Estratto: “La motivazione della sentenza impugnata è apparente perché non controllabile nel suo iter logico, disancorata da precisi riferimenti al quadro probatorio e astrattamente idonea ad essere applicata ad un numero indefinibile di fattispecie (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014).
Dalla lettura della decisione si evince che si controverte sull'applicazione dello studio di settore, si citano precedenti giurisprudenziali relativi all'onere della prova, ma non vi è una conclusione del sillogismo che ancori il ragionamento astratto di diritto agli elementi di fatto della fattispecie, aderendo - se ritenuto del caso - motivazione del giudice di prime cure, ma in modo critico e ponderato (Cass., Sez. L - , Ordinanza n. 28139 del 05/11/2018, Rv. 651516 - 01)”.
Estratto: “a mente dell'art. 10, comma 3, D.lgs. 23/11, nel caso di atto traslativo di diritto reale immobiliare ove l'alienante abbia dichiarato l'accettazione tacita di eredità, la trascrizione di questa deve ritenersi direttamente conseguente rispetto all'atto traslativo, posto che la trascrizione medesima, in forza dell'art. 2648, comma 3 e.e., viene richiesta sulla base dell'atto che ha importato l'accettazione tacita. Ne consegue la esenzione dall'imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie, posto che il presupposto di imposta di cui all'art. 10, comma 1 e 2 cit., non è dato dalla accettazione dell'eredità, che in se è antecedente rispetto all'atto di disposizione del diritto ereditato, quanto dalla trascrizione di questa che è possibile in ragione di quanto dichiarato dall'erede nell'atto traslativo del diritto reale e, pertanto, è conseguente a questo”.
Estratto: “In realtà, il metodo, per come applicato, risulta oggettivamente avulso e disancorato dalle effettive circostanze fattuali, presupposto della fattispecie concreta, come dedotte dalle parti, limitandosi l'Ufficio ad affermare di averle considerate, affermazione priva della concreta dimostrazione e comunque smentita dalla lettura del contenuto dell'atto di rettifica e liquidazione. In altri termini, è corretto affermare, come rileva la sentenza impugnata, che l'Ufficio ha erroneamente impiegato una metodologia basata sul solo fatturato, applicando ad esso una percentuale astratta ed uniforme del 20%, che trascura gli elementi differenziali dei 4 punti vendita in esame, senza tenere in considerazione la incidenza dei costi e quindi la situazione reddituale, che caratterizza l'azienda oggetto di valutazione”.
Commercio al dettaglio di calzature e accessori: accertamenti illegittimi se basati su percentuali di ricarico errate.
Estratto: “Preso atto della fondatezza, sul punto, di tali deduzioni, l'amministrazione provvedeva all'annullamento in autotutela del suddetto provvedimento di 'contestazione' ed alla sua sostituzione (…). Sennonchè, questa notificazione è avvenuta (…) ben oltre il termine annuale (…). Se è vero che l'amministrazione è sempre ammessa all'annullamento in autotutela, senza pregiudizio del successivo esercizio della potestà impositiva (che non si 'consuma' per il solo fatto di essere già stata esercitata con l'atto poi autoannullato), altrettanto indubbio è che tale successivo esercizio incontra pur sempre il limite del decorso, medio tempore, del termine decadenziale previsto dalla legge”.
Estratto: “con riferimento all'omessa indicazione, negli atti impositivi, delle informazioni relative al termine entro cui il destinatario può proporre impugnazione e all'autorità giurisdizionale dinanzi alla quale il ricorso può essere proposto, deriva la necessità di procedere ad una necessaria distinzione tra il piano, meramente formale, degli effetti sulla validità dell'atto, da quello, più propriamente processuale, del termine entro cui il ricorso può essere proposto, ai sensi dell'art. 21, decreto legislativo n. 546/1992; invero, se, da un lato, non può ritenersi che l'atto impositivo, privo delle suddette informazioni, sia di per sé invalido, d'altro lato, l'omesso inserimento delle medesime nel contesto dell'atto assume rilevanza ai fini della valutazione della tempestività o meno del ricorso”.
Estratto: “questa Corte ritiene (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4510 del 21/03/2012) che l'ingiunzione prevista dall'art. 82 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 anche dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 e l'abrogazione, ad opera dell'art. 130 dello stesso d.P.R., delle disposizioni che regolavano la riscossione coattiva mediante rinvio al r.d. 14 aprile 1910, n. 639 - ha conservato una precipua funzione accertativa, costituendo un atto complesso, che è rivolto a portare la pretesa fiscale a conoscenza del debitore ed a formare il titolo, autonomamente impugnabile, per la successiva ed eventuale esecuzione forzata, e che integra, nell'ambito del giudizio di opposizione, gli estremi della domanda, sulla quale il giudice è tenuto a pronunciarsi, di veder riconosciuto il diritto di recupero così azionato; - pertanto, la successiva attività di riscossione a tal atto connessa e da esso derivante presuppone necessariamente la presenza dell'ingiunzione in parola, quale fase avente natura impositiva che deve precedere quella di mera riscossione che si manifesta con la notifica della cartella di pagamento”.
Estratto: “da quanto sin qui detto che il difetto di notifica dell'atto impoesattivo primario comporta il mancato perfezionamento dell'atto stesso e l'inesistenza giuridica dei relativi effetti. Nel caso in esame, costituisce un dato pacifico che l'atto impugnato è un atto impoesattivo primario che è stato spedito al destinatario direttamente dall'Ufficio con plico raccomandato con avviso di ricevimento senza una formale notificazione tramite l'intermediazione dell'organo notificatorio; in applicazione di principi giuridici sopra richiamati, si deve concludere affermando la giuridica inesistenza dell'atto e l'improduttività di ogni effetto”.
Estratto: “a mente dell'art. 7 L.212/2000 nonché del rimando ivi sancito all'art. 3 L.241/1990, gli atti dell'Amministrazione finanziaria devono essere motivati indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione amministrativa. Orbene, l'Ufficio stesso, nella propria memoria integrativa, riconosce come il provvedimento di sospensione recasse presupposti normativi errati. All'accertamento dell'erroneità dei presupposti normativi indicati nell'atto impugnato dalla contribuente deve necessariamente conseguire la conferma dell'illegittimità dello stesso”.
Estratto: “la novità delle difese dell'amministrazione finanziaria che ha emesso l'atto impositivo impugnato deve essere necessariamente verificata in base non solo (e/o non tanto) alle controdeduzioni di primo grado della stessa ma, soprattutto, in stretto riferimento alla "pretesa effettivamente avanzata con detto atto", ovverosia "alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati”.