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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 11432 del 30 aprile 2019
FATTI DI CAUSA
1. La Commissione tributaria regionale per la Campania in Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso originariamente proposto da Z. avverso nove avvisi di accertamento n. XXX/2011, n. XXX/2011 e XXX/2011, relativi ad accertamento di maggior reddito a fini Irpef e altro per i periodi di imposta 2006, 2007 e 2008.
2. Ha rilevato il giudice di appello che le deduzioni difensive svolte dall'Agenzia delle Entrate in appello non mutavano il thema decidendum del primo grado ed erano dunque ammissibili; esse riguardavano infatti la prova dell'esistenza delle operazioni extracontabili di acquisto di oro imputate al contribuente, al cui fine la CTR aveva emanato altresì un ordine di esibizione ex art. 213 cod. proc. civ., richiedendo all'Ufficio, che si è poi avvalso all'uopo della Guardia di Finanza, di integrare i due processi verbali già in atti con la documentazione ivi menzionata, ma fisicamente mancante. Sulla scorta di tale integrazione istruttoria, il giudice di appello ha rilevato che il nome del contribuente risultava nella contabilità separata rinvenuta nella disponibilità del venditore del metallo prezioso, di talché del tutto legittima era la contestazione di maggior reddito ai fini fiscali, oggetto degli avvisi di accertamento opposti.
3. Per la cassazione della citata sentenza Z. ricorre con due motivi, resistiti dall'Agenzia delle Entrate con controricorso.
4. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bisl cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso lamenta:
a. Primo motivo: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 58 d.lgs. 546/92 e dell'art. 213 c.p.c., in relazione agli art. 24 e 11 Cost., rilevabile ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.» deducendo che la sentenza avrebbe violato i diritti di difesa del contribuente e i principi del giusto processo per aver erroneamente ritenuto ammissibile la produzione documentale in appello ad opera dell'Agenzia delle Entrate e per aver erroneamente applicato al processo tributario il potere del giudice ordinario di acquisire informazioni dalla Pubblica Amministrazione (213 cod. proc. civ.), posto che nella fattispecie ciò ridondava in una sostituzione da parte del giudice al mancato assolvimento dell'onere probatorio incombente sull'Erario.
b. Secondo motivo: «Violazione e falsa applicazione dell'art.42 d. P.R. 600/73, rilevabile ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.» deducendo l'erroneità della sentenza per aver omesso di rilevare che la documentazione acquisita solo in fase di appello non era mai stata portata a conoscenza del contribuente.
2. L'Agenzia delle Entrate argomenta l'infondatezza del ricorso, di cui chiede il rigetto.
3. Il ricorso va accolto.
4. Il primo motivo di ricorso è fondato. E' affermazione costante di questa Corte che nel processo tributario, a seguito dell'abrogazione dell'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 ed in applicazione dell'art. 58, comma 1, del medesimo decreto, al giudice di appello non è più consentito ordinare il deposito di documenti, dovendo, invece, essergli riconosciuto il potere di ordinarne l'esibizione, ai sensi dell'art. 210 c.p.c., entro gli stessi limiti consentiti al giudice di primo grado, ossia quando è impossibile acquisire altrimenti la prova, come nel caso in cui una parte non possa conseguire i documenti in possesso dell'altra, ovvero in situazioni di oggettiva incertezza, al fine di integrare gli elementi istruttori in atti, non potendo invece essere ordinata d'ufficio l'esibizione di documenti di una parte o di un terzo, quando l'interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa (Sez. 5, Ordinanza n. 33506 del 27/12/2018 Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 16171 del 19/06/2018; Sez. 5, Sentenza n. 13152 del 11/06/2014). Ciò secondo l'insegnamento della Corte costituzionale che, con la decisione n. 109 del 2007, ha rimarcato che presupposto necessario per l'applicazione dell'art. 210 cod. proc. civ. è l'istanza di parte. Mentre per poter applicare l'art. 213 cod. proc. civ. occorre necessariamente che il destinatario dell'ordine sia una Pubblica Amministrazione estranea al giudizio.
5. A tali principi non si è attenuta la CTR che, in assenza delle condizioni per l'applicabilità dell'art. 210 cod. proc. civ. atteso che nella specie la parte non ha formulato alcuna istanza in tal senso, ha inteso qualificare come Amministrazione terza la Guardia di Finanza, ritenendo pertanto legittima l'acquisizione officiosa della documentazione mancante agli atti. Ma in tal modo il giudice di appello ha obliterato la fondamentale circostanza che la Guardia di Finanza ha agito su diretta richiesta dell'Amministrazione fiscale, di talché è evidente che non può parlarsi di autonomo soggetto terzo, ma solo di delegato all'esecuzione dell'ordine, che risulta sempre essere la parte pubblica in causa. Va infine rilevato che, ai fini della valutazione che ne occupa, è del tutto irrilevante la qualificazione di indispensabilità dell'acquisizione probatoria, posto che, con l'abrogazione dell'art. 7 citato, il requisito dell'indispensabilità non può più essere utilmente invocato per supplire all'inerzia della parte nell'adempimento dell'onere probatorio su di sé incombente.
6. Il secondo motivo resta assorbito.
7. La sentenza va dunque cassata e le parti rinviate innanzi al giudice del rinvio, identificato nella CTR della Campania in Napoli in diversa composizione che, in applicazione del citato principio, rinnoverà il giudizio sulla base delle sole prove ritualmente acquisite in atti e provvederà altresì a regolare le spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione Tributaria Regionale per la Campania in Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 marzo 2019.
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