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L'avviso di liquidazione dell'imposta di registro su sentenza civile, se troppo generico, è meritevole di annullamento

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Estratto: “l’Ufficio indica solo: il numero dell’atto «sentenza civile n. 000001398/2009», la controparte «xxx spa» e una serie di tre codici, 109T, 806T, 964t, con a fianco la somma da corrispondere ad ogni titolo. Non viene indicata la base impositiva, né l’aliquota applicata per l’imposta. Non vengono neppure indicati gli articoli di riferimento del dpr 131/86. Ciò basta per rigettare l’appello. (…) La Commissione rigetta l’appello dell’Ufficio e condanna l’Ufficio al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro 7.400,00 (settemilaquattrocento) oltre accessori di legge”.

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Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia

Sent. n. 2991 del 5 luglio 2017

Svolgimento del processo

Con sentenza nr. 6547/36/15, depositata in data 17 maggio 2015, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, ha accolto il ricorso proposto dalla società in epigrafe in relazione ad avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate DPI I di Milano ha richiesto a titolo di imposta di registro la somma di euro 171.545,00 sulla sentenza nr. 1398 /09 emessa dalla Corte di Appello di Milano, sentenza resa su lodo arbitrale che condannava la xxx al pagamento della somma di euro 5.165.000,00 a titolo di risarcimento del danno per inadempimenti contrattuali. I primi giudici hanno accolto il ricorso riconoscendo l’illegittimità dell’atto impositivo per difetto di motivazione e nel merito in quanto l’imposta avrebbe, semmai, dovuto essere circoscritta alla sola parte di prestazione non ancora eseguita. Impugna ritualmente l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Milano che si affida a due motivi di appello. Con il primo lamenta che non è condivisibile la motivazione dei primi giudici laddove censura l’avviso di liquidazione per carenza di motivazione, atteso che lo stesso contiene l’enunciazione della normativa di legge applicata, il riferimento all’atto giudiziario e il calcolo dell’imposta liquidata; elementi che consentono lo svolgimento della difesa da parte del contribuente , aggiungendo che, prima del contenzioso, sono state respinte due istanze di autotutela. Con il secondo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 del DPR 131/86 atteso che, nel caso in esame, tale norma non è applicabile trovando, invece, applicazione il combinato disposto di cui agli art. 2 della tariffa parte II e 8 della tariffa parte I che fanno riferimento al contenuto e agli effetti della pronuncia che ha riguardato la legittimità dell’intero lodo arbitrale. Conclude per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese. Si costituisce e resiste il contribuente il quale chiede il rigetto dell’appello con vittoria di spese. Controdeduce che la motivazione inserita nell’avviso di liquidazione è generica e si limita ad indicare in numero dell’atto, non cita la norma specifica applicata e non indica la base imponibile impedendo al contribuente di risalire alla metodologia liquidativa utilizzata con conseguente violazione del diritto di difesa. Nel merito ricostruisce la fase storica della vicenda per ricordare che la sentenza sulla quale l’ufficio pretende le imposte in realtà non ha alcun contenuto patrimoniale essendosi limitata a rigettare l’impugnazione del lodo arbitrale, radicato dalla controparte, senza ,quindi , riconoscere alcun risarcimento del danno alla xxx spa. La trattazione della controversia avveniva come da verbale in atti.

Motivi della decisione

L’appello dell’Ufficio non merita accoglimento. (Cass. 9810/14). Questo Collegio ritiene di condividere quanto esposto dai primi giudici in merito alla carenza di motivazione dell’avviso di liquidazione, e quindi alla sua nullità, per mancata esternazione dei criteri di calcolo e della base impositiva utilizzati per la liquidazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale. La motivazione dell’atto tributario costituisce uno strumento essenziale di garanzia del contribuente, soggetto inciso nella propria sfera giuridica dall’amministrazione finanziaria nell’esercizio del suo potere di imposizione fiscale, e si inserisce nell’ambito di quei presidi di legalità che, anche in forza delle norme dello statuto dei diritti del contribuente (v. l’art. 7), assolvono l’essenziale funzione di garantire la conoscenza e l’informazione dello stesso contribuente in ordine ai fatti posti a fondamento della pretesa fiscale e ai presupposti giuridici della stessa, nel quadro dei principi generali di collaborazione, trasparenza e buona fede che devono improntare, in quanto espressivi di civiltà giuridica, i rapporti tra esso e l’amministrazione. Ne derivano due conseguenze: da un lato, che nell’atto impositivo, al fine di realizzarne in pieno l’anzidetta finalità informativa, devono confluire tutte le conoscenze dell’ufficio tributario e deve essere esternato con chiarezza, sia pur sinteticamente, l’iter logico-giuridìco seguito per giungere alla conclusione prospettata; dall’altro, che le ragioni poste a base dell’atto impositivo segnano i confini del processo tributario, che è comunque un giudizio d’impugnazione dell’atto, si che l’ufficio finanziario non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse e/o modificare, nel corso del giudizio, quelle emergenti dalla motivazione dell’atto. Ciò premesso in punto di diritto, si osserva, in fatto, che dalla lettura dell’avviso di liquidazione emerge che l’Ufficio indica solo: il numero dell’atto «sentenza civile n. 000001398/2009», la controparte «xxx spa» e una serie di tre codici ,109T,806T, 964t, con a fianco la somma da corrispondere ad ogni titolo. Non viene indicata la base impositiva, né l’aliquota applicata per l’imposta. Non vengono neppure indicati gli articoli di riferimento del dpr 131/86. Ciò basta per rigettare l’appello. Tuttavia si aggiunge che, correttamente, i primi giudici hanno fatto riferimento all’art. 22 del DPR 131/86 in considerazione del fatto che la sentenza emessa dalla Corte d’Appello non ha alcun contenuto patrimoniale essendosi limitata a rigettare le richieste della parte attrice xxx Spa e il richiamo al lodo avrebbe consentito, semmai, la tassazione sul solo importo non ancora eseguito, che, tra l’altro, nel caso in esame non sussiste in quanto l’intero importo era stato interamente pagato dalla xxx già nel lontano 22 giugno 2005 (doc. 3 costituzione in giudizio). Alla luce di quanto sopra esposto l’appello deve essere respinto con condanna dell’ufficio alla refusione delle spese del grado.

PER QUESTI MOTIVI

La Commissione rigetta l’appello dell’Ufficio e condanna l’Ufficio al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro 7.400,00 (settemilaquattrocento) oltre accessori di legge.

Milano il 21giugno 2017

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