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Accesso dell’Agenzia delle Entrate finalizzato all’acquisizione di documentazione. Anche in questo caso va atteso il termine di 60 giorni previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente. Ricorso accolto ed avviso annullato.

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Estratto: “le garanzie fissate nell'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 trovano applicazione a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati all'acquisizione della documentazione, com'è pacificamente avvenuto nel caso di specie. Principio questo confermato dalla più recente pronuncia delle Sezioni Unite civili di questa Corte n. 24823 del 2015 (ribadito, da ultima, da Cass. n. 1007 del 17/01/2017)”.

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Corte di Cassazione, Sez. 6

Ordinanza n. 8330 del 25 marzo 2019

Rilevato che:

— in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso di accertamento emesso con riferimento all'anno di imposta 2005 ai fini IRAP nei confronti della società contribuente ed ai fini IRPEF nei confronti dei soci per i redditi di partecipazione dei medesimi, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR del Molise rigettava l'appello principale dei contribuenti, ritenendo «pienamente legittimo» il metodo accertativo dell'amministrazione finanziaria ed insussistente la violazione del contraddittorio endoprocedimentale, per avere avuto i contribuenti, cui l'Ufficio aveva rilasciato, «dopo l'accesso mirato presso la sede sociale al fine di prelevare documenti», «copia del verbale di constatazione contenente anche le dichiarazioni della parte», «tutte le possibilità per esercitare il diritto di difesa sia in sede di autotutela e sia in sede giurisdizionale; accoglieva, quindi, l'appello incidentale dell'Agenzia delle entrate ritenendo violato dalla società contribuente l'art. 106 TUIR in materia di svalutazione dei crediti;

— avverso tale statuizione i contribuenti propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l'intimata con controricorso;

— sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

Considerato che:

1. Il primo motivo di ricorso, con cui viene dedotta l'emissione ante tempus dell'avviso di accertamento, in violazione degli artt. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, 33 d.P.R. n. 600 del 1973 e 52 d.P.R. n. 633 del 1972, è fondato e merita accoglimento.

2. In materia di contraddittorio endoprocedimentale, è consolidato l'orientamento di questa Corte, secondo cui «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento — termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni — determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell'atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l'emissione anticipata, bensì nell'effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall'osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all'epoca di tale emissione, deve essere provata dall'ufficio» (Cass., Sez. U., n. 18184 del 2013). Si è quindi precisato (Cass. n. 29143 del 2017, che richiama Cass. n.15624 del 9/07/2014) che le garanzie fissate nell'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 trovano applicazione a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati all'acquisizione della documentazione, com'è pacificamente avvenuto nel caso di specie. Principio questo confermato dalla più recente pronuncia delle Sezioni Unite civili di questa Corte n. 24823 del 2015 (ribadito, da ultima, da Cass. n. 1007 del 17/01/2017) con la specificazione che «in tema di garanzie per il contribuente, l'obbligatorietà generalizzata del contraddittorio preventivo di cui all'art. 12, comma 7, della 1. n. 212 del 2000, applicabile a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all'acquisizione di documentazione, esclude l'ammissibilità della cd. "prova di non resistenza"» (in senso analogo anche Cass. n. 1969 del 2017).

3. Orbene, nel caso qui vagliato, in cui dallo stesso avviso di accertamento societario (riprodotto in parte qua nel ricorso, a pag. 17, in ossequio al principio di autosufficienza, che la controricorrente ha infondatamente eccepito essere stato violato) emergeva che «in data 17 dicembre 2010 funzionari della Dir. Prov.le di Campobasso accedevano presso il Centro prima citato proprio al fine di acquisire scritture contabili che potessero fare chiarezza su alcuni costi, di importo rilevante, imputati all'esercizio 2005», la CTR, attenendosi a quegli arresti giurisprudenziali, avrebbe dovuto annullare l'avviso di accertamento emesso pacificamente prima del decorso del termine dilatorio di cui alla disposizione statutaria, ovvero in data 23/12/2010 e notificato il successivo 27/12/2010.

4. Pertanto, in accoglimento del motivo in esame, che comporta all'evidenza l'assorbimento del secondo, con cui e dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973, la sentenza impugnata va cassata senza necessità di rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con accoglimento dell'originario ricorso dei contribuenti e con condanna della controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, compensandosi le spese dei gradi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.

P.Q.M.

 

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso dei contribuenti e condanna la controricorrente al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge, compensando le spese processuali dei gradi di merito. Così deciso in Roma il 16/01/2019.

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