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Cartella impugnabile dal socio della società di persone che, a differenza degli altri soci, non ha impugnato il pregresso accertamento. Nel processo incardinato dagli altri soci è litisconsorte necessario. Accolto il ricorso del socio.

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Estratto: “stretto nesso tra la causa d'impugnazione dell'atto impositivo e quella d'impugnazione della cartella, venendo di nuovo alla presente controversia tributaria, è palese l'errore commesso dalla CTR nel dichiarare inammissibile il ricorso del socio contro la cartella esattoriale, quale effetto della definitività dell'accertamento nei suoi confronti, anteriormente al formarsi del giudicato sull'impugnazione, da parte della società e dell'altro socio, del medesimo dell'accertamento tributario”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 10918 del 18 aprile 2019

Rilevato che:

1. con ricorso alla CTP di Asti GM impugnò la cartella di pagamento conseguente ad un avviso di accertamento con il quale l'Agenzia delle entrate aveva recuperato a tassazione IRPEF e relative addizionali, per l'anno 2007, il reddito di partecipazione imputato al contribuente, ai sensi dell'art. 5 TUIR, quale socio (titolare di una quota del 35% del capitale sociale) della CM Snc; la CTP, con sentenza n. 7/02/2012, accolse il ricorso, ritenendo che l'iscrizione a ruolo del credito fiscale, a titolo definitivo, fosse illegittima, in quanto l'atto impositivo presupposto era ancora sub iudice. Era accaduto che, nel giudizio parallelo riguardante l'impugnazione, da parte della società e dei soci, degli avvisi di accertamento che, per il 2007, rettificavano ai fini delle imposte dirette le dichiarazioni di ciascuno di essi (ossia, oltre a quella della società e di M., anche quella di G.C., titolare di una quota del 65% del capitale sociale), la CTR del Piemonte, con sentenza n. 65/36/2014, avesse rimesso la causa al giudice di primo grado, rilevando la mancata partecipazione al giudizio da parte di M., in quanto litisconsorte necessario; l'Agenzia delle entrate ha interposto appello avverso la detta sentenza della CTP n. 7/02/2012 e la CTR, con la sentenza in epigrafe - dato atto, nella parte narrativa della decisione, che M., a differenza della società e del socio C., non aveva beneficiato del termine di sospensione di 90 giorni, per l'impugnazione dell'atto impositivo al medesimo diretto, poiché, diversamente da costoro, non aveva optato per l'accertamento con adesione - in riforma della sentenza di primo grado, testualmente "considerato che il contribuente ha presentato ricorso oltre i termini", ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo; il contribuente ricorre, per un unico motivo, per la cassazione della sentenza d'appello, mentre l'Agenzia resiste con controricorso;

Considerato che:

1. con l'unico motivo del ricorso, denunciando "violazione e/o falsa applicazione dell'art. 14 dpr 602/73, dell'art. 40 dpr 600/73 e dell'art. 14 dlgs 546/92, per iscrizione a ruolo a titolo definitivo in assenza dei presupposti di legge, in relazione all'art. 360, n. 3), c.p.c., nonché omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, n. 5), c.p.c.", il ricorrente, innanzitutto, censura la sentenza impugnata che non avrebbe considerato che, ai sensi dell'art. 14, del d.P.R. n. 602/1973, possono essere iscritte a ruolo, a titolo definitivo, le imposte liquidate in base ad accertamenti definitivi, circostanza, quest'ultima, nella specie non verificatasi, in quanto l'avviso di accertamento impugnato dalla società era ancora sub iudice al momento dell'iscrizione a ruolo, definitiva, della cartella diretta al socio M.; in secondo luogo, con riferimento al vizio di motivazione, il ricorrente critica la sentenza della CTR che non avrebbe specificato se "il ricorso presentato oltre i termini" era quello avverso la cartella esattoriale impugnata in questo giudizio, o se era quello relativo al procedimento (RG n. 95/11, in primo grado, e RGA n. 758/2012, in appello), al quale il contribuente aveva preso parte come socio della CM Snc riguardante gli atti impositivi diretti, rispettivamente, all'ente collettivo e ai due soci;

1.1. il complesso motivo, articolato in due diverse doglianze - violazione di legge e vizio di motivazione - è fondato nei termini che seguono;

1.1.1. quanto al profilo della violazione di legge, occorre prendere le mosse dal thema della rilevanza, nel presente giudizio, del processo tributario d'impugnazione degli avvisi di accertamento, diretti alla società e ai soci; è ius receptum (ex multis: Cass. 25/06/2018, n. 16730; 30/10/2018, n. 27603), al quale il Collegio intende dare continuità, che: «secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il principio di unitarietà dell'accertamento, su cui si basa la rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e dei relativi soci, comporta che il ricorso tributario proposto da uno di essi, o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che i soci, i quali tutti debbono perciò essere parti del procedimento, non potendo la relativa controversia essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; ricorrendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra soci e società (ex plurimis, Cass. S.U. n. 10145/12; Cass. sez. V, nn. 5844/16, 5708/16, 1700/16, 26102/15, 21340/15, 16926/15, 2094/15, 20075/14, 13767/12, 6935/11, 12236/10; Cass. Sez. V1-5 nn. 4570/16, 3690/16, 2867/16), il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, ai sensi dell'art. 14, d.lgs. n. 546/92, ovvero, se possibile, la riunione dei processi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del successivo art. 29; in ogni caso, il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile - anche d'ufficio - in ogni stato e grado del procedimento (Cass. S.U. nn. 1052/2007 e 14815/08; conf., ex multis, Cass., sez. V, nn. 26071/15, 7212/15, 1047/13, 13073/12, 23096/12)» (così in Cass. 02/09/2016, n. 17549); svolta questa premessa, nella presente controversia tributaria che - giova rimarcarlo - riguarda l'impugnazione della cartella di pagamento e non dell'avviso di accertamento che ha rettificato il reddito di partecipazione del socio ex art. 5 TUIR, la CTR, discostandosi da questi princìpi di diritto, ha respinto l'appello del contribuente, facendo perno sul presupposto, in realtà non dirimente, che il detto avviso fosse ormai divenuto definitivo perché non opposto dal socio nel termine di sessanta giorni, previsto dall'art. 21, comma 1, proc. trib.; una simile decisione, però, trascura la cruciale questione di diritto degli effetti, sul giudizio d'impugnazione della cartella, del principio d'unitarietà dell'accertamento fiscale (quale atto presupposto), che sta alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi della società di persone e dei soci e che, al contempo, identifica la ratio del litisconsorzio necessario originario, tra la società e i soci, nel giudizio d'impugnazione dell'atto impositivo promosso da alcuno di essi; è pur vero - come ricorda la difesa erariale per avvalorare la tesi secondo cui la posizione tributaria del socio sarebbe autonoma e indipendente da quella della società, sebbene ad essa strettamente collegata - che l'art. 14, comma 6, proc. trib., stabilisce che le parti chiamate in causa o intervenute volontariamente non possono impugnare autonomamente l'atto se per esse al momento della costituzione è già decorso il termine di decadenza; cionondimeno, nella prospettiva della soluzione della quaestio iuris in esame, ritiene questa Corte di dovere ribadire l'indirizzo delle sezioni unite (Cass. sez. un. 4/06/2008, n. 14815), per il quale il fatto che non sia più possibile il ricorso autonomo, e tuttavia la parte possa essere chiamata in causa legittimamente, deve essere inteso nel senso che la sentenza favorevole al contribuente possa essere opposta all'Ufficio (nonostante la definitività dell'accertamento nei suoi confronti), ad esempio per impugnare la cartella esattoriale e gli atti successivi della riscossione, con il solo limite della irripetibilità di quanto già pagato (vedi: Cass. 19850/2005), poiché, se così non fosse, la chiamata in causa e l'eventuale partecipazione al giudizio del contribuente (ormai privato del potere di impugnare autonomamente l'avviso di rettifica del suo reddito di partecipazione), si risolverebbero in un'inutile attività processuale; riconosciuto, quindi, lo stretto nesso tra la causa d'impugnazione dell'atto impositivo e quella d'impugnazione della cartella, venendo di nuovo alla presente controversia tributaria, è palese l'errore commesso dalla CTR nel dichiarare inammissibile il ricorso del socio contro la cartella esattoriale, quale effetto della definitività dell'accertamento nei suoi confronti, anteriormente al formarsi del giudicato sull'impugnazione, da parte della società e dell'altro socio, del medesimo dell'accertamento tributario;

1.1.2. la doglianza relativa al vizio di motivazione è assorbita dall'accoglimento del motivo del ricorso riguardante la violazione di legge;

2. ne consegue che, accolto (nei termini anzidetti) l'unico motivo del ricorso, la sentenza è cassata, con rinvio alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, che, nel riesaminare la controversia, si atterrà agli enunciati princìpi, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 27 marzo 2019

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