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Estratto: “Risultano in ogni caso decisivi i rilevi della stessa Cassazione (sez Unite n 13378/2016) che, pur nella vigenza della formulazione precedente del citato art 2, riconosce comunque il diritto al rimborso nel termine di 48 mesi dal versamento (art. 38 DPR 602/73) ed il diritto del contribuente di opporsi in sede contenziosa alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione, in base al principio della capacità contributiva”.

Influencers (aspiranti e non): profili di fiscalità e possibili verifiche fiscali e contestazioni dell’Agenzia delle Entrate

Estratto: Pertanto deve ritenersi data la prova, da parte della contribuente, non solo della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte) ma anche della "entità di tali redditi e la durata del loro possesso" circostanze sintomatiche sufficienti a far ritenere che le somme sono state utilizzate per l'acquisto dei beni suddetti. La norma di cui all'art. 38 del DPR 600/1973, infatti, legittima la presunzione, da parte dell'amministrazione finanziaria, di un reddito maggiore di quello dichiarato dal contribuente sulla base di elementi indiziari dotati dei caratteri della gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 cod. civ. e, in particolare, per quel che in questa sede interessa, in ragione della «spesa per incrementi patrimoniali», la quale si presume sostenuta «salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti» In presenza di tale presupposto, la norma non impone altro onere all'amministrazione, ma piuttosto faculta (e onera) il contribuente a offrire la prova contraria: prova testualmente riferita, nel successivo comma 6, al fatto che «il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte», con la espressa precisazione che «l'entità di tali redditi e la durata de/loro possesso devono risultare da idonea documentazione».

Estratto: “il giudice di appello ha ritenuto che le prestazioni di servizi effettuate dalla contribuente in favore della controllata I. s.p.a. fossero assoggettate ad imposizione sui redditi, in relazione al valore normale alle stesse attribuibile, e che le stesse costituissero operazioni imponibili ai fini dell'applicazione dell'i.v.a.; - così operando, ha omesso di considerare, da un lato, che la rilevanza di tali operazioni ai fini della determinazione del reddito è subordinata alla dimostrazione - eventualmente anche in via presuntiva - del conseguimento da parte della contribuente del relativo corrispettivo; - dall'altro, che le prestazioni di servizio effettuate a titolo gratuito possono non costituire operazioni imponibili ai fini i.v.a. in presenza di determinate circostanze e, in particolare, qualora, come invocato dalla contribuente, siano rese per altre finalità inerenti l'esercizio dell'impresa”.

Hai dimenticato di presentare la dichiarazione dei redditi? Ti sarà utile leggere questa guida per capire come regolarizzare la tua posizione nei confronti del fisco ed evitare di incorrere in sanzioni. Delineeremo l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, e cosa fare in caso di lieve ritardo nella presentazione della dichiarazione dei redditi. Infine, riporteremo una recente sentenza, la quale ha chiarito che a fronte di dati presupposti, che vedremo, l’omessa dichiarazione (pur sopra soglia penale) non configura reato.

Estratto: “in caso di omessa dichiarazione dei redditi, come pure in caso di accertamento induttivo puro, l'Amministrazione può ricorrere a presunzioni supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ma deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, poiché, altrimenti, si assoggetterebbe ad imposta il profitto lordo, ma non quello netto, in violazione dell'art. 53 Cost., restando inapplicabile l'art. 109 Tuir che ammette in deduzione solo i costi risultanti dal conto economico”.

Estratto: “La CTR non ha fatto corretta applicazione della norma in questione laddove, pur avendo accertato che il contratto prevedeva il trasferimento al cessionario non solo della clientela, con i connessi obblighi di fare, non fare o permettere, ma anche il complesso di beni idonei allo svolgimento dell'attività (quali organizzazione, conoscenze, procedure, contratti, personale e comunque il know-how della struttura ceduta) ha ritenuto tassabile l'intero importo ricevuto dalla cedente in corrispettivo, anziché unicamente quello imputabile al trasferimento della clientela”.

Estratto: “appare, quindi, eccessivamente restrittiva l'interpretazione della C.T.R. della Lombardia, che ritiene rilevante, ai fini della prova contraria, unicamente il rendiconto annuale della banca, da cui è dato evincere se vi sia stata ritenuta alla fonte sui redditi da capitale. Ed invero, il contribuente può fornire idonea documentazione, da cui il giudice può trarre indici sintomatici della riferibilità delle spese contestate a maggiori redditi esenti o tassati alla fonte, di cui lo stesso contribuente abbia avuto disponibilità nel periodo di imposta”.