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Se è invalida la notifica della cartella, il contribuente può impugnarla quando ne viene a conoscenza (nel caso di specie, a seguito di produzione nel giudizio di fronte al Tribunale). Confermato l’annullamento delle cartelle e iscrizione d’ipoteca

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Estratto: “In ordine alla impugnabilità degli atti impositivi non notificati, occorre qui richiamare quanto stabilito da SS.UU. n. 19704/015 che hanno affrontato proprio la questione dell'ammissibilità della impugnazione della cartella invalidamente notificata, ritenendo che i termini dì impugnazione di un atto non possono che decorrere dalla valida notificazione dell'atto medesimo e che pertanto il destinatario dell'atto ha l'interesse (e il diritto) di provocare la verifica della validità della notifica dell'atto del quale non sia venuto a conoscenza in termini per l'impugnazione a causa di anomalie di tale notifica”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 20735 del 1 agosto 2019

RILEVATO CHE:

1. L'Agenzia delle Entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in riforma della prima decisione, ha accolto il ricorso proposto da B. avverso cinque cartelle esattoriali emesse nei suoi confronti per il recupero di imposte dirette ed Iva relative alle annualità 2004/2009, nonché avverso il conseguente atto di iscrizione ipotecaria su un immobile di sua proprietà. La CTR, in particolare, ha ritenuto infondata l'eccezione di tardività, e di conseguente inammissibilità, del ricorso introduttivo sollevata dall'Agenzia, ed accolta dal primo giudice, sul rilievo che l'atto era stato notificato in data successiva al decorso (intervenuto il 17.9.2009) del termine di 60 giorni dalla comunicazione dell'eseguita iscrizione ipotecaria; ha osservato al riguardo che il contribuente aveva proposto tempestiva opposizione agli atti esecutivi dinanzi al G.O., deducendo la nullità dell'iscrizione ipotecaria per mancata notifica e/o inesistenza delle cartelle (non allegate alla comunicazione e neppure identificabili attraverso il confuso elenco descrittivo che l'accompagnava) e che il ricorso dinanzi alla CTP, notificato all'Agenzia il 20.11.2009, doveva ritenersi anch'esso tempestivo, sia perché il termine a quo dell'impugnazione andava individuato nella data del 30.9.2009, in cui Equitalia aveva finalmente prodotto le cartelle nel giudizio ex art. 617 c.p.c., sia per l'intervenuta translatio iudicii; nel merito ha rilevato che non v'era prova dell'avvenuta notifica delle cartelle né della comunicazione dei precedenti atti procedurali prodromici. Il contribuente resiste con controricorso illustrato da memoria, con la quale deduce il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Milano che ha annullato le cartelle, per la parte in cui attengono a pretese ricomprese nella giurisdizione del g.o. (contravvenzioni, cassa forense), nonché la successiva iscrizione ipotecaria.

CONSIDERATO CHE:

3. Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia lamenta, ex art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli art. 21 e. 19 d.lgs 546/92, riproponendo la questione della intempestività del ricorso del contribuente; contesta che il termine per proporre l'impugnazione fosse iniziato a decorrere solo dalla data in cui B. aveva potuto prendere visione delle cartelle, posto che questi non aveva alcuna necessità di conoscere il contenuto degli atti per poterne eccepire l'invalidità e/o l'inesistenza unitamente all'invalidità dell'iscrizione ipotecaria e rileva che la giurisprudenza ammette il recupero di tutela a favore del contribuente che non abbia impugnato l'atto presupposto, consentendone l'impugnazione unitamente al successivo atto della procedura di riscossione, ma ne impone l'esercizio entro i termini previsti dall'art. 21 d. Igs. n. 546/92; sotto un secondo profilo, l'Agenzia sostiene che il ricorso non poteva ritenersi tempestivo in ragione della (tempestiva) proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi, non ricorrendo un'ipotesi di translatio iudicii, sia perché il G.O. non ha mai declinato la propria giurisdizione in favore del giudice tributario sia perché i due giudizi sono proseguiti autonomamente e sono terminati con distinte pronunce.

4. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell'art. 10 d.lgs 546/92, ex art. 102 c.p.c, In quanto la decisione in ordine alla nullità delle notifiche delle cartelle sarebbe stata adottata in assenza di contraddittorio con il concessionario.

5. Il primo motivo non merita accoglimento. In ordine alla impugnabilità degli atti impositivi non notificati, occorre qui richiamare quanto stabilito da SS.UU. n. 19704/015 che hanno affrontato proprio la questione dell'ammissibilità della impugnazione della cartella invalidamente notificata, ritenendo che i termini dì impugnazione di un atto non possono che decorrere dalla valida notificazione dell'atto medesimo e che pertanto il destinatario dell'atto ha l'interesse (e il diritto) di provocare la verifica della validità della notifica dell'atto del quale non sia venuto a conoscenza in termini per l'impugnazione a causa di anomalie di tale notifica. E' poi da escludere che l'impugnazione volta innanzitutto a provocare tale legittima verifica possa condurre ad una "riapertura" dei suddetti termini, posto che, ove l'atto risultasse validamente notificato, nessuna "riapertura" sarebbe ovviamente ipotizzabile all'esito della verifica, mentre, ove l'atto non risultasse validamente notificato, i termini non avrebbero neppure iniziato a decorrere. In buona sostanza, se è vero che ai fini della decorrenza dei suddetti termini non è sufficiente la prova della "piena conoscenza" dell'atto, ma è necessaria una notificazione effettuata nei modi previsti dalla legge, è anche vero che l'omessa notificazione non può impedire l'impugnabilità dell'atto (del quale il contribuente sia venuto "comunque" a conoscenza) ma soltanto, appunto, la decorrenza dei relativi termini di impugnazione; distinzione che risulta ben chiara nella giurisprudenza di questo giudice di legittimità (v. sul punto tra le altre S.U. n. 3773 del 2014 nonché Cass. nn. 17010 del 2012 e 24916 del 2013; Cass. n.13584/2017) secondo la quale l'ammissibilità di una tutela "anticipata" non comporta l'onere, bensì solo la facoltà dell'impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare successivamente la pretesa della quale il contribuente sia finalmente venuto a conoscenza. Il disposto del terzo comma dell'art. 19 del d.lgs. n. 546/92, secondo il quale la mancata notifica degli atti autonomamente impugnabili adottati precedentemente all'atto notificato "ne consente" l'impugnazione unitamente a quest'ultimo, non può, d'altro canto, essere interpretato "a contrario", ovvero quale norma che impone al contribuente, a pena di decadenza, di impugnare, sostanzialmente "alla cieca", l'atto precedente, che non gli è stato notificato e del quale non ha avuto alcuna conoscenza, unitamente a quello notificatogli. Invero, come già affermato da questa Corte, poiché l'omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato, rad. 19 comma 3 cit. consente al contribuente di scegliere se impugnare solo l'atto consequenziale notificatogli, facendo valere il vizio derivante dall'omessa notifica dell'atto presupposto, o se impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest'ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria (Cass. n. 1144/018), ma non gli preclude la possibilità di far valere detti vizi solo dopo che abbia avuto legale conoscenza dell'atto medesimo. Nel caso di specie, secondo l'accertamento non contestato della CTR, B. ha avuto piena conoscenza delle cartelle solo dalla data (30 settembre 2009) in cui ha potuto prenderne visione a seguito della loro produzione da parte della concessionaria nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, atteso che l'iscrizione ipotecaria, cui le cartelle non erano state allegate, conteneva solo un elenco sommario e schematico di precedenti atti notificati, risalenti ad oltre cinque anni addietro, dal quale non potevano ricavarsi neppure gli anni di riferimento dei singoli tributi e, dunque, non poteva individuarsi la pretesa tributaria. La tesi secondo la quale il contribuente doveva impugnare le cartelle entro 60 giorni dalla data in cui ha ricevuto comunicazione dell'avvenuta iscrizione ipotecaria, avendone negato soltanto la notifica in sede di opposizione agli atti esecutivi, risulta dunque infondata. La censura con la quale la ricorrente contesta che vi sia stata translatio iudicii va a questo punto dichiarata inammissibile, per difetto di interesse all'impugnazione, in quanto attiene alla seconda, autonoma ratio decidendi sulla quale si fonda la decisione impugnata, sicché il suo eventuale accoglimento non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza (Cass. n. 15399/2018; n. 11493/2018; n. 18641/2017; n. 25871/2017). Non appare tuttavia superfluo rilevare che, contrariamente a quanto si sostiene nel motivo, la traslatio iudicii, che assicura la salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda giudiziale, è principio immanente nel nostro ordinamento, sicché la tempestiva proposizione del giudizio dinanzi al giudice privo di giurisdizione impedisce in ogni caso la decadenza dalla domanda, senza che sia necessario, affinché il processo possa essere incardinato dalla parte dinanzi al giudice munito dì giurisdizione, che il giudice erroneamente adito declini la propria giurisdizione.

7. Il secondo motivo è destituito di fondamento. La tardività o l'omessa notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio. La legittimazione passiva spetta, pertanto, all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell'impugnazione, incombe l'onere di chiamare in giudizio l'ente predetto, se non vuole rispondere all'esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (Cass. n. 10477/2014; n. 9016/2016). Il ricorso va dunque respinto, con aggravio delle spese di lite. +

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in euro 3.000,00, oltre rimborso forfetario e accessori di legge. Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio del 24.10.2018.

 

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