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Vediamo insieme.
Anzitutto non possiamo non cominciare col dire che se vuoi restare indenne da pretese o accuse da parte del Fisco (specie se penali) è molto importante presentare la dichiarazione dei redditi entro i termini previsti, infatti all'omissione della dichiarazione l'ordinamento ricollega precise sanzioni amministrative e/o penali a seconda della gravità dell'omissione.
Per aversi reato di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 del D.lgs. n. 74/2000 è necessaria una violazione molto grave ed infatti la legge prevede la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni per chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.
Mentre è prevista la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.
Dichiarazione dei redditi: quanto ritardo si può fare?
Tieni a mente che il prossimo appuntamento per la presentazione della dichiarazione dei redditi, riguarderà il modello Redditi e Irap che quest'anno dovrà essere trasmesso all'Agenzia delle Entrate entro il prossimo 2 dicembre (scadenza prevista per il 30 novembre che cade di sabato).
Il versamento delle imposte doveva essere effettuato, a seguito della proroga, entro il 30 settembre.
Al comma 2 dell'art. 5 del dlgs. 74/2000 precisa che: “Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto”.
Anche in base all'art. 2, comma 7 del D.P.R. 322/1998 sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine (quest'anno a partire dal 2 dicembre), salvo l'applicazione delle sanzioni per il ritardo (si parlerà di dichiarazione tardiva).
Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a 90 giorni si considerano omesse.
Quindi, si possono presentare le seguenti situazioni:
• dichiarazione tempestiva = presentazione effettuata entro i termini ordinari (pienamente valida);
• dichiarazione tardiva*=presentazione con un ritardo non superiore ai 90 giorni dalla scadenza ordinaria (valida ma con applicazione di sanzioni);
• omessa dichiarazione= presentazione oltre i 90 giorni dal termine ordinario.
* Tieni a mente: la differenza tra dichiarazione tardiva e omessa è rilevante in sede d regolarizzazione da parte del contribuente ,in quanto solo con la tardiva puoi beneficiare delle riduzioni sanzionatorie previste all'art. 13 d.lgs. 472/1997 in materia di ravvedimento operoso.
Nota bene: trascorsi 90 giorni non potrai più regolarizzare la tua situazione mediante ravvedimento.
Pertanto, si ha omessa dichiarazione, quando, trascorsi più di 90 giorni dalla data di scadenza ordinaria, il contribuente non ha provveduto alla compilazione e trasmissione.
Per regolarizzare la dichiarazione omessa il contribuente dovrà pagare integralmente le sanzioni, senza poter beneficiare delle riduzioni previste dal ravvedimento operoso di cui all'art. 13 d.lgs 472/1997.
Se sei già stato accusato o hai fondato timore che l'Agenzia delle Entrate possa accusarti, dai un'occhiata a questi 3 esempi di sentenze favorevoli ai contribuenti:
1) Assenza del dolo specifico.
Il primo motivo di potenziale assoluzione è esemplificato dalla recente sentenza n. 31343 del 19 luglio 2019 con la quale la Corte di Cassazione ha affermato che il reato si intende integrato solo se vi è la volontà da parte del contribuente di evadere le imposte.
Secondo la Suprema Corte il reato di omessa presentazione della dichiarazione de redditi è da considerarsi consumato solo in presenza di elementi fattuali che dimostrano che il soggetto obbligato alla presentazione ha consapevolmente preordinato l'omessa dichiarazione per evadere l'imposta in misura superiore alla soglia penalmente rilevante.
In poche parole, non è quindi sufficiente la mera violazione dell'obbligo dichiarativo o la colpa del professionista inadempiente, ma sarà necessaria la prova che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l'omessa presentazione al fine di non versare le imposte dovute (dolo specifico).
Quindi dovrà essere l'Agenzia delle Entrate a dimostrare l'effettiva coscienza e volontà del contribuente di non pagare le imposte dovute all'Erario.
2) Insufficienza della motivazione.
La sentenza n. 20897/2017 della Corte di Cassazione ha affermato che, ai fini della verifica del superamento della soglia di rilevanza penale, non è sufficiente il limitarsi al riferimento dell'accertamento svolto dalla Guardia di Finanza.
In particolare, la vicenda riguardava un contribuente accusato di omessa dichiarazione, che condannato dal Tribunale aveva subito la confisca per equivalente, condanna poi confermata anche in sede di ricorso.
La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso proposto dal contribuente e ha sottolineato il mancato espletamento, nel giudizio di merito, di una perizia contabile per determinare la base imponibile da considerare in sede di contestazione del reato: perizia necessaria al fine di accertare i costi legati all'espletamento dell'attività professionale dell'imputato.
Secondo la Corte, quindi, sussiste il vizio di motivazione denunciato dal ricorrente, osservando inoltre che “(...)la Corte territoriale si è limitata a rilevare la sufficienza dell'accertamento eseguito dalla Guardia di Finanza, senza dare conto del suo contenuto e dei criteri adottati per addivenire alla determinazione della base imponibile, né della considerazione della incidenza sulla stessa dei costi connessi alla attività professionale svolta dall'imputato, omettendo, anzi, di dedurre da essa le anticipazioni di diritti, imposte e tasse perché gravanti sui clienti, senza altro specificare a proposito della natura dei costi(...)”.
3) La colpa del commercialista
Se hai consegnato la documentazione necessaria al tuo commercialista ma lui non ha trasmesso la dichiarazione all'Agenzia delle Entrate potresti essere considerato non punibile secondo talune giurisprudenza. Lo ha affermato la C.T.P. di La Spezia con la sentenza n. 226/14.
In questo caso occorrerà provare la colpa del commercialista ad esempio provando l'esistenza di un contratto scritto tra te e il commercialista o ancora una fattura con cui lo paghi per l'invio della dichiarazione.
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L'elenco non è per niente esaustivo e le variabili da considerare sono molte di più. Per approfondire puoi ricercare tra le tante sentenze e ricorsi pubblicati sul nostro sito o chiedere l'intervento di un avvocato tributarista esperto proprio in questi temi per trovare la soluzione migliore possibile in relazione al tuo personale caso.
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Le informazioni sopra riportate sono state scritte da un giurista che collabora occasionalmente con professionisti del nostro studio ma la loro rispondenza al sistema vigente non è garantita da DLP Studio Tributario, né nessuno dei suoi avvocati, né nessun altro, non rispecchia la professionalità media di DLP Studio Tributario e non sono state sottoposte ad ulteriori controlli da parte del nostro studio.
Ulteriori approfondimenti sono comunque dovuti in dipendenza delle specificità dei singoli casi concreti.
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