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AVVISO DI LIQUIDAZIONE AVENTE AD OGGETTO  LA CLAUSOLA INSERITA NEL CONTRATTO DI LOCAZIONE AD USO ABITATIVO IN CASO DI OMESSO  O RITARDATO VERSAMENTO DEI CANONI DI LOCAZIONE. CHIARIMENTI IN ORDINE ALLA QUALIFICAZIONE E AGLI EFFETTI DELLA CLAUSOLA

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Estratto: “La "previsione", per il caso di omesso o ritardato versamento dei canoni della locazione, oggetto del contendere, sancita nell'art. 9, del pagamento di un interesse legale di mora, non integra una clausola penale, non avendo obiettivamente una funzione rafforzativa del vincolo contrattuale, anche se l'adempimento o l'inadempimento cui è connessa sono eventi, non esterni, ma intrinseci alla causa del contratto, e non essendo frutto di una ulteriore e particolare volontà pattizia andatasi ad aggiungere, per volontà discrezionale delle parti, ad una regolamentazione contrattuale già di per sé compiuta e autosufficiente”.

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Sentenza del 22/11/2019 n. 4690 - Comm. Trib. Reg. per la Lombardia Sezione/Collegio 7

L'appellante-contribuente, Srl O., chiede che, in riforma dell'impugnata sentenza n. 5320/18/2018, venga annullato l'avviso di liquidazione, meglio descritto in epigrafe.

Giustifica l'invocata riforma della sentenza n. 5320/18/2018, con cui la CTP di Milano ha rigettato il ricorso perché "oggetto dell'avviso di liquidazione dell'imposta in misura fissa, ex artt. 20 e 21, c.1DPR 131/86 e art. 11, tariffa parte prima allegata, è la clausola, che secondo la ricorrente non sarebbe qualificabile come penale, inserita in un contratto di locazione ad uso abitativo con la quale viene previsto che, in caso di mancato o ritardato pagamento, anche parziale, del corrispettivo o degli oneri accessori e delle spese a carico di parte conduttrice, questa è tenuta a corrispondere sulle somme dovute e per il tempo del mancato o ritardato pagamento un interesse legale di mora, dal giorno della scadenza del pagamento, come stabilito dal Dlgs. 231/2002, modificato dal Dlgs. 192/2012; l'art. 1382 cod. civ. statuisce che "la clausola con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell' adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla " prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore; da una esegesi del contratto, in parola, risulta che le parti abbiano inteso riconnettere all'inadempimento o al ritardo nell'adempimento della prestazione relativa al corrispettivo della locazione ad uso abitativo l'applicazione degli interessi nella misura stabilita dal D. lgs. 231/2002, in materia di transazioni commerciali, e ciò, sin dalla data del mancato pagamento, invece che da quella in cui è proposta la domanda giudiziale, ai sensi dell'art. 1284, c. 4, cod. civ. novellato; l'applicazione del predetto saggio di interessi è stabilita in via pattizia, con l'evidente finalità di fungere da penale per l'inadempimento o il ritardo, in relazione alla prestazione relativa al pagamento dei canoni di locazione", deducendo 1) che la sentenza impugnata è nulla per oggettiva impossibilità di individuare l'iter logico-giuridico seguito dalla CTP per rigettare il ricorso della contribuente e ritenere dovuta l'imposta di registro, di E. 200,00, richiesta dall'A.E. con l'avviso di liquidazione impugnato indicante come unica motivazione " omesso versamento imposta di registro per clausola penale", senza alcun riferimento di legge volto a qualificare l'art. 9 del contratto di locazione ad uso abitativo, di un immobile sito in M., via G., 18 , in cui era previsto, in caso di ritardato versamento dei canoni, il pagamento di un interesse legale di mora, come stabilito dal DLgs. 231/2002, modificato dal Dlgs. 192/2012; 2) che, ai sensi degli artt. 52, c. 2 bis, TUR e 7 L. 212/2000, l'atto impositivo, pur avendo carattere di provocatio ad opponendum, deve essere motivato con l'indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo hanno determinato al fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva e di contestarne an e quantum. Il vizio di omessa motivazione non è sanabile in sede contenziosa e gli atti che ne sono affetti vanno annullati; 3) che la qualificazione degli interessi moratori, perché tali sono quelli previsti all'art. 9 del contratto di locazione, come clausola penale viola la Direttiva 2008/48/CE, che la vieta.

D'altra parte, l'assimilazione tra i due istituti è interdetta anche dal raffronto, tra l'art. 1382 cod. civ. (clausola penale), ai sensi del quale" la clausola con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore", e l'art. 1224, c. 2, cod. civ.(interessi di mora), ai sensi del quale, invece, "al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori". La giurisprudenza di merito ritiene che la previsione di interessi di mora non ha natura coercitiva, ma risarcitoria, consistendo in una liquidazione anticipata, presuntiva, forfettaria, proporzionata al protrarsi dell'inadempienza e alla gravità del danno causato dal locatario.

E' da aggiungere che, il principio dell'applicazione di interessi di mora per i ritardi nei pagamenti, è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico, con il Dlgs. 231/2002, in attuazione della direttiva comunitaria 2000/35/CE, ed è stato esteso anche ai rapporti tra parti non imprenditori commerciali col D.L. 132/2014, che ha modificato l'art. 1284 cod. civ.; 4) che, ai sensi dell'art. 21 DPR 131/86, se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione, che dà luogo alla imposizione più onerosa. La CTP, invece, senza prima affrontare il problema dell'interdipendenza, o non, delle clausole contrattuali, ha acriticamente recepito la tesi dell'Ufficio, secondo cui, i contratti soggetti a condizione sospensiva, sono registrabili con il versamento dell'imposta in misura fissa, ex art. 27 DPR 131/86. In giurisprudenza di legittimità si ritiene che, con il termine "disposizioni" contenuto nel c. 2, art. 21 TUR, il Legislatore ha inteso riferirsi, in caso di atto giuridico di natura privatistica, al concetto di negozio giuridico nella sua totalità, non già alle singole obbligazioni, che nell'atto trovino la loro fonte unitaria e che non potendo sopravvivere autonomamente non costituiscono atto tassabile.

L'appellata A.E., Direzione Provinciale 2 di Milano, con memoria difensiva del 26.6.2019, chiede il rigetto dell'appello, controdeducendo A) che, se la sentenza della CTP e l'avviso di liquidazione non fossero stati motivati, la contribuente non si sarebbe potuta difendere, per come compiutamente ha fatto, anche se va detto subito che la direttiva europea è relativa alla lotta contro i ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali e non riguarda i contratti di locazione, ai quali non è applicabile; B) che le clausole in esame hanno natura, accessoria, in quanto non afferiscono le prestazioni tipiche di un contratto di locazione, che è l'obbligo di far godere una cosa mobile o immobile per un determinato tempo a fronte di un determinato corrispettivo; autonoma, in quanto non correlate al contenuto e alla causa del contratto, ma al mancato o non corretto adempimento dello stesso.

Gli effetti della clausola penale, infatti, non discendono dal contratto, ma da un evento esterno, come l'inadempimento o il tardivo adempimento. Secondo la più accreditata dottrina "l'accordo che da vita alla clausola penale per sé presa, non si sostanzia in una volontà concorde di conseguire lo scopo pratico avuto di mira dal contratto. Ciò è provato, anzitutto, dal fatto che la clausola penale può inerire ad un qualsiasi contratto; in secondo luogo, dall'invariabilità della clausola penale di fronte al mutare del contratto principale". Sono, invece, soggette a tassazione unica le disposizioni tra le quali intercorre, in virtù della legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, non per volontà delle parti, un vincolo di connessione o compenetrazione immediata e necessaria: occorre, cioè, che sussista tra le convenzioni, ai fini della tassazione unica, un collegamento che non dipenda dalla volontà delle parti, ma sia, con carattere di oggettiva causalità, connaturato, come necessario giuridicamente e concettualmente, alle convenzioni stesse. L'accessorietà non deve essere contingente, ma genetica, frutto, non di una autonoma determinazione delle parti, ma di un collegamento insito fra le singole clausole di un atto, in conseguenza di una oggettiva interconnessione causale. La clausola in discussione, essendo all'evidenza il frutto di una ulteriore e particolare volontà pattizia andatasi, per scelta discrezionale delle parti, ad aggiungere a una regolamentazione contrattuale già di per sé compiuta e autosufficiente, non può stimarsi rispondente all'univoco criterio che informa il regime della tassazione unica, ex art. 21, c.2, TUR, evocato; C) che, correttamente l'Ufficio ha ravvisato applicabile la difforme previsione di cui all'art. 21, c. 1, TUR e l'assoggettamento della clausola in considerazione al regime delineato dal successivo art. 27, c. 1, non essendo revocabile in dubbio che l'operatività della stessa sia condizionata all'avveramento dell'omesso o ritardato adempimento.

All'ud. del 24. 10. 2019, la Commissione, sentiti il Relatore e il Difensore dell'appellante, decide di accogliere l'appello, perché l'impianto motivazionale della sentenza impugnata non appare esente dai vizi logico-giuridici o ermeneutici dedotti nell'atto d' appello.

La "previsione", per il caso di omesso o ritardato versamento dei canoni della locazione, oggetto del contendere, sancita nell'art. 9, del pagamento di un interesse legale di mora, non integra una clausola penale, non avendo obiettivamente una funzione rafforzativa del vincolo contrattuale, anche se l'adempimento o l'inadempimento cui è connessa sono eventi, non esterni, ma intrinseci alla causa del contratto, e non essendo frutto di una ulteriore e particolare volontà pattizia andatasi ad aggiungere, per volontà discrezionale delle parti, ad una regolamentazione contrattuale già di per sé compiuta e autosufficiente.

Più che di una clausola, si tratta della specificazione, dettata dall'ius superveniens, di qualcosa di connaturato al contratto, di genetico, in quanto la maturazione di quegli interessi legali, che si sarebbe verificata indipendentemente dalla esplicitazione, discende dal Dlgs. 231/2002, come modificato dal Dlgs. 192/2012, adottato in attuazione della direttiva 2000/35/CE, ai sensi del cui art. 5, è stato introdotto l'istituto degli interessi legali di mora contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, norma estesa pure ai rapporti nei quali le parti non sono imprenditori commerciali, dall'art. 17, c. 2, D.L. 132/2014, conv. in L. 162/014, con cui è stato novellato l'art. 1284 cod. civ..

E, siccome l'interconnessione del 9 con gli altri articoli del contratto di locazione appare oggettivamente causale, non contingente o frutto di una autonoma determinazione pattizia, si sostanzia nella volontà di conseguire lo scopo avuto di mira dal contratto, che è quello dell'esatto, tempestivo e reciproco adempimento, la fattispecie non può che rientrare tra quelle di cui all'art. 21, c. 2, TUR, ai sensi del quale, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione fiscalmente più onerosa.

Alla soccombenza, segue la condanna alle spese, che si liquidano, complessivamente, in E. 150,00, oltre anticipazioni, spese generali e oneri di legge.

                                                         PQM

La Commissione accoglie l'appello e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento, oggetto del contendere. Spese del grado secondo soccombenza.

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