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La Cassazione è intervenuta con la sentenza numero 10126 del 2019 ribadendo l’inapplicabilità delle sanzioni tributarie in caso di “incertezza oggettiva” della norma tributaria.
I giudici in tale sentenza hanno affrontato una questione relativamente all’assoggettabilità ad Ici di alcune componenti meccaniche di una società che non erano accatastate. Pur se era stata eccepita, appunto, l'incertezza oggettiva delle norme sulla determinazione della base imponibile Ici, ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3 del D.Lgs. n. 504/1992, la società è dovuta ricorrere alla cassazione in quanto sosteneva che erano stati violati gli artt. 6 del D.Lgs. n. 472/1997, 8 del D.Lgs. n. 546/1992 e 10, comma 3, L. n. 212/2000.
Si riporta un estratto della sentenza citata, in quanto ci permette di evidenziare il ragionamento logico-giuridico che hanno seguito i giudici per giungere alla decisione circa l'inapplicabilità delle sanzioni tributarie innanzi a norme tributarie prive di certezza normativa.
Estratto:" In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, la Corte ha già avuto modo di affermare il principio di diritto in virtù del quale: "l'incertezza normativa oggettiva che - ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8; del D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2; della L. 2 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3 - costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (cfr. Cass. 28/11/2007, n. 24670; 16/02/2012, n. 2192; 26/10/2012, n. 18434; 11/02/2013, n. 3245; 22/02/2013, n. 4522). In altre parole, come è stato detto, "l'incertezza normativa oggettiva tributaria", che consente di non applicare le sanzioni, "è la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell'azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall'impossibilità, esistente in sè ed accertala dal giudice, d'individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ultima o, se si tratta del giudice di legittimità, del fatto di genere già categorizzato dal giudice di merito", quindi in "senso oggettivo" (con conseguente esclusione di "qualsiasi rilevanza sia delle condizioni soggettive individuali sia delle condizioni soggettive categoriali" atteso che "l'incertezza normativa, in quanto esiste in sè, opera nei confronti di tutti"): "l'incertezza normativa oggettiva", pertanto, "non ha il suo fondamento nell'ignoranza giustificata, ma nell'impossibilità, abbandonato lo stato d'ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria" (Cass. 11/09/2009, n. 19638)".
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Pertanto, accade più spesso di come si possa immaginare che il contribuente venga sanzionato per aver adottato un comportamento fiscalmente scorretto poiché non è riuscito ad attribuire il corretto significato ad una norma tributaria incerta. Difatti, lo stesso legislatore ha indicato tre disposizioni normative in cui è prevista la non applicabilità di sanzioni tributarie nel caso in cui la violazione è derivata dall'incertezza normativa.
E precisamente:
- art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992:" La commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione e' giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce";
- art. 6, comma 2 del D.Lgs. n. 472 del 1997: "non e' punibile l'autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento";
- art. 10, comma 3 della L. n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente), così dispone: “Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”.
Si richiama un intervento della Cassazione che attraverso l'ordinanza n. 21307/2018 ha evidenziato che è necessario affinché il contribuente non venga sanzionato che "la condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa".
Sono stati, pertanto, individuati dei «fatti indice», mediante i quali il giudice può rilevare se si tratta o meno di incertezza normativa. Questi sono elencati nell'ordinanza n. 15452/2018 e sono i seguenti: "1) la difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficolta di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficolta di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) la mancanza di una prassi amministrativa o l'adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l'adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente".
Attenzione, se ti dovessi ritrovare in una situazione del genere ricordati che ai sensi dell'articolo 2697 del codice civile ricade in capo a te l'onere di provare e quindi, di allegare la presenza degli elementi sopra detti.
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Da quanto detto emerge come a volte viene sminuito uno dei principi che dovrebbe costituire il filo conduttore di tutta la produzione normativa, ovvero la certezza del diritto, poichè in caso questo non viene rispettato non si fa altro che creare delle disposizioni poco chiare per i destinatari. In particolar modo poi preme sottolineare che in ambito tributario non è rilevante alla risoluzione dei dubbi interpretativi l'intervento della stessa Amministrazione Finanziari a distanza di anni.
Infatti, come precisato in giurisprudenza (Cass., nn. 21154/2008, 8296/2006, 24978/2005, 11011/2003), quest'ultima si ritrova ad essere posizionata sullo stesso livello del contribuente, perché si ricorda non è dotata di poteri discrezionali in merito alla determinazione delle tasse.
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Le informazioni sopra riportate sono state scritte da un avvocato che collabora occasionalmente con professionisti del nostro studio ma la loro rispondenza al sistema vigente non è garantita da DLP Studio Tributario, né nessuno dei suoi avvocati, né nessun altro, non rispecchia la professionalità media di DLP Studio Tributario e non sono state sottoposte ad ulteriori controlli da parte del nostro studio. Ulteriori approfondimenti sono comunque dovuti in dipendenza delle specificità dei singoli casi concreti.
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