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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 29651 del 14 novembre 2019
Rilevato che:
1. Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Firenze, F. impugnava la cartella di pagamento n. XXX7, emessa a seguito di un controllo automatico del Modello Unico 2003, per l'anno di imposta 2002, dal quale era risultata non versata la seconda rata dell'imposta sostitutiva indicata dalla contribuente a godimento delle agevolazioni previste dalla legge n. 448 del 2001 per le rivalutazioni dei terreni. La ricorrente deduceva che il terreno di cui all'imposta in questione era stato oggetto di rivalutazione, ma che successivamente ella aveva rinunciato a tale agevolazione: infatti, in data 17/12/2006, aveva richiesto il rimborso della prima rata già versata, con rinuncia esplicita alle agevolazioni previste dalla legge n. 448 del 2001, ed in data 19/6/2007 aveva inoltrato domanda di sgravio della cartella impugnata in questa sede relativa alla seconda rata. Inoltre, poiché vi era un errore nella denuncia dei redditi per l'anno 2002 (relativamente al quadro XI RM23 — RM 24), essendo il terreno in questione un terreno non edificabile ma seminativo arboreo, precisava di aver inoltrato in data 27/7/2007 una dichiarazione integrativa a correzione della dichiarazione. L'Ufficio si opponeva alla avversa domanda sostenendo che la volontà espressa nella dichiarazione dei redditi aveva determinato l'insorgenza del debito d'imposta.
2. Con sentenza n. 23/11/10, depositata il 24/2/2010, la Commissione tributaria provinciale adita respingeva il ricorso proposto dalla F. e compensava le spese tra le parti, ritenendo che la modifica della volontà del contribuente espressa nella dichiarazione dei redditi è consentita solo nei limiti di una dichiarazione integrativa.
3. Avverso tale pronuncia proponeva appello F. sostenendo l'erroneità della indicazione fatta nel quadro RM della dichiarazione dei redditi in questione quanto al valore del terreno ed affermando il proprio diritto di procedere a mutamento della volontà ed alla modifica della indicazione errata, nella specie effettuata attraverso la comunicazione telematica di una dichiarazione integrativa, con indicazione del reale valore ed eliminazione della rivalutazione e del conseguente debito d'imposta sostitutiva.
Si costituiva l'Ufficio appellato contestando le avverse difese e sostenendo che l'unica modalità consentita dalla legge al fine della modificazione della dichiarazione dei redditi era quella della presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. n. 332 del 1998, da effettuarsi entro il termine prescritto dal comma 8bis del medesimo art. 2.
4. Con sentenza n. 99/24/13, depositata il 26 novembre 2013, la Commissione tributaria regionale di Firenze confermava la sentenza della C.T.P. di rigetto del ricorso perché, a norma dell'art. 2, comma 8bis, del d.P.R. 322/1998, la contribuente avrebbe dovuto emendare la dichiarazione entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo.
5. Avverso tale sentenza F. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. L'Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione della causa.
Considerato che:
1. Con l'unico motivo di ricorso la contribuente ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 8bis, del d.P.R. n. 322 del 22/7/1998 deducendo che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti sull'obbligazione tributaria, è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell'amministrazione finanziaria. 1.1. Il motivo è fondato. Osserva la Corte che l'art. 2, comma 8, del d.P.R. 322/98 prevede che le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini stabiliti dall'articolo 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Il comma 8bis, introdotto con il d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435 prevede che le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo. La Corte di legittimità, con la sentenza n. 13378 pronunciata a Sezioni Unite il 7 giugno 2016 (Rv. 640206 - 01), chiamata a decidere sul contrasto tra diversi orientamenti formatisi sulla emendabilità della dichiarazione, ha affermato il principio per il quale occorre distinguere il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, cui si applicano i termini previsti dall'art. 2, commi 8 e 8bis del d.P.R. n. 322/98, rispetto a quelle che governano il processo tributario. Ciò in quanto oggetto del contenzioso giurisdizionale è l'accertamento circa la legittimità della pretesa impositiva, quand'anche fondata sulla base di dati forniti dal contribuente. Dunque, in tal caso, non si verte in tema di "dichiarazione integrativa" ex art. 2 cit., o di richiesta di rimborso ex art. 38 d.P.R. n. 602/73 e sussiste il diritto del contribuente a contestare il provvedimento impositivo, fornendo prova delle circostanze, quali anche errori o omissioni presenti nella dichiarazione fiscale.
Come chiarito dalle Sezioni Unite, infatti, la natura giuridica della dichiarazione fiscale, quale mera esternazione di scienza, il principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost. ed il disposto dell'art. 10 dello Statuto del contribuente - secondo cui i rapporti tra contribuente e fisco sono improntati al principio di collaborazione e buona fede - nonchè il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione rispetto a quelle che governano il processo tributario, comportano l'inapplicabilità, in tale sede, delle decadenze prescritte per la sola fase amministrativa. La Corte ha quindi affermato il seguente principio di diritto: "La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all'ari'. 2 comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l'amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dall'art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il rimborso dei versamenti diretti di cui all'art. 38 del dpr 60211973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui all'art. 2 comma 8 bis dpr 322/1998. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall'art. 2 dpr 322/1998 e dall'istanza di rimborso di cui all'art. 38 dpr 60211973, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria" (Cass. SU n. n. 13378 del 2016 cit.; in senso conforme, v. Cass. sez. 5, 11/05/2018, n. 11507, Rv. 648025 — 01; Cass. sez. 5, 30/10/2018, n. 27583, Rv. 650962 — 01; Cass., sez. 5, 28/11/2018, n. 30796, Rv. 651567 -01). Non conforme a tali principi è la decisione impugnata laddove, pur dando atto dell'avvenuta presentazione della dichiarazione integrativa e della volontà manifestata dalla contribuente di rinunciare alle agevolazioni previste dalla 1. n. 448 del 2001 per la rivalutazione del terreno (circostanze pacifiche in causa), ha ritenuto non emendabile la dichiarazione presentata per il periodo di imposta 2002 perché integrata e corretta dalla contribuente oltre il termine di cui all'art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. 322/98. La sentenza impugnata va pertanto cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti (attesa l'assenza di contestazioni in fatto sollevate nel corso dei giudizi di merito), la causa può essere decisa nel merito con accoglimento del ricorso originariamente proposto dalla contribuente. I contrasti interpretativi sulla questione oggetto di causa, composti solo successivamente all'introduzione del presente ricorso, a seguito dell'intervento delle Sezioni Unite del 2016, rendono equo compensare tra le parti le spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte: - accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario proposto da F.; - compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio. Così deciso in Roma, dalla 5° sezione civile della Corte di cassazione, il 22 maggio 2019.
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