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Comm. Trib. Reg. per il Lazio Sezione/Collegio 15
Sentenza del 02/08/2018 n. 5473 -
FATTO
Con la sentenza n. 396/6/2013 del 15.10.2013 la CTP di Latina ha accolto il ricorso della società C. srl in liquidazione (compensando le spese) avverso l'avviso di accertamento TKF031500808/2012 (in esito ad un pvc effettuato presso altra società, la A. srl), anno d'imposta 2006, con cui si recuperava a tassazione un maggior reddito per ricavi non contabilizzati per recupero costi non riconosciuti, scaturiti da fatture emesse dalla menzionata società A. srl, ritenute emesse per lavori inesistenti. A tale statuizione addiveniva la CTP ritenendo non sufficientemente provata la inesistenza della prestazione sottesa alla fattura, stante il fatto che l'incarico conferito (studio per il marketing della società stessa), risultava effettuato, a nulla rilevando che il professionista che dagli atti, risultava aver sottoscritto la relazione allegata al piano di marketing (Sig. XXX) avesse disconosciuto la propria firma come allo stesso sottoposta dalla G.di.F.
Impugna la sentenza l'Ufficio, eccependo in via pregiudiziale l'inammissibilità dell'appello per violazione dell'art. 17 bis del d.lgs 546/92, non avendo la parte esperito il tentativo obbligatorio di mediazione e ribadendo, nel merito, che l'indebita deduzione del costo scaturiva dal disconoscimento della firma apposta in calce alla relazione di accompagnamento al progetto di marketing dà parte del professionista asseritamente incaricato, per cui le operazioni falsamente attribuite al professionista stesso (e la fattura connessa a tali operazioni) devono ritenersi oggettivamente inesistenti.
Si è costituita la società contribuente, facendo presente che in ordine al primo motivo di appello è intervenuta la Corte Costituzionale con sentenza 98/2014 e, nel merito, evidenziando che lo studio relativo al marketing è stato effettivamente svolto, seppure non dal professionista che ha disconosciuto la propria firma in calce al medesimo, facendo anche riferimento alla sopravvenuta legislazione di cui all'art. 8 del d.l. 16/2012, conv. nella l. 44/2012.
Nela odierna pubblica udienza le parti hanno ribadito quanto già espresso nei rispettivi atti scritti.
DIRITTO
L'appello dell'Ufficio è infondato.
Va preso atto del fatto che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 98/2014, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 17 bis, comma 2, del d.gls 546/92, nel testo evidenziato dall'Ufficio, di tal che il primo motivo di gravame deve essere disatteso.
Nel merito, come specificato dall'art. 1 del D. Lgs. 10 marzo 2000 n. 74:
"Per "fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi: - a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte, - o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, - ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi".
La fattispecie qui discussa riguarda il caso, da ultimo elencato, di operazioni soggettivamente inesistenti.
In termini generali, la fattura costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell'IVA e alla deducibilità dei costi; spetta all'Ufficio dimostrare i1 difetto delle condizioni per l'insorgenza di tale diritto. La dimostrazione può consistere in presunzioni semplici, poiché la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. n. 9108 del 06/06/2012).
Nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, che si verificano nel caso in cui la fattura sia stata emessa da soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione in essa rappresentata e della quale il cessionario o il committente è stato realmente destinatario, la regolazione e la ripartizione dell'onere probatorio deve essere valutata alla luce della normativa in materia.
Orbene, in tema di indebita detrazione di fatture ai fini I.v.a. In quanto relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell'Amministrazione finanziarla fornire la prova, anche mediante presunzioni semplici, che la prestazione, oggetto della fattura, non è stata resa dal fatturante e che il cessionario non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l'operazione interessata si collocava nell'ambito di un'evasione commessa dal fornitore o che un'altra operazione facente parte della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziato da evasione dell'I.v.a. (cfr. Corte Giust. 22 ottobre 2015, causa c- 277/14; Corte Giust. 6 luglio 2006, cause C-439/04 e C- 440/04);
- è, dunque, sufficiente la dimostrazione che il cessionario poteva avere conoscenza dell'esistenza della operazione fiscale e, conseguentemente, evitare di restarne coinvolto attraverso la possibilità dell'adozione di tutte le misure esigibili secondo l'ordinaria diligenza, mentre non è richiesta anche la prova della effettiva consapevolezza della operazione, né, tanto meno, della partecipazione alla stessa da parte del cessionario medesimo.
Alla luce della suesposta giurisprudenza non sembra alla Commissione che l'Ufficio, sia in primo grado, sia anche in questa sede di impugnazione, abbia adeguatamente provato la sussistenza, in capo alla società contribuente, di una operazione soggettivamente inesistente, considerato il concreto dipanarsi della operazione, adeguatamente dimostrato in atti dalla società e non contrastato idoneamente dall'Ufficio.
Infatti risulta per tabulas che:
a) l'operazione sottesa alla fattura in questione - studio di marketing plane per la ditta C. srl - di corposa consistenza, è stato effettivamente realizzato;
b) la fattura risulta emessa tra la società A. e la ditta C. srl:
c) la firma disconosciuta dal professionista XXX ha riguardo, come sottolineato dalla società contribuente, non già al suddetto studio di marketing plane, ma alla relazione tecnica riassuntiva dei lavori dell'intero programma di consulenza, redatta al temine dei lavori;
d) Il costo che la C. srl ha portato in deduzione riguarda il piano marketing di cui al punto a) e non già la relazione tecnica di cui al punto c);
e) ne deriva che il disconoscimento della firma in calce alla relazione tecnica di accompagnamento al piano di marketing riguarda la sola elaborazione tecnica che non può estendersi all'intero (e strutturalmente diverso) piano marketing, che appare essere stato l'oggetto della obbligazione intercorsa tra la C. srl e la A. srl.
Non sembra a questa Commissione che si potesse richiedere alla società C. srl una diligenza tale da far ritenere che la firma già apposta dal professionista (e poi risultata disconosciuta) sulla realizzazione tecnica di accompagnamento al piano di marketing non fosse effettivamente allo stesso professionista riconducibile, essendo interessata, la C., eminentemente al piano marketing, essendo confermata la inerenza del costo sostenuto.
D'altra parte, la sopravvenuta legislazione art. 8 d.l. 16/2012 conv. nella l. 44/2012 ha ulteriormente corroborato le ragioni della società contribuente, atteso che "a norma dell'art. 14, comma 4 bis, legge 21 dicembre 1993, n. 537, nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16 (convertito con la legge 26 aprile 2012, n. 44), l'acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti (non utilizzati direttamente per commettere il reato), anche per l'ipotesi in cui sia consapevole il carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del Testo Unico delle imposte sul redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità" (Sez. 5, Sentenza n. 24426 del 30/10/2013).
Infine, di nessun rilievo, nella presente sede giurisdizionale, si appalesa il fatto che i finanziamenti già concessi dalla Regione Lazio per la iniziativa imprenditoriale della C. srl siano stati revocati, ponendosi la suddetta procedura di finanziamento su di un piano del tutto distinto e separato da quello fiscale.
La singolarità della vicenda induce a compensare le spese.
P.Q.M.
La Commissione respinge l'appello dell'Ufficio.
Le spese sono compensate.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 2 luglio 2018.
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