Accolto l’appello del contribuente trasferito a Dubai. Le imposte non erano dovute in Italia neanche se non pagate negli Emirati. Agenzia delle Entrate deve rimborsare.
L’avviso di accertamento conteneva pretese non provate dall’Agenzia delle Entrate. La stessa non ha provato la fittizietà del contratto. Accertamento integralmente annullato.
Estratto: “Nella sentenza appellata è stato correttamente rilevato che il sig. T. non è titolare di un'impresa individuale, né trattasi di ente o società.
Il contribuente non risulta svolgere attività libero professionale ma, al contrario, dal mese di febbraio 2014 ha definitivamente cessato la propria attività di consulente agronomo con conseguente cessazione della propria partita IVA dal 31/12/2014, per essere assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di una società avente sede in Francia, Stato in cui egli si è trasferito definitivamente ed in cui risiede.”
Estratto: “Risultano in ogni caso decisivi i rilevi della stessa Cassazione (sez Unite n 13378/2016) che, pur nella vigenza della formulazione precedente del citato art 2, riconosce comunque il diritto al rimborso nel termine di 48 mesi dal versamento (art. 38 DPR 602/73) ed il diritto del contribuente di opporsi in sede contenziosa alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione, in base al principio della capacità contributiva”.
Estratto: «costituisce indirizzo ermeneutico consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale: «in tema di avviso di accertamento notificato a mezzo posta, ai fini della verifica del rispetto del termine di decadenza che grava sull'Amministrazione finanziaria, in tema di avviso di accertamento notificato a mezzo posta, ai fini della verifica del rispetto del termine di decadenza che grava sull'Amministrazione finanziaria, occorre avere riguardo alla data di spedizione dell'atto e non a quella della ricezione dello stesso da parte del contribuente, atteso che il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il notificato si applica in tutti i casi in cui debba valutarsi l'osservanza di un termine da parte del notificante e, quindi, anche con riferimento agli atti d'imposizione tributaria».
Estratto: “il contribuente, in qualità di dipendente della società E. S., ha svolto la propria attività lavorativa all'estero, nell'annualità 2009, presso la consociata estera in Algeria. Nonostante il periodo di lavoro svolto interamente all'estero, il contribuente, in base a quanto previsto dall'art. 2 del TUIR, si è comunque qualificato come fiscalmente residente in Italia, avendo lì mantenuto il centro degli interessi vitali (ovvero la famiglia) per la maggior parte dei predetti periodi d'imposta. Pertanto, in virtù della predetta normativa interna e della normativa del paese estero, il contribuente ha subito una doppia imposizione: il medesimo reddito è stato, infatti, assoggettato ad imposizione in Italia ai sensi dell'articolo 51, comma 8-bis del TUIR (Stato di residenza fiscale del contribuente), ma anche in Algeria (Stato fonte in cui il reddito è stato prodotto)”.
Estratto: “In materia di imposte sui redditi, nell'ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell'assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale".
Estratto: “Osserva il collegio che il principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull'inerenza é di carattere qualitativo e non quantitativo”.
Estratto: “(...) la sentenza non dubita che, a fronte della prospettazione di elementi indiziari da parte dell'ufficio in caso di fatture reputate inerenti ad operazioni soggettivamente inesistenti, spetti al contribuente l'onere di dimostrare la correttezza dell'operazione; anzi, la sentenza ha proceduto a valutare gli elementi di prova all'uopo offerti da G.”.
Estratto: “I giudici di merito, a fronte della prospettazione dei fatti descritti dalla società contribuente per dimostrare che la stessa aveva esercitato attività economica e della contrapposta ricostruzione offerta dall'Ufficio finanziario, finalizzata a dimostrare che la società non era operativa, non hanno proceduto ad una adeguata valutazione delle circostanze di fatto addotte dalla ricorrente, pur trattandosi di elementi decisivi per accertare lo svolgimento in concreto, da parte della ricorrente, di una vera e propria attività d'impresa e l'esistenza di condizioni oggettive suscettibili di impedire il raggiungimento dei ricavi minimi richiesti per superare il test di operatività, ma ha recepito acriticamente le circostanze evidenziate dall'Ufficio nell'avviso di accertamento, fondando il proprio convincimento esclusivamente sulla condotta distrattiva dei soci contestata dall'Ufficio”.