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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 13741 del 22 maggio 2019
Ritenuto in fatto
La società R. s.p.a. impugnava un avviso di accertamento relativo a Ires per il 2004 con il quale veniva accertata a carico della stessa ex art. 39, comma 1, lettera d) e 40 del DPR 600/1973 una plusvalenza da cessione non dichiarata, con conseguente rettifica dell'imponibile e recupero dell'imposta evasa, oltre sanzioni. Avverso l'atto impositivo la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Milano la quale accoglieva il ricorso. Ricorreva in appello l'Ufficio. La CTR della Lombardia con sentenza n.41/44/12 depositata il 27.3.2012, in parziale accoglimento dell'appello confermava la legittimità della ripresa a tassazione della plusvalenza da cessione per l'annualità 2004, ma annullava le sanzioni sul presupposto che le stesse non fossero dovute per mancata specificazione da parte dell'Agenzia dell'elemento soggettivo. L'Agenzia delle Entrate propone ricorso notificato in data 6.11.2018 per la cassazione della sentenza affidato a due motivi R. s.p.a. si è costituita con controricorso. La contribuente ha proposto autonomo ricorso, notificato in data 6.11.2012, illustrato con memoria avverso la sentenza della CTR della Lombardia affidato a due motivi.
Ritenuto in diritto
I distinti ricorsi devono essere preliminarmente riuniti.
1. Va esaminato il ricorso principale proposto da R. s.p.a. che è stato notificato in data precedente.
1.1 Con il primo motivo del suo mezzo la contribuente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 12 comma 7 legge n. 212/2000 in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR escluso la illegittimità dell'accertamento emesso prima della scadenza dei 60 giorni dalla notifica del pvc. Il motivo non è fondato 1.2 Le Sezioni Unite di questa Corte (n.24823/2015) - nell'affermare che, in tema di tributi non armonizzati, "non sussiste per l'Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. "a tavolino"- hanno ribadito l'orientamento maggioritario già formatosi in materia secondo cui le garanzie fissate nell'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l'operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (Cass.n.15010/14; 9424/14, 5374/14, 20770/13, 10381/14), rilevando che nel senso indicato militano univocamente il dato testuale della rubrica ("Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali) e, soprattutto, quello del primo comma dell'art.12 legge 212/2000 (coniugato con la circostanza che l'intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesamente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco) che, esplicitamente si riferisce agli "accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali". E ciò in considerazione anche delle peculiarità di dette verifiche, in quanto caratterizzate dall'autoritativa intromissione dell'Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale contro bilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell'interesse del contribuente e della stessa Amministrazione , gli elementi acquisiti presso i locali aziendali (Cass.SS.UU.n.24823/15 cit.). Con riferimento, invece, ai tributi non armonizzati (nella specie IVA) le stesse Sezioni Unite hanno, invece, affermato il principio per cui in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa".
1.3. Nella specie, non è contestato in atti, che l'accesso nei locali della società venne eseguito per rilevare i dati contabili rilevanti in ordine alla cessione di beni immobili di cui al contratto del 30.8.2004 stipulato dalla ricorrente con la Provincia di Milano. Trattandosi di accertamento a fini ires (esclusivamente assoggettato alla normativa nazionale) e vedendosi in tema d'indagine "a tavolino", non sussisteva e alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale in capo all'Amministrazione fiscale.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 109 comma 1 e comma 2 DPR n.917/86, 1353, 1360, 1362 e segg. C.c. 1376 cc in relazione all'art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto che la società avesse violato il principio di competenza assegnando alla scrittura privata del 31.8.2004 una efficacia traslativa della proprietà che tale scrittura non aveva. Il motivo è fondato.
2.1 Si evince dalla sentenza impugnata che la contribuente ha dichiarato la plusvalenza nelle scritture contabili dell'esercizio 2008, anno in cui, in data 23.12.2008, si procedeva alla redazione dell'atto pubblico di trasferimento. Questa Corte ha affermato che "in tema di reddito d'impresa, le regole sull'imputazione temporale dei componenti di reddito, dettate in via generale dall'art. 75 (ora 109) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono tassative ed inderogabili, non essendo consentito al contribuente di ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo di reddito ad un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come "esercizio di competenza", né essendone ammessa l'imputazione in misura superiore a quella prevista per ciascun esercizio. Il recupero a tassazione dei ricavi nell'esercizio di competenza non può pertanto trovare ostacolo nella circostanza che essi siano stati dichiarati in un diverso esercizio, non potendosi lasciare il contribuente arbitro della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti di reddito, con innegabili riflessi sulla determinazione del proprio reddito imponibile" (Cass. n. 28159 del 2013). A norma dell'art. 109 (già 75), commi 1 e 2, del tuir, "i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme di questa sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare concorrono a formarlo nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni. Ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti alla data della stipulazione dell'atto per gli immobili e per le aziende". A fronte del chiaro disposto normativo, ha errato la CTR a ritenere che l'effetto traslativo si fosse verificato in data precedente la stipulazione dell'atto pubblico e quindi alla data della scrittura privata, applicando, nella sostanza, un criterio di cassa anzicchè il prescritto criterio di competenza. Nella promessa di vendita, la consegna del bene immobile e l'anticipato pagamento del prezzo, prima del perfezionamento del contratto definitivo, non sono indice della natura definitiva della compravendita, atteso che - quale che ne sia la giustificazione causale - è sempre il contratto definitivo a produrre l'effetto traslativo reale- (cfr. Cass. 8796/2000, 10469/2001, 13368/2005, 24290/2006, S.U. 7930/2008, 1296/2010,Cass. 4863/2010). Il ricorso della R. s.p.a. deve essere, pertanto accolto e la sentenza cassata.
3. Con il primo motivo del suo ricorso l'Agenzia delle Entrate lamenta la violazione degli artt. 5, 16 e 17 del D.Igs 472/97 con riferimento all'art. 360, comma 1 n.3 c.p.c.
4. Con il secondo motivo di ricorso l'Agenzia lamenta l'insufficiente motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.. In particolare l'Agenzia si duole del fatto che la CTR ha ritenuto non dovute le sanzioni irrogate dall'ufficio.
5. L'accoglimento del ricorso della contribuente rende superfluo l'esame del ricorso dell'Agenzia delle Entrate. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la controversia può essere decisa nel merito con accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente. Le spese dei giudizi di merito devono essere compensate, in considerazione dell'evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia di esercizio di competenza. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
PQM
La Corte i previa riunione dei ricorsi proposti da Agenzia delle Entrate e R. s.p.a. i accoglie il secondo motivo del ricorso della contribuente, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo di R. s.p.a. Compensa le spese dei giudizi di merito. Condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 4.800,00 oltre accessori. Così deciso nella Camera di Consiglio del 17.4.2018
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