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Spese di pubblicità: annullato l’avviso di accertamento a carico del ristoratore

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Estratto: l'imprenditore può legittimamente scegliere gli strumenti ed i settori nei quali pubblicizzare la propria attività e detrarre i relativi costi, se – come nel caso in esame - non è contestata né l'esistenza, né I'ammontare di tali costi, qualora tali costi integrino spese di pubblicità. D'altra parte se i costi qui discussi non fossero inerenti all'attività svolta dalla società ricorrente, essi non potrebbero essere riconosciuti neppure come spese di rappresentanza: la tesi dell'ufficio resistente, che li reputa spese di rappresentanza (anziché di pubblicità), presuppone comunque la loro inerenza. Infine, va osservato che, se l'Agenzia delle entrate avesse voluto eccepire l'indeducibilità dei costi indicati nel contratto a prestazioni corrispettive, concluso tra (omissis) s.r.l. e DD M e C s.n.c.., avrebbe dovuto provare che il contratto era simulato, ma ciò non è avvenuto. Per le suestese ragioni i ricorsi riuniti vanno accolti e, specularmente, gli avvisi d'accertamento annullati, dovendosi ritenere che i costi qui controversi integrino spese di pubblicità”.

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Commissione Tributaria Provinciale di Cremona

Sentenza del 20/03/2017 n. 85 

OGGETTO DEL RICORSO

II.DD. - IRAP - IVA 2011 - ricorsi avverso avvisi d'accertamento - fondatezza - riunione ed accoglimento dei ricorsi riuniti 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

Con il ricorso n. xxxx R.G.R. DD M e C s.n.c.. impugna I'avviso d'accertamento con il quale I'Agenzia delle entrate di Cremona ha rideterminato la sua base imponibile ai fini IRAP ed IVA per I'anno 2011, ne eccepisce I' infondatezza e ne chiede I' annullamento. 

Con distinti ricorsi, rubricati ai nn.                      R.G.R., i soci sigg.ri (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) impugnano, a loro volta, gli avvisi d'accertamento con i quali I'Agenzia delle entrate ha imputato loro il maggior reddito di partecipazione nella predetta società, rideterminando le II.DD. da essi dovute. 

Con distinte memorie, depositate nel processo promosso dalla società il 17 giugno 2016, in ciascuno dei quattro processi, iniziati dai soci,il 20 gennaio 2016, I'Agenzia delle entrate si è costituita in giudizio, per ribadire la fondatezza degli atti impositivi e chiedere il rigetto dei ricorsi. 

A sostegno dei loro assunti i ricorrenti, il 22 febbraio 2017, in ciascun processo, hanno depositato una memoria difensiva. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

I cinque giudizi sono tra loro connessi, sia soggettivamente che oggettivamente; quelli contraddistinti dai nn. (omissis) R.G.R. vanno, pertanto, riuniti al processo n.(omissis) R.G.R. 

Gli atti impositivi ritengono che i costi sostenuti da DD M e C s.n.c., esposti nelle fatture emesse da (omissis) s.r.l. non integrino spese di pubblicità, interamente deducibili, ma piuttosto spese di rappresentanza, detraibili nella misura massima dell'1,3% dei ricavi dichiarati. 

L'assunto dell'Agenzia delle entrate può essere riassunto nei seguenti termini: costituiscono spese di pubblicità quelle finalizzate alla diffusione del nome, dell'immagine e dei prodotti della propria azienda sul mercato, spese di rappresentanza quelle che vengono sostenute non per ottenere un immediato ritorno commerciale, ma una più generica valorizzazione dell'immagine e del prestigio imprenditoriale. 

I ricorrenti eccepiscono invece che i costi controversi sono il corrispettivo di servizi pubblicitari indicati in un contratto che prevedeva l'esecuzione di vari tipi di attività promozionali e che, pertanto, essi integrano spese interamente deducibili. 

E pacifico che i costi dedotti siano il corrispettivo di attività promozionali oggetto di un contratto preventivamente sottoscritto, avente, tra I'altro, data certa, e che le predette attività siano di varia natura (applicazione della ragione sociale su autovetture sportive d'epoca e su automezzi di servizio, utilizzati nell'ambito delle competizioni sportive, predisposizione e distribuzione di volantini e di pieghevoli illustranti I'attività della ricorrente). 

Non è contestato che la società appaltatrice abbia effettivamente svolto tutte le predette attività e va incidentalmente osservato che, nel 2012, anno in cui i ricorrenti presentarono le dichiarazioni relative ai redditi qui discussi (maturati nel 2011), la questione oggetto dei giudizi non era ancora controversa, essendo sorta a seguito dell'ordinanza pronunciata dal Supremo Collegio nel 2012. 

Nonostante il thema decidendum sia sicuramente a tutt'oggi discusso ed incerto, la Commissione ritiene fondati i ricorsi riuniti, in conformità alla decisione recentemente pronunciata da altra sezione in una fattispecie identica a quella qui controversa (cfr. Comm. Trib. prov.le di Cremona,67/1/2017). 

È ben vero che uno dei servizi fomiti da (omissis) s.r.l. a DD M e C. s.n.c. aveva per oggetto lo svolgimento di pubblicità in un ambito specifico (le competizioni sportive per autovetture d'epoca), diverso da quello in cui opera la società ricorrente (che svolge attività di ristorazione); va però, di contro, rilevato che il contratto stipulato tra quest'ultima e l'appaltatrice prevedeva anche altre forme di pubblicità più generiche (volantini, pieghevoli).  

D'altra parte, la società ricorrente non svolge servizi specialistici, ma un'attività generica, che può essere pubblicizzata in qualsiasi ambito: anche tra gli spettatori di una corsa automobilistica vi possono essere potenziali clienti di un ristorante-pizzeria. 

Peraltro, l'imprenditore può legittimamente scegliere gli strumenti ed i settori nei quali pubblicizzare la propria attività e detrarre i relativi costi, se – come nel caso in esame - non è contestata né l'esistenza, né I'ammontare di tali costi, qualora tali costi integrino spese di pubblicità. 

D'altra parte se i costi qui discussi non fossero inerenti all'attività svolta dalla società ricorrente, essi non potrebbero essere riconosciuti neppure come spese di rappresentanza: la tesi dell'ufficio resistente, che li reputa spese di rappresentanza (anziché di pubblicità), presuppone comunque la loro inerenza. 

Infine, va osservato che, se l'Agenzia delle entrate avesse voluto eccepire l'indeducibilità dei costi indicati nel contratto a prestazioni corrispettive, concluso tra (omissis) s.r.l. e DD M e C s.n.c.., avrebbe dovuto provare che il contratto era simulato, ma ciò non è avvenuto. 

Per le suestese ragioni i ricorsi riuniti vanno accolti e, specularmente, gli avvisi d'accertamento annullati, dovendosi ritenere che i costi qui controversi integrino spese di pubblicità. 

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. 

PQM 

la Commissione, visto I'art. 36, d.lgs. n.546/1992; in accoglimento delle domande di cui ai riuniti ricorsi, annulla gli impugnati avvisi d'accertamento e condanna I'amministrazione finanziaria a rifondere ai ricorrenti le spese del giudizio, che liquida nella complessiva somma di euro 1.600,00:, oltre spese generali, I.V.A., Cassa previdenziale e contributo unificato se versato. 

Cremona, 6 marzo 2017 

 

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