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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 27657 del 29 ottobre 2019
RILEVATO CHE:
1. l'Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo contro la U. S.p.A. per la cassazione della sentenza n. 326/9/14 della Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna (di seguito C.T.R.), emessa in data 20 gennaio 2014, depositata in data 17/2/2014 e non notificata, che ha rigettato l'appello dell'Ufficio, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, in controversia relativa all'impugnazione del diniego di rimborso della ritenuta del 20% operata, ex art. 7 d.l. 323/1996, sui proventi derivanti dal deposito XXX intestato a C. S.p.A. a garanzia di una fideiussione, asseritamente non finanziaria, per un importo complessivo di euro 83.384,00;
2. il provvedimento di diniego era motivato nel senso che, a norma dell'art. 7, co. 3, d.l. n.323/1996, dovevano considerarsi finanziamenti anche le garanzie prestate a terzi e che, dalla documentazione prodotta, non si poteva evincere la natura non finanziaria della fideiussione concessa alla C. S.p.A.;
3. con la sentenza impugnata, la C.T.R., confermando la sentenza della C.T.P. di Bologna, riteneva: che la ratio della norma era evitare un indebito risparmio di imposta sulle somme depositate presso un istituto di credito a garanzia di un finanziamento a favore di una società residente riferibile al depositante, con la trasformazione del reddito di impresa in reddito di capitale; che la circolare n. 269/1996 chiariva che la norma antielusiva era applicabile in caso di garanzia, quando quest'ultima si riferiva ad un finanziamento; che, nel caso di specie, la fideiussione atteneva all'adempimento di un obbligo (pagamento di una quota sociale) a sua volta collegato alla mancata realizzazione di una condizione (quotazione in borsa); con la suddetta garanzia, ed il deposito collegato ad essa, non si era determinato un incremento delle disponibilità finanziarie dell'eventuale beneficiario, ma si era garantito l'adempimento dell'obbligazione condizionata assunta da quest'ultimo in favore dì un terzo; inoltre, la C.T.R. rilevava che la sentenza dei giudici di primo grado aveva chiarito che non era emersa la prova di alcuna finalità elusiva dell'operazione posta in essere dalla ricorrente, fatto che costituiva il presupposto per l'applicazione dell'art. 7 d.l. n.323/1996;
3. a seguito del ricorso dell'Agenzia delle Entrate, la società resiste con controricorso; 4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 27 giugno 2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo comma modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197; 5. il P.G. X ha presentato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso; 6. la ricorrente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE:
1.1. con l'unico motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 d.l. n.323/1996, dell'art. 37 bis d.P.R. n. 600/73, dell'art. 2722 c.c., dell'art. 53 Cost. e dei principi in materia di abuso del diritto, in relazione all'art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;
1.2. il motivo è infondato e va rigettato; 1.3. è opportuno premettere che, in via generale, l'erogazione dei finanziamenti bancari, accordati ad imprese residenti sotto qualunque forma, può essere garantita da depositi, in danaro o titoli diversi dalle azioni, costituiti da imprese o da soggetti privati aventi determinate caratteristiche; con riferimento alla costituzione dei depositi a garanzia dei finanziamenti erogati, è stato introdotto l'art. 7 del D.L. 20 giugno 1996 n. 323 (convertito in L. 8 agosto 1996 n. 425), con lo scopo di contrastare eventuali fenomeni elusivi, volti a trasformare i depositi, composti da utili di impresa sottoposti alle ordinarie regole di tassazione, in interessi o altri proventi soggetti ad una migliore forma di tassazione; la norma, infatti, prevede un prelievo aggiuntivo del 20% sui proventi lordi elencati all'art. 44 del TUIR, provenienti da depositi contenenti denaro (compresi i certificati di deposito), valori mobiliari e titoli diversi dalle azioni, costituiti da persone fisiche, società semplici ed equiparate, enti non commerciali, soggetti non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, posti a garanzia di finanziamenti accordati ad imprese residenti; tutte le operazioni di finanziamento, senza alcuna distinzione, rientrano nel novero di applicazione della normativa, purché caratterizzate dalla "generica funzione di consentire un temporaneo aumento delle disponibilità finanziarie di un determinato soggetto" così come precisato dalla circolare del Ministero delle Finanze n. 269/E del 5 novembre 1996; l'art. 7, comma 3, d.l. 323/1996 prevede che "ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 si considerano finanziamenti anche le garanzie prestate a terzi da parte del depositario ovvero da parte di imprese, anche non residenti, controllanti, controllate o collegate allo stesso"; rientrano, quindi, nella disposizione del prelievo aggiuntivo anche i depositi effettuati a presidio di garanzie personali prestate da altro soggetto, purché tali obbligazioni siano finalizzate alla concessione di un finanziamento a favore di un'impresa residente; tale interpretazione della norma trova riscontro nella prassi amministrativa ed, in particolare, nella circolare del Ministero delle Finanze del 5/11/1996 n.269, secondo cui "ai sensi del comma 3 si considerano finanziamenti anche le garanzie prestate a terzi da parte del depositario ovvero da parte di imprese, anche non residenti, controllanti, controllate o collegate allo stesso. La garanzia deve essere prestata a fronte di un finanziamento (proprio o mediato) a impresa residente e, pertanto, sono irrilevanti tutte le ipotesi in cui la garanzia stessa è data per scopi diversi"; nella fattispecie in esame, è pacifico tra le parti che la C., su mandato dei FM, aveva fatto un deposito presso la R. Banca (cui era succeduta U.) in relazione alla fideiussione prestata da quest'ultima a garanzia del riacquisto, da parte dei FM, della quota, pari al 10% del capitale, della neo costituita Holding, detenuta da M. lussemburghese, nel caso in cui l'Holding non avesse ottenuto la quotazione in borsa; l'Agenzia delle Entrate lamenta un'interpretazione eccessivamente restrittiva della norma di cui all'art. 7 d.l. n.323/1996 da parte della C.T.R., che ha ritenuto preclusivo all'applicazione della stessa la qualificazione dell'oggetto del negozio data dalle parti, in termini di garanzia all'adempimento di un'obbligazione, tralasciando l'effettiva natura economica dell'operazione; deve, però, rilevarsi che il giudice di appello, con una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità, nè impugnata sotto il profilo della violazione delle norme di ermeneutica contrattuale, ha ritenuto che la fideiussione, cui il deposito si riferiva, si inserisse in una complessa operazione contrattuale, finalizzata alla costituzione della Holding - o di altra società- quotata in borsa; secondo la C.T.R., la fideiussione non aveva una finalità di finanziamento del depositante o di un terzo, ma si inseriva nella complessa fattispecie contrattuale, quale garanzia dell'adempimento dell'obbligo di acquisto della quota della M. lussemburghese da parte dei FM, nel caso in cui la Holding non avesse ottenuto la quotazione in borsa; il giudice di appello, avendo ricostruito la fattispecie concreta in tal senso, ha ritenuto che la stessa non fosse riconducibile all'art. 7 d.l. 323/1996, poichè la fideiussione, cui ineriva il deposito, non era ricollegabile ad un'operazione di finanziamento del depositante o di un terzo, ma veniva a garantire l'adempimento di una prestazione inserita nell'ambito di una complessa fattispecie contrattuale; per quanto fin qui esposto, il ricorso va rigettato; stante la novità della questione, le spese del giudizio di legittimità vanno compensate tra le parti; rilevato che risulta soccombente l'Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il giorno 27 giugno 2019.
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