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Corte di Cassazione, Sez. 5
Sentenza n. 10661 del 17 aprile 2019
FATTI DI CAUSA
D. impugnò l'invito al pagamento notificato dall'Agenzia delle Dogane, per tributi doganali evasi, oltre indennità di mora ed interessi, dovuti in forza del suo concorso, quale funzionario dell'Agenzie delle Dogane, nel reato di contrabbando di merci commesso nell'anno d'imposta 1992. Accolta l'impugnazione in primo grado, l'Agenzia delle Dogane propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che lo respinse, con sentenza depositata il 4 febbraio 2011, assumendo il difetto di motivazione dell'atto impugnato, nonché la carenza di prova del concorso del ricorrente nel reato dì contrabbando. Avverso la detta sentenza, l'Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste con controricorso D.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo l'Agenzia delle Dogane lamenta violazione dell'art. 11, comma 5 -bis del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374, dell'art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e dell'art. 3, legge 7 agosto 1990, n. 241, poiché il giudice di merito ha ritenuto il difetto di motivazione dell'atto impugnato solo perché non era stato integralmente riprodotto il processo verbale di constatazione relativo alle violazioni contestate.
2. Con il secondo motivo assume violazione dell'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 e degli artt. 2697 e segg. c.c. avendo la commissione tributaria regionale confuso il profilo della motivazione del provvedimento impugnato con quello della prova della pretesa tributaria.
2.1. I primi due motivi del ricorso, palesemente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati. È noto che secondo l'orientamento di questa Corte, in tema di motivazione per relationem degli atti d'imposizione tributaria, l'art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all'atto dell'Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione (Cass. 05/12/2017, n. 29002; Cass. 23/12/2015, n. 25946; Cass. 14/01/2015, n. 407; Cass. 02/07/2008, n. 18073). Nella specie, invece, è incontroverso che il processo verbale di constatazione datato XXX, elevato dalla Guardia di Finanza di Napoli, non venne allegato all'atto impugnato, né risulta mai notificato al D. e neppure ne risulta riprodotto il contenuto essenziale, come si evince dalla lettura dell'invito di cui si discute, esattamente riprodotto nel ricorso in esame. Dunque, corretta si mostra la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto illegittimo l'invito a pagamento, che rinviava ad un processo verbale di constatazione di cui semplicemente si metteva il contribuente in condizione di «trarre copia ai sensi della legge 241/1990 e succ. mod.». Né può sostenersi, come pure afferma la ricorrente, che D. avesse avuto conoscenza del processo verbale di constatazione in discussione, perché imputato nel processo penale relativo ai medesimi fatti per cui è giudizio, conclusosi con la sentenza della Corte d'appello di Napoli - di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, come già deciso in primo grado -, poiché è incontroverso che detto documento non venne mai formalmente notificato né comunicato all'odierno controricorrente, il quale, anche se rinviato a giudizio per il reato di contrabbando, potrebbe non avere mai avuto una effettiva conoscenza legale dell'atto in parola, semplicemente perché rimasto contumace ovvero assente dal processo, ai sensi degli artt. 487 e 488 c.p.p., applicabili ratione temporis.
3. Con il terzo motivo eccepisce violazione degli artt. 36, comma 5, 38 e 56 del d.p.r. 23 gennaio 1973, n. 43, poiché la commissione tributaria regionale ha erroneamente ritenuto che il funzionario dell'Agenzia delle Dogane non possa concorrere nel reato di contrabbando e, quindi, essere chiamato a rispondere dei tributi evasi.
4. Con il quarto motivo assume violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 2697 e segg. c.c. avendo il giudice di merito escluso la responsabilità del D. per il reato di contrabbando senza valutare le prove versate in atti dall'Amministrazione.
5. Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., atteso che la commissione tributaria non ha esaminato la circostanza di fatto costituita dal concorso del D. nella commissione del reato di contrabbando.
5.1. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tutti inammissibili per difetto di interesse, poiché il loro accoglimento non consentirebbe di cassare la sentenza impugnata che si regge anche sulla diversa ratio decidendi, sottoposta alle censure contenute nei motivi in precedenza respinti. 6. Le spese seguono la soccombenza. Essendo la ricorrente principale una amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso per la predetta l'obbligo di versare dell'ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 17789). P.Q.M. Respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15% e agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.
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