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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 17231 del 27 giugno 2019
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO
1. La Commissione Tributaria Provinciale di Latina accoglieva il ricorso della società P. srl avverso la cartella con la quale l'Agenzia delle Entrate aveva operato il recupero automatizzato -per imposte e ritenute alla fonte non versate - ex art. 36 bis DPR n. 600/73 delle dichiarazioni fiscali - M.U. 2003 per il periodo di imposta 2002 (1.12.2002-31.11.2003), Modello 770/2003 per l'anno di imposta 2002, M.U. 2004 per l'anno di imposta 2003 (1.12.2003- 30.11.2004), modello 770/ 2004 del sostituto di imposta per l'anno di imposta 2003, A presentate da detta società. La competente Commissione Regionale respingeva l'appello dell'Agenzia delle Entrate accogliendo l'eccezione di inammissibilità, sollevata dalla contribuente, delle difese svolte in sede di gravame dall'Ufficio con riferimento all'imputazione dei pagamenti al credito controverso, sul rilievo della novità della succitata prospettazione. Avverso la sentenza indicata in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione l'amministrazione finanziaria sulla base di due s motivi Resiste con controricorso la società contribuente, illustrato con memorie difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Con il primo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 57 d.lgs 546/92 ex art. 360 n. 4, per aver i giudici territoriali affermato la novità dell'eccezione dedotta dall'amministrazione in sede di gravame, benchè la questione fosse stata sollevata con le memorie aggiuntive prodotte nel primo grado.
3. Con la seconda censura, l'Ufficio lamenta l'insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo del I giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., criticando la decisione impugnata nella parte in cui afferma che sussiste la prova documentale - non contestata - del pagamento, senza esaminare la dedotta imputazione della medesima somma a due annualità diverse ( sia con il modello 770 dell'anno 2002 che dell'anno 2003). 4 La prima censura non coglie nel segno. Ed invero, i giudici territoriali hanno dichiarato l'inammissibilità del gravame non in virtù della novità della questione, ma perché "l'eccezione sollevata è fondata"(si tenta di ampliare il petitum del presente giudizio, oltre i limiti della pretesa tributaria A originaria, circoscritti proprio nella cartella impugnata), adducendo che " solo l'impugnata cartella di pagamento ridotta da 13.0000.0000 a 12.000.000 di euro è oggetto - per la parte in contestazione - del presente giudizio" e che "le somme in questione relative alle ritenute alla fonte di reddito di lavoro autonomo sono inserite a pagina 7 del ruolo..." In altri termini, la circostanza che l'eccezione di imputazione dei pagamenti sia stata dedotta già con le memorie aggiuntive del primo grado, in tal modo intendendo superare la decisione di a inammissibilità del ricorso, non attinge la ratio decidendi che sorregge la motivazione del decidente, la quale si fonda sul constatato ampliamento delle contestazioni contenute nell'originario atto impositivo, come delimitato a seguito del successivo sgravio. Il processo tributario, come noto, (Cass., trib., 30 luglio 2007 n. 16829, ex multis), "in quanto rivolto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso, nel quale l'Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale, e la sua pretesa è quella risultante dall'atto impugnato, sia per quanto riguarda il petitum che per quanto riguarda la causa petendi (Cass. 1584/06)": "tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con detto atto alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati ed entro i limiti delle contestazioni mosse dal contribuente (Cass.n.3345/02; n.15234/01;n.4125/02)". Da tal principio discende che la novità delle difese dell'amministrazione finanziaria che ha emesso l'atto impositivo impugnato deve essere necessariamente verificata in base non solo (e/o non tanto) alle controdeduzioni di primo grado della stessa ma, soprattutto, in stretto riferimento alla "pretesa effettivamente avanzata con detto atto", ovverosia "alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati": di conseguenza è, ovviamente, del tutto insufficiente dire che gli "elementi" la cui novità ha determinato la sentenza di inammissibilità sarebbero stati affermati dall'Agenzia già in primo grado, senza fondatamente contestare che detti elementi riguardavano i pagamenti degli importi di cui alla dichiarazione oggetto della cartella, come delimitata dopo lo sgravio (Cass. n. 13742/2015; Cass. n. 10806/2012; n. 2201 del 2012; n. .25909 del 2008).
6. Peraltro, al fine di valutare la fondatezza della decisione, laddove la censura avesse attinto effettivamente la ratio decidendi della motivazione, l'amministrazione aveva l'onere di trascrivere il contenuto della cartella e dello sgravio, in mancanza del quali non è concessa a questa Corte la possibilità di verificare la corrispondenza del contenuto dell'atto rispetto a quanto deciso dalla C.T.R.; ciò che comporta il radicale impedimento di ogni attività nomofilattica, la quale presuppone appunto la certa conoscenza del tenore della cartella in discorso (Cass. sez. 3 n. 8569 del 2013; nn. 16010 e 2928 del 2015).
7. Parimenti inammissibile è la seconda censura. Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della "potestas iudicandi" in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l'onere né l'interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l'impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta "ad abundantiam" nella sentenza gravata ( cfr . S.U. n. 24469/2013; n. 7838/2015; nn. 101 e 30393 del 2017; n. 16410 del 2018) In conclusione, il ricorso va disatteso, con aggravio di spese.
P.Q.M.
-rigetta il ricorso; - condanna l'Agenzia alla refusione delle spese di lite sostenute dalla società contribuente che liquida in euro 10.200,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge. Così deciso nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione il 25.10.2018.
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