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Se l’Agenzia delle Entrate non rispetta il termine di 60 giorni l’avviso è invalido a prescindere dal resto. Ragioni di urgenza devono essere provate dall’Agenzia e non dipendere da responsabilità di quest’ultima. Accolto il ricorso del contribuente

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Estratto: “le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall'Amministrazione finanziaria, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della I. n. 212/2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 13630 del 21 maggio 2019

Rilevato che:

Con sentenza n. 272/04/2012, depositata il 19 luglio 2012, non notificata, la CTR del Lazio accolse parzialmente l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti di M. S.p.A. (di seguito M. o la società) avverso la sentenza di primo grado resa tra le parti dalla CTP di Roma, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società avverso avviso di accertamento per IRPEG, IRAP ed IVA per l'anno 2003. L'atto impositivo scaturiva da processo verbale di constatazione dei funzionari dell'Agenzia delle Entrate, che, a seguito di altra verifica condotta nei confronti di soggetto terzo, la P. S.r.l., avevano contestato a M. l'utilizzazione di fatture emesse da P. S.r.l. riferite ad operazioni concernenti l'acquisto di materiale pubblicitario da intendersi soggettivamente inesistenti, ricoprendo quest'ultima società il ruolo di mera cartiera. La CTR del Lazio, in parziale accoglimento dell'appello dell'Ufficio, confermò la legittimità della ripresa a tassazione riguardo all'IVA, rigettando nel resto il gravame riguardo alla deducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette. Avverso la sentenza della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

Considerato che:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 19 e 21 del d.P.R. n. 633/1972 nella parte in cui la sentenza impugnata ha accolto l'appello dell'Ufficio riguardo all'illegittimità della detrazione dell'IVA, perché riferita ad operazioni soggettivamente inesistenti, essendo stata lacunosa da parte del giudice di merito la ricostruzione del quadro probatorio che avrebbe dovuto condurre il giudicante a ritenere che alcun addebito poteva essere contestato alla ricorrente, essendo intercorse le transazioni commerciali oggetto di contestazione sempre ed esclusivamente con P. S.r.l., di modo che M. non avrebbe potuto in alcun modo sapere, alla stregua della diligenza dell'imprenditore commerciale, del proprio coinvolgimento in operazioni finalizzate all'evasione dell'IVA. Ciò, secondo parte ricorrente, avrebbe altresì comportato la violazione del criterio di riparto dell'onere della prova, spettando comunque all'Ufficio la dimostrazione della falsità soggettiva delle fatture emesse, laddove gli elementi presuntivi addotti ai fini della dimostrazione della natura di "cartiera" della società apparentemente cedente il materiale pubblicitario erano privi dei caratteri della gravità, precisione e concordanza, donde l'illegittimità, anche alla stregua dei principi espressi in materia dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea, del disconoscimento della detrazione dell'IVA sugli importi delle fatture in contestazione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, I. 27 luglio 2000, n. 212 e 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui la sentenza impugnata ha disatteso l'eccezione di nullità dell'avviso di accertamento per difetto di allegazione all'atto impositivo del processo verbale di constatazione emesso nei confronti di P. S.r.l., dal quale aveva tratto origine la contestazione mossa all'odierna ricorrente, che non aveva quindi potuto al riguardo esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa, essendole stata preclusa la conoscenza dell'atto con riferimento al quale era stato essenzialmente motivato l'avviso di accertamento in questa sede impugnato.

3. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 7, della I. 27 luglio 2000, n. 212, laddove la sentenza impugnata ha confermato la legittimità, sul piano formale, dell'avviso di accertamento impugnato, rigettando l'eccezione di nullità dell'atto perché notificato senza il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, previsto dalla citata norma.

4. Va premesso che sul capo di sentenza della CTR che ha riconosciuto la fondatezza della domanda della contribuente limitatamente al riconoscimento della legittimità della deducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette si è formato il giudicato interno, non essendo stata la pronuncia della CTR attinta in parte qua da ricorso incidentale dell'Amministrazione finanziaria.

5. Ciò premesso, deve essere esaminato con priorità in ordine logico il terzo motivo. 5.1. Esso è fondato. Posto che è incontroverso in fatto che l'avviso di accertamento impugnato dalla contribuente le sia stato notificato ben prima del decorso del termine di 60 giorni sopra indicato previsto dal succitato art. 12, comma 7, della I. n. 212/2000, la CTR ha respinto la doglianza della contribuente, per avere l'atto fatto riferimento ai motivi di urgenza che ne avrebbero giustificato la notifica in deroga all'osservanza del suddetto termine dilatorio ed avuto riguardo alla natura vincolata dell'atto impositivo rispetto al processo verbale di constatazione.

5.2. Sulla questione relativa alle conseguenze del mancato rispetto del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della I. n. 212/2000, come è noto, successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 29 luglio 2013, n. 18184), hanno affermato che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell'atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l'emissione anticipata, bensì nell'effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall'osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all'epoca di tale emissione, deve essere provata dall'ufficio» (tra le molte successive in senso conforme, più di recente Cass. sez. 5, ord. 30 ottobre 2018, n. 27623).

5.3. Questa Corte ha inoltre chiarito che le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall'Amministrazione finanziaria, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della I. n. 212/2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 9 novembre 2015, n. 22786; Cass. sez. 5, 16 marzo 2016, n. 5149; Cass. sez. 6-5, ord. 10 aprile 2018, n. 8749).

5.3.1. Nella fattispecie in esame la rilevanza delle ragioni di urgenza è stata riferita dall'Amministrazione proprio all'imminente scadenza del termine per l'accertamento, - ciò che, a prescindere anche dall'incidenza della disciplina del c.d. raddoppio dei termini secondo l'art. 57 del d.P.R. n. 633/1972 per quanto concerne l’IVA - non vale, secondo quanto sopra rilevato, a giustificare la legittimità dell'atto impositivo emesso e notificato ante tempus.

6. L'accoglimento del terzo motivo, determinando ex se la nullità dell'atto impositivo, comporta l'assorbimento del primo e del secondo. Il ricorso della contribuente va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata nella parte sfavorevole alla società e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 ultimo comma cod. proc. civ., con accoglimento dell'originario ricorso della contribuente.

7. Essendosi formato e consolidato il suddetto indirizzo interpretativo in pendenza del giudizio di legittimità, possono essere compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso in relazione al terzo motivo, assorbiti i primi due. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, accoglie l'originario ricorso della contribuente. Dichiara compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 aprile 2019

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