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L’Agenzia delle Entrate deve rimborsare le imposte versate in caso di concorso a premi che preveda la vincita di beni (seppur ritirabili tramite buoni) e non buoni in denaro. Confermata la condanna a rimborsare quasi 4 milioni di euro.

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Estratto: “Il primo motivo è inammissibile, dovendosi effettivamente rilevare come l'individuazione dell'oggetto del concorso a premi fossero i beni ritirati infine dal cliente e non i buoni ad esso rilasciati - ciò che avrebbe invece comportato la non assoggettabilità ad IVA dell'operazione se fosse stato considerato oggetto della cessione il credito in denaro incorporato nei buoni sconto consegnati ai clienti”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 6494 del 6 marzo 2019

Rilevato che:

Con sentenza n. 101/12/2011, depositata il 29 giugno 2011, non notificata, la CTR della Lombardia respinse l'appello dell'Agenzia delle Entrate nei confronti di M. S.p.A. avverso la sentenza della CTP di Bergamo, che aveva accolto il ricorso della società avverso il silenzio - rifiuto dell'Amministrazione formatosi sull'istanza di rimborso avente ad oggetto l'importo di Euro 3.731.843,18 per versamenti effettuati a titolo d'imposta sostitutiva, pari al 20 per cento del valore complessivo dei premi di cui al concorso "M.". Detto concorso, essendosi verificata la condizione della vittoria della nazionale italiana di calcio XXX comportava, come da regolamento, che coloro che avessero scommesso su detto evento e che si fossero resi acquirenti presso punti di vendita M. di un televisore LCD o al plasma di misura uguale o superiore a 32 pollici tra quelli presenti fisicamente nel punto vendita e nel periodo considerato, previa registrazione di propri dati, avrebbero ricevuto un blocchetto di "buoni" pari al valore del televisore precedentemente acquistato, da utilizzare entro il XXX per l'acquisto di un bene tra quelli presenti fisicamente nello stesso punto vendita ove era stato in precedenza acquistato il televisore. Avverso la sentenza della CTR della Lombardia l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui la società resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

Considerato che:

1. Con il primo motivo l'Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della I. n. 449/1997 e degli artt. 2, comma 3, lett. a) del d.P.R. n. 633/1972, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. nella parte in cui la decisione impugnata ha, secondo l'Ufficio, erroneamente considerato come oggetto del concorso a premi i beni finali messi a disposizione dei consumatori, non esattamente individuabili all'atto della partecipazione al concorso e non i buoni rilasciati agli utenti vincitori del concorso, concludendo quindi nel senso del diritto al rimborso dell'imposta sostitutiva versata, non sussistendone il presupposto di cui all'art. 19, comma 8 della I. n. 449/2007, da porsi in relazione a premi consistenti in beni e servizi non imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.

2. Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria lamenta, in subordine, per l'ipotesi che si ritenga che la qualificazione dell'oggetto del premio costituisca oggetto di accertamento di fatto compiuto dalla CTR, insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., atteso che, secondo l'Amministrazione ricorrente, l'individuazione dell'oggetto del premio nel bene o nei beni effettivamente ritirati dal consumatore per mezzo dei buoni ad esso rilasciati sarebbe fatta discendere dalla sola circostanza del ritiro dei beni da parte del cliente.

3. Il primo motivo è inammissibile, dovendosi effettivamente rilevare come l'individuazione dell'oggetto del concorso a premi fossero i beni ritirati infine dal cliente e non i buoni ad esso rilasciati - ciò che avrebbe invece comportato la non assoggettabilità ad IVA dell'operazione se fosse stato considerato oggetto della cessione il credito in denaro incorporato nei buoni sconto consegnati ai clienti (art. 2, comma 3, lett. a) e lett. m) del d.P.R. n. 633/1972 secondo quanto invocato dalla ricorrente - integra questione di fatto oggetto di accertamento conforme in ciascun grado del giudizio di merito, su cui, pertanto, non può richiedersi una diversa valutazione da parte della Corte sub specie del vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. sez. 6-5, ord. 7 aprile 2017, n. 9097).

4. Il secondo motivo è invece infondato. Non ricorre, infatti, il denunciato vizio di insufficiente motivazione, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. nella sua formulazione applicabile ratione temporis, atteso che la sentenza della CTR ha espresso detta valutazione nel contesto della più ampia condivisione di quanto statuito sul punto dalla sentenza di primo grado, il cui contenuto è stato riportato dal controricorso in ossequio al principio di autosufficienza, nell'ambito di una valutazione critica dei motivi di appello proposti dall'Amministrazione avverso la sentenza di primo grado, soddisfacendo, in tal modo, il requisito motivazionale (cfr., più di recente, tra le altre, Cass. sez. lav. 23 agosto 2018, n. 21037) pur nel più ampio spettro d'impugnazione consentito dalla norma dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. nella sua formulazione anteriore alla modifica ad esso apportata dall'art. 54 comma 1, lett. b) del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 134/2012.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

6. La mancanza di specifici precedenti in materia giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 gennaio 2019

 

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