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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 34206 del 20 dicembre 2019
Rilevato che
con sentenza n. 263/14/13 pubblicata il 10 aprile 2013 la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da C. avverso l'avviso di accertamento n. XXX/2010 con il quale venivano determinate maggiori imposte per l'anno 2005 a seguito di PVC dal quale erano emerse discrasie fra le fatture di acquisto ed i prezzi di vendita risultanti pari o inferiori a quelli di acquisto con conseguente irragionevole antieconomicità nell'attività della ricorrente; che la Commissione tributaria regionale ha considerato l'antieconomicità dell'attività non giustificata dalla ricorrente se non con errori di fatturazione;
che C. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su tre motivi; che l'Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente al solo scopo di partecipare all'eventuale discussione.
Considerato che
con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 39 del d.P.R. 600 del 1973, 54 del d.P.R. 633 del 1972, 2729 cod. civ. ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. con riferimento all'affermazione della perdurante perdita di impresa considerata dal giudice dell'appello senza che tale circostanza fosse mai stata dedotta neppure dall'Ufficio;
che con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell'art. 360, n. 5 cod. proc. civ. nella formulazione successiva alla modifica apportata con l'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134 applicabile ai giudizi di cassazione anche in materia tributaria, con riferimento alla suddetta perdita di impresa non motivata dal giudice dell'appello;
che con il terzo motivo si deduce ancora vizio di motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. con riferimento alle censure mosse dalla ricorrente all'avviso di accertamento impugnato e di cui non vi è cenno nella decisione impugnata; che i tre motivi possono essere trattati congiuntamente stante la loro stretta connessione essendo riferiti tutti alla motivazione della sentenza.
Che i motivi sono fondati in quanto effettivamente la sentenza impugnata non tiene affatto conto degli elementi forniti dalla ricorrente e non li considera in rapporto alla motivazione del provvedimento impugnato basato solo sull'antieconomicità che costituisce elemento grave e preciso che onera il contribuente a fornire giustificazioni; che nel caso in esame la sentenza impugnata ha considerato solo l'antieconomicità senza alcun riferimento a quanto dedotto dalla ricorrente e senza una sua conseguente valutazione; che la sentenza impugnata va conseguentemente cassata con rinvio alla medesima Commissione tributaria regionale in diversa composizione che provvederà a valutare anche gli elementi proposti dalla contribuente, e provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione. Roma, 11 ottobre 2019
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