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Contribuente oppone all’Amministrazione doganale il giudicato intervenuto nei confronti dell’altro condebitore quando sussistono i requisiti previsti dalla legge. La Cassazione accoglie il ricorso sull’eccezione preliminare del ricorrente.

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Estratto: «Il principio ricavabile dall'art. 13061 secondo comma, cod. civ., per il quale il condebitore in solido può opporre al creditore il giudicato intervenuto tra quest'ultimo e altro condebitore solidale è applicabile anche in materia tributaria.

Pertanto, con specifico riferimento alla responsabilità solidale nel pagamento dei dazi doganali, che sono imposte non periodiche, ma riguardanti le singole importazioni, il vincolo derivante dal giudicato sul medesimo avviso di rettifica non è idoneo a compromettere l'applicazione del diritto unionale».

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Corte di Cassazione, Sez. 5,

Sentenza n. 33097 del 16 dicembre 2019 

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 744/38/14 dell'11/02/2014, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) accoglieva l'appello proposto dalla Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso la sentenza n. 128/26/12 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto dalla C. s.p.a. (d'ora in poi solo C.) avverso un avviso di rettifica con il quale le veniva richiesta la integrale corresponsione dei dazi doganali in relazione ad alcune importazioni di banane avvenute negli anni 2004-2005.

1.1. Come si evince anche dalla sentenza della CTR: a) l'avviso di rettifica derivava dall'elusione delle disposizioni relative al contingentamento delle importazioni di banane da parte della CI Ltd; b) tale società, onde aggirare i limiti previsti dalla normativa unionale, interponeva fittiziamente nell'operazione di importazione soggetti in possesso del certificato AGRIM (nel caso di specie la Comaco), che, quindi, importavano le banane corrispondendo dazi in misura minore a quelli previsti dalla legge utilizzando il predetto certificato e, quindi, rivendevano la merce alla Chiquita Italia s.p.a.; c) la CTP accoglieva il ricorso della società contribuente; d) la sentenza della CTP era appellata sia dall'Agenzia delle dogane.

1.2. Su queste premesse, la CTR accoglieva l'appello dell'Agenzia delle dogane osservando che: a) la società appellata non aveva «realizzato alcuna interposizione fittizia, ma ha concluso operazioni commerciali a completo soddisfacimento dei propri interessi economici»; b) le operazioni di acquisto delle banane poste in essere dalla C., peraltro, dovevano considerarsi effettuate in violazione della clausola antiabusiva immanente al diritto della UE in quanto caratterizzate: «1) dalla anormalità della concatenazione di atti escogitata per raggiungere un dato risultato economico difforme da quello perseguito da altri operatori che hanno le medesime esigenze; 2) dall'assenza di alcuna plausibile ragione che non sia quella di conseguire mediante siffatta concatenazione un certo vantaggio fiscale; 3) dalla circostanza che detto beneficio è ottenuto aggirando una regola tributaria normalmente adottabile e non sia quindi qualificabile come fisiologico o comunque coerente con il sistema»; c) l'iter commerciale seguito dalle società coinvolte era in realtà preordinato non già ad una cessione legittima di banane, ma ad una illegittima utilizzazione delle licenze (peraltro non formalmente cedute), che veniva ad alterare le prefissate quote di mercato; d) ne conseguiva che, avendo concorso con la CI s.p.a. all'operazione elusiva, la C. era responsabile in solido con la predetta per il mancato pagamento del dazio previsto, essendo l'operazione abusiva inopponibile all'Amministrazione doganale.

2. La C. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. 3. L'Agenzia delle dogane resisteva con controricorso.

4. Con memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ. La ricorrente evidenziava l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 1306, secondo comma, cod. civ., in relazione al definitivo annullamento, da parte di Cass. n. 30808 dell'11/10/2017, dell'atto impositivo emesso a carico della C. Italia s.p.a., coobbligata solidale della stessa.

5. Con ordinanza resa in esito all'udienza camerale del 24/01/2019, questa Corte disponeva il rinvio a nuovo ruolo della

controversia, non essendo la causa decidibile ai sensi dell'art. 375, secondo comma, cod. proc. civ. 

6. La C. depositava ulteriore memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

                                                RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va pregiudizialmente esaminata l'eccezione formulata da parte ricorrente con la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.

1.1. Sostiene la C. che la sentenza della Corte di cassazione n. 30808 del 2017, accogliendo il ricorso proposto dalla C.I. s.p.a. nei confronti della sentenza della CTR del Lazio n. 456/14/12, ha dichiarato l'illegittimità dell'avviso di rettifica impugnato dal coobbligato solidale (n. 28988/2010), sicché troverebbe applicazione nella fattispecie il principio enunciato dall'art. 1306, secondo comma, cod. civ., con conseguente diritto della società contribuente di avvalersi del giudicato favorevole.

1.2. La menzionata sentenza di questa Corte ha ritenuto la nullità degli avvisi di rettifica impugnati (tra cui l'avviso oggetto del presente giudizio) in quanto emessi dall'Ufficio delle dogane di Roma, anziché dall'autorità presso la quale è sorta l'obbligazione tributaria; conseguentemente, cassata la sentenza della CTR, la S.C. ha deciso nel merito, accogliendo l'originario ricorso proposto dalla CI s.p.a.

2. L'eccezione è fondata per le considerazioni che seguono.

2.1. L'avviso di rettifica è stato emesso nei confronti della CI s.p.a. e della C., formale importatrice della merce, in quanto entrambe hanno concorso ad eludere le disposizioni restrittive in materia di dazi all'importazione delle banane di cui al regolamento (CEE) n. 404/93 del 13 febbraio 1993 e, pertanto, sono state ritenute responsabili, in solido, per il pagamento dei maggiori diritti doganali dovuti.

2.1.1. Le società hanno impugnato separatamente il predetto avviso e la controversia introdotta da C.I. s.p.a. è stata già definita dalla menzionata sentenza della S.C., che ha dato ragione alla società contribuente e della quale l'odierna ricorrente, obbligata solidalmente, intende avvalersi.

2.2. È noto che l'obbligazione solidale, pur avendo per oggetto una medesima prestazione, dà luogo non ad un rapporto unico ed inscindibile, bensì a rapporti giuridici distinti, anche se tra loro connessi (cfr. Cass. n. 1032 del 07/04/1971; Cass. n. 303 del 09/01/2019), tanto che, sul piano processuale, può essere azionata separatamente dal creditore, senza che sussista un litisconsorzio necessario tra i vari condebitori (cfr. n. 22672 del 27/09/2017; Cass. n. 23422 del 17/11/2016; Cass. n. 20476 del 25/07/2008; Cass. n. 4296 del 09/05/1987). 2.2.1. Normalmente, la sentenza emessa tra il creditore ed uno dei condebitori non ha effetto nei confronti degli altri condebitori (art. 1306, primo comma, cod. civ.), sempre che questi ultimi non abbiano partecipato al giudizio (Cass. n. 23422 del 2016, cit.).

2.2.2. Tuttavia, in deroga alla previsione del primo comma, l'art. 1306, secondo comma, cod. civ. consente al condebitore estraneo alla sentenza emessa tra il creditore ed altro condebitore, di avvalersene secundum eventum litis ove la stessa sia passata in giudicato (Cass. n. 12766 del 19/06/2015; Cass. n. 9577 del 19/04/2013; Cass. n. 8816 del 01/06/2012), non sia fondata su ragioni personali del debitore (per un'ipotesi di integrazione delle ragioni personali si veda, ad es., Cass. n. 25890 del 23/12/2015) e sia stata sollevata tempestivamente la relativa eccezione (Cass. n. 21170 del 19/10/2016; Cass. n. 25401 del 17/12/2015).

Peraltro, l'eccezione alla efficacia soggettiva del giudicato opera nei soli rapporti tra creditore e condebitore, non anche in sede di regresso tra condebitori (Cass. n. 16117 del 26/06/2013).

2.2.3. Il principio — che opera indiscutibilmente anche in materia tributaria (da ultimo, Cass. n. 303 del 2019, cit.), atteso che il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all'annullamento di atti autoritativi e, considerato che i ricorsi dei condebitori in solido hanno per oggetto un identico atto impositivo, l'annullamento o la rettifica di un atto non può che valere erga omnes (Cass. n. 33436 del 27/12/2018; Cass. n. 3204 del 09/02/2018; per un'applicazione anche all'atto irrogativo di sanzioni cfr. Cass. n. 26008 del 20/11/2013) — incontra, peraltro, due limiti: a) il giudicato non può esser fatto valere dal coobbligato nei cui confronti si sia direttamente formato un giudicato (cfr. Cass. n. 19580 del 17/09/2014; Cass. n. 28881 del 09/12/2008. Secondo Cass. n. 14814 del 05/07/2011 e Cass. n. 7255 del 04/08/1994, che ribadiscono il medesimo principio, la norma opera sul piano processuale, sicché la sua applicazione, in favore del condebitore d'imposta, non trova ostacolo nell'inerzia di questi, la quale inerisce al rapporto sostanziale e non è equiparabile al giudicato; per Cass. n. 2231 del 30/01/2018 e Cass. n. 3105 del 01/02/2019 la norma trova applicazione anche nei confronti di chi abbia adempiuto dopo la notifica della cartella, non trattandosi di pagamento spontaneo); b) il condebitore non deve avere partecipato al giudizio in cui il giudicato si è formato, altrimenti operano le preclusioni proprie del giudicato, con la conseguenza che la mancata impugnazione da parte di uno o di alcuni dei debitori solidali, soccombenti in un rapporto obbligatorio scindibile, qual è quello derivante dalla solidarietà, determina il passaggio in giudicato della sentenza nei loro confronti, ancorché altri condebitori solidali l'abbiano impugnata e ne abbiano ottenuto l'annullamento o la riforma (Cass. n. 20559 del 30/09/2014; Cass. n. 1779 del 29/01/2007). 2.3. Provando a riassumere quanto finora affermato, il principio di diritto interno per il quale la sentenza resa tra creditore e condebitore solidale può essere opposta al creditore da altro condebitore solidale è applicabile, anche in materia tributaria, alle seguenti quattro condizioni: 1) che la sentenza sia passata in giudicato; 2) che non si sia già formato un giudicato nei rapporti tra il condebitore solidale che intende avvalersi del giudicato e il creditore (sia perché il condebitore abbia preso parte allo stesso giudizio e non abbia proposto impugnazione, sia perché il giudicato sia intervenuto in altro autonomo giudizio). 

In proposito il giudicato è opponibile sia se penda giudizio non ancora definito, sia se il condebitore sia rimasto inerte e non abbia impugnato l'atto impositivo; 3) che, ove si tratti di giudizio pendente, la relativa eccezione sia stata tempestivamente sollevata in giudizio, nel senso che il giudicato non deve essersi formato prima della scadenza del termine per l'ultima allegazione difensiva delle parti nel giudizio precedente a quello in cui viene dedotto (cfr. Cass. n. 14883 del 31/05/2019); 4) che il giudicato non si sia formato nei confronti del condebitore solidale in relazione a ragioni personali di quest'ultimo. 

2.4. Peraltro, trattandosi pur sempre dell'opponibilità di un giudicato, con riferimento ai tributi armonizzati occorre tenere conto della regola di diritto ricavabile da CGUE 3 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub, secondo la quale, in assenza di una normativa unionale in materia, «le modalità di attuazione del principio dell'autorità di cosa giudicata rientrano nell'ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell'autonomia procedurale di questi ultimi. Esse non devono tuttavia essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività)»;

2.4.1. Sicché, secondo la menzionata sentenza, il diritto unionale osta all'applicazione di una disposizione del diritto nazionale, come l'art. 2909 cod. civ., in una causa vertente sull'IVA concernente un'annualità fiscale per la quale non si è ancora avuta una decisione giurisdizionale definitiva, «in quanto essa impedirebbe al giudice nazionale investito di tale causa di prendere in considerazione le norme comunitarie in materia di pratiche abusive legate a detta imposta».

2.4.2. Tale principio è stato già recepito dalla giurisprudenza della S.C. in materia di IVA, affermando che non è possibile estendere ad altri periodi di imposta un giudicato in contrasto con la disciplina unionale, avente carattere imperativo, proprio perché ne comprometterebbe la sua effettività (Cass. n. 9710 del 19/04/2018; conf. Cass. n. 8855 del 04/05/2016; Cass. 5 ottobre 2012, n. 16996; Cass. 19 maggio 2010, n. 12249).

2.4.3. Peraltro, è la stessa sentenza Olimpiclub a chiarire che, in linea di principio, gli effetti del giudicato vanno salvaguardati salvo ipotesi del tutto particolari (si veda, in senso analogo, anche CGUE 10 luglio 2014, in causa C-213/13, Pizzarotti, § 58) o che investono la stessa ripartizione di competenze tra gli Stati membri e la UE (cfr. CGUE 18 luglio 2007, in causa C-119/05, Lucchini).

Si tratta, pertanto, di un principio da applicare restrittivamente, in quanto «i/ diritto dell'Unione non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme procedurali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con detto diritto» (CGUE 10 luglio 2014, cit., § 59).

2.5. Orbene, non è dubbio che la materia dei dazi doganali risenta, al pari dell'IVA, delle norme dettate dalla UE, trattandosi di risorsa propria dell'Unione, di cui i singoli Stati devono assicurare l'effettività del prelievo (cfr., da ultimo, CGUE 11 luglio 2019, in causa C- 304/18, Commissione clo Repubblica italiana, punti 49-50). E, tuttavia, non può non evidenziarsi che, diversamente dall'IVA, l'imposta non è suscettibile di applicazione periodica, ma riguarda singole importazioni, sicché l'occasionale impedimento all'effettività del diritto unionale conseguente all'applicabilità della regola prevista dall'art. 2909 cod. civ. non è di rilevanza pari a quanto prospettato dalla CGUE nella sentenza Olimpiclub, laddove la non corretta applicazione del diritto dell'unione «si riprodurrebbe per ciascun nuovo esercizio fiscale, senza che sia possibile correggere tale erronea interpretazione» (CGUE 3 settembre 2009, cit., § 30). 

2.5.1. In altri termini, diversamente che nel caso dell'IVA, l'applicabilità della regola del giudicato di diritto interno in materia di dazi doganali, non incide in maniera significativa sul principio di effettività del diritto unionale, riguardando una singola importazione o, comunque, quel (ristretto) numero di importazioni prese in considerazione dal singolo avviso di rettifica, non essendo, pertanto, la regola conseguente a quel giudicato suscettibile di estensione ad un numero indefinito di casi similari.

2.5.2. Ciò a maggior ragione può dirsi nel caso della regola prevista dall'art. 1306, secondo comma, cod. civ., che, pur costituendo un'eccezione ai limiti soggettivi del giudicato, si applica nei ristretti limiti della previsione di legge per come più sopra delineati. 2.5.3. Del resto, ipotizzare che il condebitore solidale non possa beneficiare del giudicato favorevole derivante da una pronuncia emessa nei confronti di altro condebitore solidale, per di più riguardante i medesimi fatti e il medesimo accertamento, costituirebbe un vulnus alla certezza del diritto certamente più rilevante rispetto alla (modesta) deroga applicativa alle disposizioni unionali dettate in materia sia di limiti all'importazione sia di abuso del diritto; e tale deroga, come precedentemente chiarito, è consentita dallo stesso ordinamento della UE, che lascia al diritto dei singoli Stati membri la regolamentazione degli effetti del giudicato. 

2.6. Nella specie, la C. è ritenuta dall'Agenzia delle dogane responsabile in solido con la CI s.p.a. per avere, in concorso con quest'ultima, posto in essere una condotta fraudolenta idonea ad aggirare la normativa unionale in materia di limiti quantitativi alla importazione delle banane da Paesi extra UE; e ciò al fine di corrispondere il dazio previsto dalla menzionata normativa in misura ridotta.

2.7. Il diritto di opporre all'Amministrazione doganale il giudicato intervenuto nei confronti dell'altro condebitore CI s.p.a. deve ritenersi, pertanto, fondate: sia perché sussistono tutti i requisiti previsti dall'art. 1306, secondo comma, cod. civ. (ed elencati al superiore § 2.3.), sia perché, nella specie, il principio di certezza del diritto derivante dall'applicazione della regola del giudicato prevale sulla necessità di garantire l'effettività del diritto unionale, in piena armonia con quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

2.8. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «Il principio ricavabile dall'art. 13061 secondo comma, cod. civ., per il quale il condebitore in solido può opporre al creditore il giudicato intervenuto tra quest'ultimo e altro condebitore solidale è applicabile anche in materia tributaria.

Pertanto, con specifico riferimento alla responsabilità solidale nel pagamento dei dazi doganali, che sono imposte non periodiche, ma riguardanti le singole importazioni, il vincolo derivante dal giudicato sul medesimo avviso di rettifica non è idoneo a compromettere l'applicazione del diritto unionale».

3. Con il primo motivo di ricorso la C. deduce la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., lamentando l'omessa pronuncia della CTR in ordine alla eccepita violazione dell'art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, difettando i motivi dell'atto di appello dell'Agenzia delle dogane della necessaria specificità.

4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione dei regolamenti comunitari in materia di mercato contingentato delle banane e, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l'omessa motivazione in ordine alla controversa natura del cd. dazio pieno, da intendersi, ad avviso della ricorrente, quale sanzione protezionistica tale da rendere antieconomica qualsiasi operazione di importazione extra-contingente.

5. Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 36, comma 2, e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992 (ed eventualmente anche dell'art. 132 cod. proc. civ.), nonché degli artt. 111, sesto comma, e 24 Cost., evidenziando l'inesistenza della motivazione e, comunque, l'apparenza della stessa. 6. I motivi di ricorso restano assorbiti in ragione degli effetti del giudicato conseguente a Cass. n. 30808 del 2017.

7. In conclusione, il ricorso va accolto con riferimento all'eccezione ex art. 1306, secondo comma, cod. civ., con assorbimento degli ulteriori motivi; la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendoci ulteriori questioni di fatto da decidere, la causa può essere decisa nel merito in ragione degli effetti del giudicato intervenuto inter alios, con conseguente accoglimento dell'originario ricorso della società contribuente.

7.1. La relativa novità della questione giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite relative all'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso sull'eccezione preliminare del ricorrente, con conseguente assorbimento dei motivi; 

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso della C. S.p.a.; 

compensa tra le parti le spese di lite. 

Così deciso in Roma il 7 marzo 2019.

 

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