12 delle preleggi enuncia tutti i criteri ermeneutici della legge, primo tra essi quello dell'interpretazione letterale - espressione del principio "in claris non fit interpretatio" -, in base al quale nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall'intenzione del legislatore. Sono invece strumenti esegetici sussidiari sia quello dell'interpretazione estensiva, che consente l'utilizzazione di norme regolanti casi simili (e non già identici), sia quello dell'interpretazione analogica (analogia legis), che permette l'utilizzazione di norme che disciplinano materie analoghe, ossia istituti diversi aventi solo qualche punto in comune con il caso da decidere (in senso conforme: Cass. 24/07/1990, n. 7494). Per tale ragione, tornando alla fattispecie concreta, il flebile criterio di "interpretazione sistematica" del beneficio fiscale al quale genericamente allude l'Amministrazione finanziaria non può che essere recessivo rispetto al prioritario canone dell'interpretazione letterale, eventualmente integrato (secondo quanto sopra specificato) da quello dell'intenzione del legislatore. A conferma della validità dell'interpretazione testuale del dato normativo, rafforzata dall'univoca intenzione del legislatore, si rileva che, senza che ciò comporti alcuna riduzione della platea dei destinatari del beneficio, una norma speciale (come suaccennato) stabilisce che, trattandosi di locazione finanziaria, la detrazione (spettante, giova sottolinearlo, anche in tale ipotesi negoziale, come nella generalità dei casi) non compete alla società concedente, ma all'utilizzatore.
1.1.5. Precisato che non esiste un'analoga norma speciale per le imprese (incluse le società) la cui attività consista nella locazione immobiliare (anziché nella locazione finanziaria dei medesimi beni), è evidente che, in tale ultima ipotesi (e ciò avviene nella fattispecie concreta), negata l'introduzione, da parte dell'interprete, di distinzioni soggettive svincolate da una solida base testuale, il diritto alla detrazione dall'imposta - senz'altro sussistente - spetta al proprietario/locatore (che, nella locazione tout court, a differenza di quanto di solito accade in materia di leasing, è proprio il soggetto che compie l'intervento migliorativo, sopportandone il costo) e non al conduttore, sempreché, ovviamente, si tratti di "importi rimasti a carico" del locatore e che, quindi, per previsione negoziale, non debbano essere sostenuti dal conduttore medesimo. L'inserimento, nell'ambito delle norme fiscali in materia di riqualificazione energetica degli immobili, in virtù di un'indefinita "interpretazione sistematica", di eccezioni e limitazioni alla fruizione generalizzata (sul piano oggettivo e sul piano soggettivo) del bonus del 55% - eccentriche, come si è visto, rispetto all'univoco significato delle disposizioni -, configurerebbe un artificiale fattore ostativo, astrattamente idoneo a depotenziare la volontà del legislatore.
1.1.6. D'altra parte, ad un'identica soluzione si perviene anche ragionando (come mostra di fare l'Amministrazione finanziaria) secondo un'ottica (estranea alla ratio legis del bonus fiscale) di quantificazione del reddito imponibile delle imprese. Com'è stato evidenziato dalla dottrina, la distinzione, formulata nelle circolari interpretative, tra "immobili strumentali" (destinati, ex art. 43, comma 2, TUIR, alla produzione propria o di terzi), "immobili-merce" (destinati al mercato di compravendita) e "immobili-patrimonio" (destinati al mercato locativo, ai sensi degli artt. 37, 90, TUIR), non rileva ex se, ma incide solo sul piano contabile e fiscale. L'art. 1, comma 344, (Finanziaria 2007), cit., come suaccennato (§ 1.1.1.), non mostra alcuna differenza oggettiva e riconosce la detrazione d'imposta per gli interventi di risparmio energetico (consequenziali alla direttiva comunitaria in materia, che, a sua volta, non contiene distinzioni) "per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente". Il comma 20, della legge 244/2007 (art.1) recepisce le modalità applicative del d.m. 19/02/2007, che, all'art. 2, comma 1, lett. b), si riferisce, senza distinzioni, ai soggetti titolari di redditi d'impresa.
Il richiamo testuale agli "importi rimasti a carico" potrebbe essere letto secondo una chiave interpretativa diversa da quella sopra indicata (§ 1.1.5.), vale a dire come un indice rivelatore (nel comma 344) del fatto che la detrazione d'imposta spetta nella misura in cui il costo "a monte" non sia altrimenti deducibile. L'art. 90, comma 2, TUIR, afferma che le spese relative agli "immobili-patrimonio" non sono ammesse in deduzione; ciò che accade perché, riguardo specificamente ai fabbricati concessi in locazione (non costituenti "beni strumentali" o "beni-merce"), il reddito è determinato, di regola, ponendo a confronto il canone di locazione, ridotto fino a un massimo del 15% dello stesso, e le spese di manutenzione ordinaria (art. 3, comma 1, lett. a, dpr 380/2001), documentate ed effettivamente rimaste a carico (vale a dire non recuperate dagli inquilini). L'articolo (90, comma 2, TUIR), dunque, speciale e derogatorio rispetto al principio generale dell'inerenza dei componenti negativi del reddito, sancisce un divieto assoluto di deducibilità per tutti i componenti negativi relativi agli "immobili-patrimonio". Al riguardo, questa Corte, anche di recente, ha precisato che: «In tema di redditi d'impresa, i beni immobili non strumentali né riconducibili ai beni-merce agli effetti dell'art. 57 (ora 90) del d.P.R. n. 917 del 1986 - che prevede l'indeducibilità dei relativi costi ed il concorso alla formazione del reddito secondo la disciplina sui redditi fondiari - vanno individuati in ragione della loro natura e della destinazione all'attività di produzione o di scambio oggetto dell'attività d'impresa. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che aveva escluso la strumentalità di numerosi cespiti appartenenti ad un'impresa commerciale, operante nel settore immobiliare, in quanto locati a terzi, senza approfondire se gli stessi fossero, in tutto o in parte, destinati alla vendita).» (Cass. 25/01/2019, n. 2153). Nel caso concreto, in ragione dell'indeducibilità delle spese di miglioramento energetico, benché inerenti e migliorative, il bonus fiscale del 55% spetta alla società contribuente, esattamente come spetterebbe ad una persona fisica, non titolare di redditi d'impresa, che nulla può dedurre dalla base imponibile.
1.1.7. Al fine di corroborare la tesi dell'esclusione del beneficio fiscale per le spese sostenute dalla società contribuente per la riqualificazione energetica dell'immobile locato, in ragione delle sua natura non strumentale, l'Agenzia richiama la giurisprudenza di legittimità (Cass. 17/06/2015, n. 12466), riguardante la fattispecie agevolativa di cui all'art. 1, della legge n. 449/1997, in materia di disposizioni tributarie concernenti interventi di recupero del patrimonio edilizio. Secondo tale arresto giurisprudenziale: «In tema di reddito di impresa, la norma di agevolazione introdotta dall'art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, si riferisce alla sola ipotesi di determinazione del reddito immobiliare secondo il criterio del reddito fondiario, atteso che, in questa ipotesi, i costi sostenuti [in particolare, per gli interventi di ristrutturazione] non concorrono come componenti negativi ma costituiscono un onere per alleviare il quale il legislatore ha introdotto tale beneficio; viceversa, in caso di redditi derivanti da immobili strumentali, il reddito è il risultato della somma tra le entrate e i costi sostenuti, deducibili dall'imponibile, sicché l'applicazione della suddetta agevolazione si tradurrebbe in una duplicazione della deduzione e, dunque, in una indebita locupletazione poiché non correlata ad un costo effettivamente rimasto a carico dell'imprenditore.». A prescindere dalla constatazione che, per un verso, questa giurisprudenza esclude un certo beneficio per i "beni strumentali", laddove, invece, nella presente controversia, l'Amministrazione fiscale sostiene che la detrazione fiscale spetti solo per la riqualificazione energetica dei "beni strumentali" e che, per altro verso, Cass. 12466/2015 si occupa del tema della "deduzione" di costi - al fine di quantificare la base imponibile delle imprese, consistente, in linea di massima, com'è noto, nella differenza tra i costi e i ricavi - e non della materia, in generale non sovrapponibile alla prima, della "detrazione" dall'imposta, va qui rimarcato che tale pronuncia non è per nulla "in termini" rispetto alla materia del contendere anche da un altro punto di vista, in ragione del fatto che l'agevolazione di cui al detto art. 1, della legge n. 449/1997, secondo il significato letterale della norma, era espressamente volta ad incentivare gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, con riferimento "all'imposta sul reddito delle persone fisiche". La Corte, quindi, con l'ordinanza n. 12466/2015, ha risolto la questione dell'applicazione estensiva del beneficio a favore dei soggetti economici diversi dalle persone fisiche (che erano le uniche menzionate dalla norma), ed è giunta alla condivisibile conclusione (rispettosa di un'esigenza di parità di trattamento delle persone fisiche e delle imprese) che la norma agevolativa si riferisse soltanto ai "beni patrimoniali" (e non ai "beni strumentali"), produttivi di reddito fondiario, i cui costi (nella specie, gli interventi di ristrutturazione), non concorrono, come componenti negativi, alla formazione del reddito di impresa, ma costituiscono un onere che il legislatore ha inteso attenuare riconoscendo il beneficio. Nella stessa prospettiva, invece, è stato escluso che l'agevolazione si applicasse ai redditi d'impresa (delle società) derivanti dagli immobili che sono da considerarsi "strumentali" o "beni-merce", posto che detto reddito è la risultante della differenza tra costi e ricavi, essendo i primi già dedotti dall'imponibile, sicché, se anche in quest'ipotesi si riconoscesse l'agevolazione, ne deriverebbe una duplicazione delle "deduzioni" e, in definitiva, un indebito arricchimento dell'imprenditore. Nella fattispecie concreta, al contrario, il beneficio fiscale introdotto dalla Finanziaria 2007 non riguarda (testualmente) la più limitata categoria dei (soli) soggetti IRPEF, ma è diretta (di regola, salva l'ipotesi speciale del leasing, nella quale la detrazione - senz'altro dovuta - spetta al conduttore) a beneficio di tutte le categorie immobiliari e di tutti i soggetti che ne hanno la proprietà, inclusi i titolari di reddito d'impresa (e le società), a condizione che questi ultimi abbiano sostenuto spese per il potenziamento dei loro cespiti (ed a prescindere dalla categoria reddituale di riferimento), in coerenza con la finalità pubblicistica di un generalizzato miglioramento energetico del patrimonio immobiliare nazionale, che rimarrebbe parzialmente (con riferimento ai beni posseduti dalle società di gestione immobiliare) indebolita a causa dell'interpretazione restrittiva proposta dall'Agenzia.
1.1.8. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: «Il beneficio fiscale, consistente in una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente, di cui all'artt. 1, commi 344 e seguenti, della legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) e al decreto del ministero dell'economia e delle finanze del 19 febbraio 2007, per le spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta anche ai soggetti titolari di reddito d'impresa (incluse le società), i quali abbiano sostenuto le spese per l'esecuzione degli interventi di risparmio energetico su edifici concessi in locazione a terzi.». 2. Ne consegue il rigetto del ricorso. 3. Nulla occorre disporre sulle spese del giudizio di legittimità, al quale l'intimata non ha partecipato. 4. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
PQM
la Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 25/06/2019
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