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Estratto: “"In materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all'art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci - salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario”.

Estratto: “l'avviso di accertamento è immotivato perché enuncia genericamente l'inesistenza delle operazioni come derivanti da fatture per operazioni apparenti emesse a carico della società T., senza neppure individuare le fatture ritenute fittizie. In mancanza dell'allegazione degli elementi sintomatici potenzialmente capaci di consentire al cessionario o committente di rendersi conto o, almeno, di sospettare l'esistenza di irregolarità o di evasione e degli elementi indiziari idonee a giustificare la contestazione dell'Ufficio, non può gravare sul contribuente l'onere di provare, in applicazione di principi ordinari sull'onere della prova vigenti nel nostro ordinamento (art. 2697 c. c.), di non essere a conoscenza della inesistenza di fatture a monte".

Estratto: “qualora sussista, come nel caso in esame, una normativa specifica che disciplini il contraddittorio endoprocedimentale, la previsione di cui all'art. 12, comma 7, cit., si applica a tutti i tributi, quindi anche ai tributati armonizzati, sicchè, ove sia avvenuto un accesso degli accertatori presso i locali dell'impresa, trova sicura applicazione generale, e senza distinzione tra tributi armonizzati e non, l'obbligo di contraddittorio; ne consegue che correttamente il giudice del gravame ha ritenuto che, nella fattispecie, l'avviso di accertamento, emesso prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal processo verbale di constatazione, era da considerarsi illegittimo per violazione del diritto al contraddittorio; né assume pregio l'ulteriore contestazione in ordine alla sussistenza delle ragioni di urgenza; è vero che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. civ., 16 marzo 2016, n. 5137), il vizio invalidante l'avviso di accertamento non consiste nella omessa enunciazione dei motivi di urgenza che hanno determinato l'emissione anticipata dell'atto, bensì nell'effettiva assenza di specifiche ragioni di urgenza riferite al rapporto tributario controverso e, pertanto, compete all'amministrazione interessata fornire la prova della concreta ricorrenza, all'epoca dell'emissione, di siffatto requisito esonerativo dall'osservanza del termine; tuttavia, il motivo di ricorso in esame si limita ad affermare che la ragione di urgenza non deve essere indicata nell'avviso di accertamento, ma è l'urgenza che appare sussistere in base ad elementi ragionevoli, sicchè essa è motivata”.

Estratto: «In caso di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito fiscale, l'autore della dichiarazione doganale non risponde del mancato versamento dell'imposta relativa all'estrazione dei beni».

Estratto: “in materia di valutazione delle prove "il procedimento che deve necessariamente seguirsi in tema di prova per presunzioni si articola in due momenti valutativi, il primo dei quali prevede una valutazione analitica di ogni elemento indiziario per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare quelli che, presi singolarmente, rivestano i caratteri della precisione e della gravità, ossia presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria, mentre il secondo prevede una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni indizi, dovendo pertanto ritenersi viziata da errore di diritto e censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio, senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento" (Cass. 15075 del 2010; v. tra le altre Cass. n. 19894 del 2005, n. 13819 del 2003, n. 15399 del 2002 e in ultimo Cass. 9778 del 2014)”.

Estratto: “Non è dato comprendere, infatti, in mancanza di qualsiasi esplicitazione sul punto, le ragioni per le quali il Giudice di appello dopo avere censurato la legittimità dell'atto impositivo perché privo dei necessari riscontri e basato su una metodologia inaccettabile, sia giunto alla conclusione di ritenere, comunque, la fondatezza della pretesa impositiva nella ridotta misura del 50%.

Estratto:La Commissione regionale, nell'accogliere l'appello dell'Ufficio, ha implicitamente ritenuto sussistente la condotta elusiva contestata dall'Ufficio, ma ha totalmente omesso di esplicitare le ragioni poste a sostegno di tale convincimento, prescindendo dall'esame sia delle argomentazioni difensive svolte dalla difesa erariale con l'atto di appello sia delle controdeduzioni esposte dalla società contribuente volte a dimostrare la sussistenza di ragioni economiche idonee a giustificare l'operazione asseritamente elusiva. Mancando, pertanto, nella motivazione della sentenza impugnata il contenuto «minimo costituzionale» richiesto dall'art. 111 della Costituzione, è ravvisabile il vizio denunciato, che, sebbene prospettato come omesso esame, deve essere convertito in vizio di violazione di legge per motivazione apparente, che si configura quando la «motivazione manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione...» (Cass. n. 20112 del 2009; Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014).”

Estratto: “E questa Corte (si veda, in particolare, Cass. 23 settembre 2016, n. 18631) ha coerentemente ammesso la detraibilità sugli acquisti di beni e servizi afferenti a corsi di formazione, aggiornamento, riqualificazione e riconversione del personale, effettuati da organismi che percepiscono contributi pubblici, a condizione che i beni e servizi acquistati coi contributi siano utilizzati per l'effettuazione di operazioni imponibili o che danno diritto alla detrazione”.

Estratto: “Nella sentenza manca dunque ogni riscontro del percorso logico e dello sviluppo motivazionale posto a supporto della decisione cui perviene il giudice d'appello. Ciò si traduce nella impossibilità di controllo, da parte del giudice di legittimità, sia delle modalità con le quali abbiano trovato applicazione i principi contenuti nell'art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, ai fini della formazione della prova critica e del buon uso del materiale indiziario, sia del processo logico che assiste la motivazione, sotto il profilo della correttezza giuridica e della sua coerenza logico-formale. In conclusione, nei termini specificati, i motivi di ricorso sono fondati”.

Estratto: “la CTR non si è attenuta al dato normativo, ai princìpi di diritto e ai profili di valutazione del presupposto impositivo dell'IRAP appena enunciati giacché, in sostanza, ha erroneamente ravvisato la ricorrenza del presupposto dell'autonoma organizzazione esclusivamente sulla base delle circostanze di fatto - incontestate, ma di per sé insufficienti - che il commercialista, per l'esercizio della propria attività professionale, si fosse avvalso, nel biennio in esame, di una segretaria part-time, che veniva impiegata per poche ore settimanali (11 ore nel 2008; 9 ore nel 2009); le considerazioni precedenti comportano che, accolto il primo motivo, ed assorbiti gli altri, la sentenza sia cassata; non essendo necessaria ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., coll'accoglimento del ricorso introduttivo”.