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Agenzia delle Entrate condannata a rimborsare le ritenute sugli interessi versate dalla partecipata oltre a 19.000 euro di spese di giudizio. I Giudici accolgono l’appello della società contribuente.

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Estratto: “poiché deve ritenersi come, per provare la qualifica di beneficiano effettivo per l'esenzione da ritenuta sugli interessi, sia sufficiente produrre la certificazione di residenza nello Stato comunitario (ed eventuali oneri aggiuntivi richiesti dall'A.F. italiana non possono ritenersi obbligatori), nonché come i certificati emessi dalle autorità fiscali straniere abbiano valenza probatoria vincolante (cfr. Cass. sez. V n. 1553 del 4-10-2011/3-2-2012), deve prestarsi attenzione ai certificati”.

Estratto: “Stabilisce la convenzione Italia-Francia in esame (art. 10 §' 4. lett.b) che la società madre residente in Francia "che riceve da una società residente dell'Italia dividendi che darebbero diritto a un credito d'imposta se fossero ricevuti da un residente dell'Italia, ha diritto al pagamento da parte del Tesoro italiano di un ammontare pari alla meta' di detto credito d'imposta diminuito della ritenuta alla fonte”.

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Comm. Trib. Reg. per l'Abruzzo Sezione/Collegio 7

Sentenza del 15/11/2018 n. 1095 -

Testo:

I PROCESSI DI PRIMO GRADO

Con le sentenze nn. 600, 601, 602 e 603 del 7-2/20-6-2017, la C.T.P. di Pescara rigettava i ricorsi avanzati dalla A. s.a., a mezzo dei quali la società francese aveva impugnato i provvedimenti di rigetto (del Centro Operativo di Pescara dell'Agenzia delle Entrate) dei rimborsi delle ritenute sugli interessi corrisposti dalla A.M.A.V. s.p.a.

L'ATTO D'APPELLO

Nell'atto introduttivo (depositato in data 7-2-2018) del presente giudizio, la menzionata società francese chiedeva la riforma delle sentenze della C.T.P.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'appello va accolto poiché, diversamente da quanto affermato dalla C.T.P., deve ritenersi che: - poiché l'appellante possedeva il 100% della società spagnola A.M. Holding; - poiché la società spagnola — individuata come beneficiario effettivo dal Centro Operativo — possedeva il 50% della A.M.A.V. s.p.a.; l'appellante e la società spagnola erano persone giuridiche coincidenti, con la conseguenza che la A. s.a. era il beneficiano effettivo legittimato ad ottenere i chiesti rimborsi. Per giungere a tale affermazione non può non prendersi le mosse dall'insegnamento impartito da Cass. sez. V n. 27113 del 21-9/28-12-2016, in una vicenda che vedeva contrapposti — anche in quella sede — il Centro Operativo dell'Agenzia delle Entrate ed una società residente nella Repubblica Francese. Affermava testualmente la Corte Suprema di Cassazione: "Stabilisce la convenzione Italia-Francia in esame (art. 10 §' 4. lett.b) che la società madre residente in Francia "che riceve da una società residente dell'Italia dividendi che darebbero diritto a un credito d'imposta se fossero ricevuti da un residente dell'Italia, ha diritto al pagamento da parte del Tesoro italiano di un ammontare pari alla meta' di detto credito d'imposta diminuito della ritenuta alla fonte prevista al paragrafo 2." Il credito d'imposta - previsto, in caso di attribuzione domestica di dividendi, dagli artt. 14 e 92 TUIR vigenti nell'anno di imposizione qui dedotto - spetta alla duplice condizione che la società madre sia la "beneficiaria effettiva" dei dividendi; e, inoltre, che essa sia residente in Francia, nel senso di avere in tale Stato la propria sede di "direzione effettiva", come richiesto in via generale dall'art. 4 della medesima convenzione. Non è inutile evidenziare che l'intera controversia si è incentrata sulla ravvisabilità nella specie di queste due sole condizioni; risultando, per contro, non contestati dall'amministrazione finanziaria tutti gli altri elementi di spettanza del beneficio, quali la relazione di controllo totalitario madre-figlia, e l'effettivo assoggettamento della società percipiente a corrispondente imposizione nel Paese di residenza. Ciò posto, si osserva come la convenzione italo-francese contro le doppie imposizioni recepisca testualmente, con la clausola del beneficiano effettivo, un principio di ordine generale delle convenzioni in materia, in virtù del quale i benefici previsti ad evitare la doppia imposizione spettano soltanto a favore della società controllante che disponga, non solo giuridicamente ma anche economicamente, dei dividendi percepiti; risultandone la destinataria reale. Il requisito in oggetto impedisce, in altri termini, che a giovarsi del regime bilaterale contro le doppie imposizioni sia una società madre priva di sostanza economica, e strumentalmente costituita nello Stato contraente al solo fine di usufruire dei vantaggi convenzionali su dividendi che potrebbero dirsi "propri" della controllante solo sul piano formale, non anche sostanziale; in quanto destinati ad altra controllante collocata in un Paese il cui ordinamento non preveda pari vantaggi fiscali. La clausola in esame — comune ad innumerevoli convenzioni in materia — si pone dunque quale disposizione antielusiva specifica in tema di eliminazione-attenuazione della doppia imposizione, in termini sia giuridici (imposizione in Stati diversi di un medesimo soggetto in relazione al medesimo presupposto) sia economici (imposizione di una medesima ricchezza, l'utile societario, rispettivamente in capo alla società che l'ha prodotto ed al socio che l'ha percepito in forma di dividendo). Da questo punto di vista, essa costituisce una sorta di precipitato normativo del principio generale di cui all'art. 31 della Conv. Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, in base al quale un trattato deve essere interpretato secondo buona fede ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo; parametri che, anche nei casi di inesistenza di previsione testuale, indurrebbero comunque a non riconoscere il regime di favore alla società madre che - non essendo il beneficiano effettivo dei dividendi che danno luogo al credito d'imposta - abbia abusato del trattato mediante un 'allocazione territoriale strumentale, stravolgendone appunto l'oggetto e lo scopo pratico ('c.d. treaty abuse). La stessa clausola è però certamente conforme anche ai principi antielusivi della fiscalità internazionale ('per quanto segnatamente concerne la nozione di 'beneficial owner' in materia di dividendi sull'estero, rileva l'art. 10 del Commentario al mod. OCSE sulle convenzioni contro te doppie imposizioni) e, in particolare, di quella eurounitaria; così come ormai definitivamente acquisiti, anche per i tributi non armonizzati, a seguito delle note sentenze nei casi Halfax C-255/02 e Cadbtuy Schweppes C-196/04. D'altra parte, anche l'ordinamento UE conosce, con la direttiva madre-figlia 90/435/CEE e succ. mod., un regime dedicato di contrasto della doppia imposizione economica; e ciò ben si comprende in ragione dell'interesse, da un lato, a favorire la dislocazione transnazionale in ambito UE dei gruppi societari e, dall'altro, a dare attuazione anche in materia ai principi istitutivi di libertà di stabilimento, circolazione dei capitali, concorrenzialità. Profili, questi ultimi, che impongono che il beneficiano dei dividendi residente in un diverso Stato UE usufruisca del medesimo trattamento impositivo riservato al beneficiano residente. Ebbene, anche la direttiva madre-figlia - che pure lascia impregiudicata l'applicazione delle disposizioni convenzionali di contrasto della doppia imposizione, anche mediante riconoscimento di un credito d'imposta in alternativa all'esenzione da ritenuta - si preoccupa di evitare utilizzi abusivi del regime; il che è stato recepito dalla norma interna attuativa di cui all'art. 27 bis d.lgs 600/73, che nel 5" co. ammette ad usufruire della disciplina anche le società controllate da soggetti non UE, ma a condizione che "dimostrino di non detenere la partecipazione allo scopo esclusivo o principale di beneficiare del regime in esame". In definitiva, la clausola convenzionale in parola si pone nell'ambito di un contesto normativo certamente complesso — recentemente arricchitosi, nell'ordinamento nazionale, con l'introduzione della nozione generale di abuso del diritto o elusione fiscale di cui all'art. 10 bis L. 2 12/00 - ma sostanzialmente armonico; nel cui ambito non si pongono frizioni applicative tra le norme antielusive, generali e speciali, di varia matrice. Di ciò vi è riflesso anche nella giurisprudenza di legittimità, la quale ha osservato - sul presupposto che l'indubbia libertà del contribuente di optare per una soluzione negoziale ed organizzativa comportante un maggior risparmio fiscale trovi limite nell'esigenza di reprimere condotte elusive e di abuso del diritto - come il regime convenzionale contro le doppie imposizioni presupponga la prova che la società che riceve i dividendi ne sia la 'effettiva beneficiaria' (Cass. 4164/13, con riferimento alla convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Regno Unito); intendendosi per tale il "soggetto sottoposto alla giurisdizione dell'altro Stato contraente, che abbia l'effettiva disponibilità giuridica ed economica del provento percepito, realizzandosi altrimenti una traslazione impropria dei benefici convenzionali o addirittura un fenomeno di non imposizione" (Cass. 25281/15). Cass. 4164/13, cit., ha poi evidenziato come in nessun modo i suddetti principi fondamentali UE possano consentire un trattamento diverso tra società percipiente residente e non residente, e come tale principio debba valere anche ai fine di interpretare il regime convenzionale volto ad eliminare o ridurre la doppia imposizione adottato bilateralmente dai singoli Stati: "si è osservato dalla giurisprudenza comunitaria che, quando uno Stato membro ha scelto di esercitare la sua competenza fiscale sui dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri, i non residenti beneficiari di tali dividendi si trovano in una situazione del tutto analoga a quella dei residenti per quanto riguarda il 'rischio di doppia imposizione economica' dei dividendi distribuiti dalle società residenti, per cui i beneficiari non residenti non possono essere trattati diversamente dai beneficiari residenti ('cfr. Giust. CE, 19.11.2009 n. 540; C. Giust. CE, 3.6.2010 ti. 487) ". In definitiva, se è vero che deve ritenersi 'beneficiario effettivo ai fini della materia in esame, il soggetto al quale sia attribuito l'uso ed il godimento dei dividendi oggetto di tassazione, in relazione ai quali esso si ponga come destinatario finale (owner, dominus) e non come semplice intermediario, agente o fiduciario, altrettanto indubbio è che una società madre percipiente non può non ritenersi 'beneficiaria effettiva' dei dividendi solo perché priva, in quanto di pura partecipazione, delle caratteristiche tipiche (quelle individuate dal giudice di merito) di una società operativa, ovvero di una holding mista. E' evidente che gli elementi di giudizio evidenziati dal Giudice di merito assumono una valenza dimostrativa del tutto differente, a seconda che siano attribuiti ad una società operativa invece che ad una società di sola partecipazione e coordinamento; salvo che non si esiga - ma ciò negherebbe in radice una delle più tipiche manifestazioni del controllo societario di gruppo e, al contempo, la stessa autonoma rilevanza imprenditoriale della finzione di holding — che quest'ultima si ingerisca sempre e comunque nell'operatività della prima. A ben vedere, solamente nel primo caso essi possono assumere il significato di fittizietà e di mancanza di reale sostanza economica. Nel secondo caso, invece, essi ben potrebbero non essere significativi di quell'uso distorto della soggettività societaria che vi ha scorto il giudice di merito; tenendo a mente la non essenzialità degli indici di esternazione ed organizzazione operativa richiesti dal giudice di merito con riguardo ad un compito istituzionale di mero indirizzo e direzione unitaria, partecipazione alle assemblee della controllate, riscossione dei dividendi. La circostanza che la società percipiente detenga, tra le proprie attività, unicamente delle partecipazioni di controllo, così come l'eventualità che essa stessa sia a sua volta totalitariamente controllata da altra società non residente in uno Stato stipulante (c.d. controllo 'a cascata'), non comprovano pertanto, di per sé, l'artificiosità ovvero la strumentalità della medesima e, con ciò, l'insussistenza del credito d'imposta… quanto fin qua osservato sulla necessità di conformare l'accertamento di fatto alla peculiare natura rivestita dalla società madre, deve valere anche ai fini dell'ulteriore requisito della sede di direzione effettiva. Dagli atti di causa emerge come incontroverso che la ricorrente abbia sede legale ed amministrativa in Francia; che sia assoggettata ad imposizione da parte dell'amministrazione finanziaria francese; che in Francia risiedano le persone fisiche degli amministratori, e che ivi vengano adottate le fondamentali decisioni concernenti la società. In tale situazione, non sono stati dal giudice di merito enucleati i fatti contrari — se non attraverso i già indicati indici di operatività, però non decisivi per le dette ragioni — che deporrebbero per far ritenere la sostanziale fittizietà della sede francese, trattandosi di società totalmente eterodiretta dalla capogruppo con sede negli USA. Il che contrasta anche con la definizione di sede di direzione effettiva (place of effective management) desumibile dal modello Ocse citato, facente riferimento, per quanto concerne le persone giuridiche, allo Stato del luogo di adozione della volontà decisionale di gestione e controllo, individuabile all'esito di un tipico e necessario accertamento di fatto". Ed allora, poiché deve ritenersi come, per provare la qualifica di beneficiano effettivo per l'esenzione da ritenuta sugli interessi, sia sufficiente produrre la certificazione di residenza nello Stato comunitario (ed eventuali oneri aggiuntivi richiesti dall'A.F. italiana non possono ritenersi obbligatori), nonché come i certificati emessi dalle autorità fiscali straniere abbiano valenza probatoria vincolante (cfr. Cass. sez. V n. 1553 del 4-10-2011/3-2-2012), deve prestarsi attenzione ai certificati allegati (dall'odierna appellante) alle istanze di rimborso. Infatti: - all'istanza rigettata con prot. n. 100xx dell'8-5-2015, era allegata (in calce alla domanda di rimborso (per il periodo d'imposta 2007) depositata in data 17-11-2011 presso l'Agenzia delle Entrate del Lazio — Ufficio grandi contribuenti) l'attestazione del 29-6-2011 a firma della "Inspectrice J.K." della "DIRECTION GENERALE DES FINANCES PUBLIQUES" in base alla quale "... il beneficiario sopraindicato è residente in Francia le dichiarazioni contenute nel presente modulo sono esatte, compresa quella relativa all'effettivo beneficiano, per quanto risulta all'Amministrazione francese "; - all'istanza rigettata con prot. n. 105xx del 15-5-2015, era allegata (in calce alla domanda di rimborso (per il periodo d'imposta 2008) depositata in data 17-11-2011 presso l'Agenzia delle Entrate del Lazio — Ufficio grandi contribuenti) l'attestazione del 29-6-2011 a firma della "Inspectrice J.K." della "DIRECTION GENERALE DES FINANCES PUBLIQUES" in base alla quale "... il beneficiano sopraindicato è residente in Francia le dichiarazioni contenute nel presente modulo sono esatte, compresa quella relativa all'effettivo beneficiario, per quanto risulta all' 'Amministrazione francese "; - all'istanza rigettata con prot. n. 105xx del 15-5-2015, era allegata (in calce alla domanda di rimborso (per il periodo d'imposta 2009) depositata in data 17-11-2011 presso l'Agenzia delle Entrate del Lazio — Ufficio grandi contribuenti) l'attestazione del 29-6-2011 a firma della "Inspectrice J.K." della "DIRECTION GENERALE DES FINANCES PUBLIQUES" in base alla quale "... il beneficiano sopraindicato è residente in Francia le dichiarazioni contenute nel presente modulo sono esatte, compresa quella relativa all'effettivo beneficiano, per quanto risulta all'Amministrazione francese "; - all'istanza rigettata con prot. n. 105xx del 15-5-2015, era allegata (in calce alla domanda di rimborso (per il periodo d'imposta 2010) depositata in data 17-11-2011 presso l'Agenzia delle Entrate del Lazio — Ufficio grandi contribuenti) l'attestazione del 29-6-20l1 a firma della "Inspectrice J.K." della "DIRECTION GENERALE DES FINANCES PUBLIQUES" in base alla quale il beneficiario sopraindicato è residente in Francia le dichiarazioni contenute nel presente modulo sono esatte, compresa quella relativa all'effettivo beneficiario, per quanto risulta all'Amministrazione francese ". Ne consegue come l'appellante sia la beneficiaria effettiva legittimata ad ottenere i chiesti rimborsi.

PQM

la Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo, sezione VII, accoglie l'appello ed annulla i provvedimenti impugnati; condanna l'appellato al pagamento delle spese del I grado di giudizio che si liquidano in € 9.000, nonché del presente grado di giudizio che si liquidano in € 10.000, oltre oneri di legge se dovuti.

 

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