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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 27658 del 29 ottobre 2019
RILEVATO CHE:
- la C. s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 2 febbraio 2011, che, in parziale accoglimento dell'appello dell'Ufficio, ha ritenuto legittimo l'avviso di accertamento con cui si contestava l'omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi e indebita deduzione di costi, relativamente all'anno 2003, limitatamente ai rilievi ivi indicati ai numeri 1, 4, 6 e 7, confermando, quanto ai rilievi residui, la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso introduttivo;- il giudice di appello ha ritenuto che: quanto ai rilievi nn. 4 e 7, questi non erano stati attinti dall'impugnazione della società contribuente; quanto al rilievo n. 1, vertente sull'omessa contabilizzazione di ricavi per prestazioni di servizi nei confronti della controllata I. s.p.a., tali prestazioni costituivano operazioni rilevanti ai fini della determinazione dei ricavi e imponibili ai fini dell'i.v.a. e che era corretto il valore individuato dall'Ufficio; quanto, infine, al rilievo n. 6, avente ad oggetto l'indebita deduzione di costi amministrativi per la registrazione di un marchio e di due brevetti, era corretto l'operato dell'Ufficio secondo cui tali spese avrebbero dovuto essere considerate quali oneri pluriennali, deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio;
- il ricorso è affidato a quattro motivi; - l'Agenzia delle Entrate non si costituisce tempestivamente, limitandosi a depositare atto con cui chiede di poter partecipare all'eventuale udienza di discussione;
CONSIDERATO CHE:
- con il primo motivo di ricorso la società denuncia la violazione dell'(originario) art. 53, primo e secondo commi, Testo unico 22 dicembre 1986, n. 917, per aver la sentenza impugnata, con riferimento al rilievo n. 1 dell'atto impositivo, ritenuto che l'utilizzo di personale dipendente e degli amministratori per lo svolgimento di attività amministrative, contabili e gestionali della controllata I. s.p.a. costituissero prestazioni di servizio generatrici di ricavi, benché le stesse fossero state rese a titolo gratuito e, in quanto rese in favore di società appartenente al medesimo gruppo, inerenti all'attività di impresa;
- con il medesimo motivo lamenta, altresì, che la quantificazione del supposto ricavo è avvenuta mediante l'applicazione del criterio del valore normale, benché questo sia previsto, con riferimento alle attività con finalità estranee all'impresa, solamente per le cessioni di beni e non anche per le prestazioni di servizio;
- con il secondo motivo deduce la violazione dell'art. 3, primo e terzo commi, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per aver il giudice appello, con riferimento al medesimo rilievo, ritenuto che le operazioni rilevate fossero assoggettate ad Iva;
- con il terzo motivo la ricorrente si duole, in ordine allo stesso rilievo, la ricorrente denuncia l'omessa o, comunque, insufficiente motivazione in merito alla quantificazione dei pretesi ricavi non contabilizzati, evidenziando che gli stessi erano stati determinati dall'Ufficio in relazione ad una attività di natura strategica e decisionale che i suoi consiglieri di amministrazione avrebbero svolto in favore della I. s.p.a., benché l'esecuzione di una siffatta attività era stata dalla stessa negata nelle proprie controdeduzioni in cui aveva, altresì, osservato l'assenza di alcun elemento di prova;
- i motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati;
- il giudice di appello ha ritenuto che le prestazioni di servizi effettuate dalla contribuente in favore della controllata I. s.p.a. fossero assoggettate ad imposizione sui redditi, in relazione al valore normale alle stesse attribuibile, e che le stesse costituissero operazioni imponibili ai fini dell'applicazione dell'i.v.a.; - così operando, ha omesso di considerare, da un lato, che la rilevanza di tali operazioni ai fini della determinazione del reddito è subordinata alla dimostrazione - eventualmente anche in via presuntiva - del conseguimento da parte della contribuente del relativo corrispettivo; - dall'altro, che le prestazioni di servizio effettuate a titolo gratuito possono non costituire operazioni imponibili ai fini i.v.a. in presenza di determinate circostanze e, in particolare, qualora, come invocato dalla contribuente, siano rese per altre finalità inerenti l'esercizio dell'impresa;
- la Commissione tributaria avrebbe dovuto verificare se le operazioni rilevate erano state rese a titolo oneroso o gratuito e, in quest'ultima ipotesi, verificare, ai fini del rispetto della normativa in tema di i.v.a, se le stesse fossero inerenti o estranee all'esercizio dell'impresa;
- con l'ultimo motivo di ricorso la società lamenta, in ordine al rilievo n. 6 dell'atto impugnato, l'insufficiente motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, nella parte in cui ha omesso di illustrare le ragioni per cui i costi per il disbrigo delle pratiche amministrative relative alla registrazione di un marchio di due brevetti andrebbero qualificati quali «costi sostenuti per diritti di concessione brevetti» non deducibili interamente nell'anno di inizio del loro utilizzo; - il motivo è inammissibile, risolvendosi in una doglianza avverso l'interpretazione delle norme di diritto effettuata dal giudice di appello e non giù in una critica della ricostruzione del fatto compiuto dalla sentenza impugnata; - la sentenza impugnata va, dunque, cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo, secondo e terzo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il quarto; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 3 luglio 2019.
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