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Fatture emesse con importi diversi da quelli dei reali corrispettivi? O fatture che non vengono emesse nonostante sia avvenuta la prestazione? O ancora fatture emesse per operazioni inesistenti, o fatture falsificate al solo fine di poter disporre di un anticipo dalla propria banca?
Si tratta, in buona evidenza, di una gamma di ipotesi diverse, ma che potrebbero ben essere riassunte – forse un po’ superficialmente – sotto l’etichetta di “false fatture”. Un fenomeno non certo raro o nuovo all’interno del nostro sistema economico, e che espone l’autore dell’illecito a una serie di sanzioni che possono comprendere anche una condanna penale e, dunque, la reclusione.
Ma le fatture false comportano sempre una simile conseguenza? O ci sono alcuni casi in cui si può essere assolti dal reato?
Abbiamo individuato tre diverse ipotesi, già sperimentate in sede giurisprudenziale, in cui – effettivamente – all’emissione di una fattura falsa non è corrisposto un reato. Per maggiori informazioni vi invitiamo tuttavia fin d’ora a contattare il nostro studio per poter disporre di una consulenza qualificata e personalizzata.
Il pagamento delle fatture false
Il primo caso che vogliamo portare all’attenzione è quello evidenziato non troppo tempo fa dalla posizione della Suprema Corte con la sentenza Cass n. 30159 del 15 giugno 2017, che è intervenuta in tema di reato per fatture per operazioni inesistenti, dichiarando che qualora il contribuente provveda al pagamento delle fatture false e alla loro registrazione in contabilità, tali elementi dovranno essere considerati dal giudice penale, il quale escluderà la condanna per il reato di emissione di fatture false.
In tale fattispecie, a nulla rileva che l’emittente della fattura falsa abbia omesso di presentare le relative dichiarazioni fiscali e i versamenti conseguenti, poiché da queste circostanze non deriva necessariamente l’inesistenza oggettiva delle operazioni che sono indicate nelle fatture incriminate.
In altri termini, l’emissione di una fattura falsa viene “penalmente sanata” dalla registrazione del documento dal cliente finale e dal pagamento attraverso bonifici e altri sistemi facilmente tracciabili, come gli assegni. Assume così “indubbio rilievo” l’annotazione dei documenti nella contabilità della società controparte e il relativo pagamento.
Consegna di documenti fiscali falsi
Una seconda ipotesi di “depenalizzazione” dell’ipotesi di falsa fatturazione di cui all’art. 8 del d. lgs. 74/2000 (appunto, rubricato “Emissione di fatture false o altri documenti per operazioni inesistenti”), è quella legata alla presenza di un documento fiscale falso, formato dal terzo che lo ha ricevuto “in bianco” dall’emittente. In altri termini, la più remota sentenza Cass n. 50628 del 3 dicembre 2014, ha ristretto l’ambito di applicazione del reato penalmente rilevante alle sole ipotesi di consegna dei documenti fiscali falsi.
Nella fattispecie di cui si sono occupati i giudici della Terza sezione penale, dunque, sono cadute le accuse nei confronti di un imprenditore che era stato accusato di aver consegnato a terzi dei bollettari per l’emissione delle fatture che riportavano solamente la propria partita IVA e il timbro con la ragione sociale. Mancando infatti gli altri elementi formali utili per poter ritenere la fattura formata, il fatto contestato non poteva essere ricondotto alla fattispecie di cui in reato.
Di qui, se possibile, la riconduzione del caso specifico a un diverso reato tributario: non l’emissione di una fattura falsa, quanto la formazione potenziale di eventuali fatture false da parte di un soggetto diverso dall’emittente.
Disconoscimento delle fatture false
L’ultima condotta che conduce a escludere la configurabilità di reato di fatture false è quella su cui si è espressa da pochi mesi la Cassazione con sentenza n. 25552 del 10 giugno 2019, in accoglimento del ricorso presentato da un manager che era stato condannato per bancarotta fraudolenta.
In sintesi, i giudici della Suprema Corte hanno affermato che l’imprenditore non può essere condannato per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, nel caso in cui la fattura sia disconosciuta dall’amministratore della società utilizzatrice, che risulta essere una testa di legno, ovvero un prestanome che sostituiva, anche formalmente, il reale dominus.
Evidentemente, le casistiche che sopra abbiamo riassunto costituiscono solamente una parte del ventaglio di ipotesi di non configurabilità del reato di false fatturazioni. Per poter disporre di maggiori informazioni e valutare il vostro caso specifico, vi invitiamo a contattare il nostro studio usando il modulo dei contatti.
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