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L’interposto può richiedere il rimborso delle imposte pagate se l’Ufficio ha già contestato l’elusione all’interponente. Accolto il ricorso dei terzi ritenuti fittiziamente interposti.

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Estratto: “se chi pone in essere il comportamento ritenuto elusivo viene tassato direttamente "al netto" di quanto pagato per il comportamento inopponibile, la legge riconosce ai "soggetti diversi", ossia a quelli che non rientrano tra í destinatari diretti della notifica della pretesa tributaria la possibilità di interporre ricorso per ottenere il rimborso per quanto pagato a seguito dei comportamenti disconosciuti”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5,

Sentenza n. 19320 del 18 luglio 2019

Fatti di causa

D. e C. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 59/22/2013 depositata in data 21.6.2013 con la quale la CTR del Veneto, confermando la decisione della CTP di Padova, aveva respinto la loro richiesta volta ad ottenere la restituzione delle somme versate a titolo di imposta di donazione, ipotecaria e catastale per un ammontare di oltre cinquantovemila euro. Precisavano che il versamento di dette somme aveva avuto causa in due distinti atti di donazione stipulati in data XXX a mezzo dei quali CG — loro rispettivo coniuge e padre — aveva loro donato, in ragione del 50% ciascuna, un immobile di sua proprietà. Precisavano, ancora, che la successiva vendita del bene dalle stesse operata era stata considerata, dato anche lo stretto lasso di tempo trascorso, come posta in essere ai sensi dell'art. 37 DPR 600 per interposta persona tanto che l'AGENZIA DELLE ENTRATE aveva emesso un accertamento nei confronti del donante con conseguente imputazione dei redditi conseguiti a titolo di plusvalenza. Il ricorso è basato sui tre motivi: 1 = ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione dell'art. 37 bis DPR 600/1973 così come richiamato dall'art. 69, comma 7, della legge 342/2000 ed altresì falsa applicazione dell'art. 38 TU Registro; 2 = ex art.360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione degli artt. 132 numero 4 c.p.c., 36, 1 e 61 D.Lgs. 546/1992: omessa indicazione, seppur concisa, delle ragioni di fatto della decisione assunte; 3 = ex ad. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per aver omesso di pronunziare, con violazione dell'art. 1 e 36 D.Lgs. 546/1992 e 112 c.p.c. in ordine alla domanda afferente la nullità del provvedimento di diniego del rimborso per violazione dell'art. 37 DPR 600. L'AGENZIA DELLE ENTRATE ha resistito con controricorso. Le ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

La principale questione da esaminare concerne, nella fattispecie in esame, la individuazione della norma disciplinante il diritto al rimborso delle somme versate a titolo di imposta di donazione relativamente ad un atto ritenuto inopponibile al fisco con conseguente tassazione in capo al donante anche del successivo atto di vendita posto in essere dalle donatarie. Tanto la CTP di Padova che la CTR del Veneto (che, invero, si è limitata ad un mero richiamo sul punto della sentenza di primo grado senza esprimere alcuna valutazione in proposito) hanno individuato la norma da applicare in quella dell'art. 38 del DPR 131/1986 (TUR). Hanno opposto, in contrario, le ricorrenti entrambe le decisioni assumendo, con il primo motivo di ricorso, la violazione della disposizione dell'art. 37 bis del citato DPR, norma ritenuta applicabile alla fattispecie. Il motivo è fondato. Ed infatti, l'applicabilità alla fattispecie della norma dell'art. 38 TUR — ritenuta sia in primo che in secondo grado - potrebbe configurarsi solo se non fosse stato già previsto il rimborso in caso di disconoscimento degli effetti giuridici di un atto a favore del contribuente con la norma dell'art. 37 bis che, per effetto della espressa disposizione del comma 7 dell'art. 69 della legge n. 342 del 2000 è applicabile anche alle imposte indirette di successione e donazione. Tale ultima norma, infatti, opera un rinvio all'art. 37 bis TUR estendendo i poteri del fisco già previsti per le imposte dirette anche alle imposte indirette di successione e donazione, con l'unica esclusione delle ipotesi indicate al comma 3 dell'art. 37 bis che, peraltro, sarebbero del tutto inconferenti con riferimento alle donazioni e successioni. Ciò comporta che ai fini dell'imposta sulle donazioni e successioni l'applicazione dell'intera disposizione, con la sola esclusione del comma terzo. Pertanto, anche chi pone in essere il comportamento ritenuto elusivo in modo diretto ne subisce la conseguenza e viene tassato "al netto", solo per la differenza rispetto alle imposte già versate con il comportamento che non gli viene riconosciuto come opponibile. Inoltre, al fine di evitare la duplicazione di imposta, la norma del comma 7 prevede che "i soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni dei commi precedenti" possono richiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito dei comportamento disconosciuti dall'Amministrazione finanziaria proponendo entro il termine di un anno dal giorno in cui l'accertamento è divenuto definitivo o è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale istanza di rimborso all'Amministrazione che provvede nei limii dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure. Di conseguenza, se chi pone in essere il comportamento ritenuto elusivo viene tassato direttamente "al netto" di quanto pagato per il comportamento inopponibile, la legge riconosce ai "soggetti diversi", ossia a quelli che non rientrano tra í destinatari diretti della notifica della pretesa tributaria la possibilità di interporre ricorso per ottenere il rimborso per quanto pagato a seguito dei comportamenti disconosciuti, al fine di evitare che abbiano una sorte deteriore. E non vi è dubbio che i "soggetti diversi" non possano che essere individuati in tutti quelli coinvolti nelle operazioni disconosciute, ma diversi da colui al quale viene richiesta l'imposta. In definitiva, quindi, nei casi in cui siano considerati inopponibili al fisco negozi ritenuti finalizzati ad un risparmio fiscale anche ai fini delle imposte indirette deve ritenersi applicabile, per effetto del rinvio operato dall'art. 69, comma 7, della legge n. 342/2000, l'art. 37 bis - quale norma speciale riguardante l'inopponibilità nel caso di negozi privi di valide ragioni economiche ma finalizzati al solo scopo di ottenere un risparmio fiscale - e non l'art. 38 TUIR che prevede, invece, il rimborso per fattispecie diverse, riguardanti i casi di dichiarazione di nullità di atti registrati. Le ricorrenti, pertanto, non essendo stata posta in discussione la tempestività della richiesta di rimborso rispetto al termine annuale previsto, sono da considerare "persone interposte" ai sensi del comma 4 dell'art. 37 con diritto al rimborso per le somme versate "in misura non superiore all'imposta effettivamente percepita" a seguito dell'accertamento nei confronti del soggetto interponente. La decisione impugnata risulta, pertanto, affetta da falsa applicazione alla fattispecie esaminata di una norma (ad. 38 TUR) che è inconferente in quanto riguardante fattispecie diversa. La sentenza della CTR del Veneto va, pertanto, cassata con rinvio alla stessa CTR, in diversa composizione, per la determinazione dell'importo spettante alle ricorrenti all'indicato titolo.

p.q.m.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, in esso assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Veneto, in diversa composizione, per la determinazione dell'importo spettante alle ricorrenti D. e C. a titolo di rimborso e per le spese anche del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell'8 maggio 2019.

 

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