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Corte di Cassazione - Sezione/Collegio Sezioni unite
Sentenza del 11/05/2018 n. 11533
Fatti di causa
La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze respingeva il ricorso promosso da M. S.r.l. avverso tre avvisi di accertamento anni d'imposta 2003 2004 2005 con i quali veniva recuperata sia IVA ritenuta indebitamente detratta - in relazione a spese di ristrutturazione di un importante complesso immobiliare in locazione destinato a residence per vacanze di proprietà della controllante M. LLC di diritto statunitense - sia IRES 2005 in quest'ultimo caso sulla scorta delle sfavorevoli presunzioni stabilite per le società cosiddette non operative dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30 nella formulazione applicabile ratione temporis.
In parziale riforma della prima decisione la Commissione Tributaria Regionale della Toscana riteneva legittima la ripresa IVA ed invece infondata quella IRES. Con riguardo all'IVA la CTR "confermava l'orientamento dei primi giudici" sia perché al momento della sua ristrutturazione il complesso immobiliare era in categoria catastale A/2 abitativa quando invece il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19 bis1, lett. i), ammetteva la detrazione unicamente per le società con oggetto esclusivo o principale la costruzione o la vendita di immobili essendo irrilevante il successivo accatastamento in D/2 - sia perchè l'art. 30, comma 2, lett. c) D.P.R. n. 633 cit. applicabile ratione temporis non consentiva la detrazione d'imposta per le spese di ristrutturazione di immobili non ammortizzabili in quanto di "proprietà di un terzo soggetto M. LLC". Con riferimento all'IRES la CTR riteneva illegittima la ripresa per aver la contribuente superato la ricordata sfavorevole presunzione prevista dall'art. 30 L. n. 724 cit. dimostrando - a mezzo degli "allegati documenti" - che l'esercizio dell'attività alberghiera era stata "di fatto" impedita dall'impossibilità di utilizzare il piccolo locale destinato agli impianti elettrico ecc. per mancanza della "certificazione antincendi" il cui rilascio sarebbe stato consentito solo "a avvenuta sanatoria". La CTR respingeva infine la domanda di disapplicazione delle sanzioni formulata dalla contribuente ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8 perché - oltre che "essere sfornita di specifica motivazione e non essere assistita da elementi probatori" - non erano ravvisabili difficoltà che avessero dato luogo ad una obbiettiva incertezza interpretativa.
La contribuente ricorreva per cassazione per undici motivi, ai quali resisteva l'ufficio proponendo a sua volta ricorso incidentale per due motivi.
Chiamata dapprima in camera di consiglio, la controversia veniva in seguito rimessa davanti a queste Sezioni Unite per decidere la contrastata questione di massima di particolare importanza circa il diritto alla detrazione d'imposta delle spese di ristrutturazione di immobili non di proprietà, bensì soltanto detenuti dal soggetto passivo d'imposta a titolo di locazione, peraltro in una concreta fattispecie connotata dalla circostanza che la contribuente aveva detratto l'IVA senza aver mai esercitato attività d'impresa e poi venduto il complesso turistico, appena dopo aver incorporato la controllante estera, ad una terza Società la cui compagine sociale era per l'essenziale la stessa delle altre.
Entrambe le parti si avvalevano della facoltà di depositare memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo e quarto motivo del ricorso principale la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 addebitando alla CTR di aver violato principalmente l'art. 19 bis1, lett. i), D.P.R. n. 633 cit. - nonchè l'art. 17, comma 2, lett. a) dir. 17 maggio 1977 n. 388 ora art. 168, lett. a) dir. 28 novembre 2006 n. 112 - per aver reputato indetraibile l'IVA in ragione della circostanza che in corso di ristrutturazione il complesso turistico era accatastato in cat. A/2 abitativa. Secondo la contribuente infatti la CTR avrebbe invece dovuto riconoscere la detrazione perché - indipendentemente dalla categoria catastale attribuita - era in atti pacifico che il rammentato complesso immobiliare fosse destinato all'attività di impresa turistica tanto che al termine dei lavori di ristrutturazione era stata assegnata la cat. D/2.
I motivi da trattarsi congiuntamente perchè strettamente connessi sono fondati - anche alla luce della giurisprudenza domestica e unionale - le quali non hanno mancato di evidenziare che ai fini della detrazione d'imposta la strumentalità del bene deve essere verificata in concreto. E cioè tenendo conto della sua effettiva destinazione - in rapporto all'attività di impresa - non potendosi infatti tollerare in via di principio limitazioni al diritto di detrazione. E quindi - in particolare - dovendosi accertare la strumentalità dell'immobile prescindendo dalla categoria catastale attribuita dall'Amministrazione (Corte giust. n. 488 del 2008; Cass. sez. trib. n. 8628 del 2015).
Vengono così assorbiti il secondo - nonchè terzo motivo del ricorso principale - che in via gradata declinano la identica censura di cui sopra sotto il profilo del vizio motivazionale ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis.
2. Con il quinto motivo del ricorso principale la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la CTR - in violazione dell'art. 112 c.p.c. - pronunciato extra petita laddove aveva ulteriormente escluso il diritto alla detrazione perchè l'art. 30, comma 2, lett. c) D.P.R. n. 633 cit. applicabile ratione temporis ciò avrebbe consentito solo per i beni di proprietà ammortizzabili.
Il motivo è all'evidenza infondato costituendo - il riferimento compiuto dalla CTR all'art. 30, comma 2, lett. c) D.P.R. n. 633 cit. una mera argomentazione in diritto a sostegno del recupero d'imposta accertata con gli impugnati avvisi.
3. Con il sesto motivo del ricorso principale - formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la contribuente lamentava la violazione dell'art. 30, comma 2, lett. c) D.P.R. n. 633 cit. per avere la CTR ritenuto di escludere la detrazione perchè la norma in esponente limitava il diritto ai soli beni ammortizzabili tali non essendo quelli di proprietà altrui. Invero secondo la contribuente la disposizione regolava invece la diversa fattispecie della "rimborsabilità" dell'IVA stabilendo le condizioni della stessa sul "presupposto della sua detraibilità".
Con l'ottavo e nono motivo del ricorso principale - ancora formulati ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la contribuente addebitava alla CTR di aver violato l'art. 19 D.P.R. n. 633 cit. nonchè l'art. 17, comma 2, lett. a) dir. n. 388 cit. assumendo a riguardo che queste disposizioni "configgevano" con l'esclusione del diritto alla detrazione. E questo perchè il complesso immobiliare era comunque strumentale alla attività di impresa turistica - e la circostanza che la proprietà fosse della controllante non poteva essere d'impedimento al riconoscimento del diritto pena la violazione dei fondamentali principi unionali e domestici rivolti a garantire in ogni caso la detraibilità dell'imposta. E tenendo altresì conto del fatto che - successivamente all'incorporazione della controllante - il residence era stato venduto "con una operazione soggetta a IVA" afferente l'attività d'impresa con il conseguente diritto alla detrazione.
I motivi - che in ragione della loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente - sono fondati nella misura più sotto precisata.
I suddetti motivi introducono il tema della controversia che ha coonestato la rimessione a queste Sezioni Unite essendo in effetti nella sezione tributaria di provenienza insorto contrasto tra pronunce intese a riconoscere - o ad escludere - il diritto a detrarre l'IVA in fattispecie in cui erano stati svolti lavori di manutenzione o ristrutturazione su immobili utilizzati da impresa che li aveva soltanto in locazione per la sua attività (sono per la negativa, Cass. sez. trib., 12/07/2006, n. 15808; Cass. sez. trib. n. 2939 del 2006; a cui debbono essere aggiunte, con riferimento alla simmetrica questione della deduzione dei costi, Cass. sez. trib. n. 13494 del 2015; Cass. sez. trib. n. 6936 del 2011; sono invece per il riconoscimento, con riguardo all'IVA, Cass. sez. trib. n. 3544 del 2010; Cass. sez. trib., 30/04/2009, n. 10079 del 2009; con riguardo ai costi, Cass. sez. trib. n. 13327 del 2011).
In tutte le sentenze che hanno escluso la detrazione è in diverse forme presente la preoccupazione che il contratto di locazione potesse essere stato predisposto allo scopo di consentire alla conduttrice una detrazione di cui la proprietaria dell'immobile in quanto "consumatrice finale" non avrebbe potuto aver diritto appunto perchè non esercitante attività di impresa o professionale venendo quindi a mancare l'effettuazione di operazioni IVA "a valle" dalle quali potesse originare il debito d'imposta eventualmente compensabile. E questo al di là della giustificazione giuridica fornita - che con riguardo alla detrazione è stata anche quella del divieto previsto per i beni non ammortizzabili - e che con riguardo alla deduzione è stata anche quella della mancanza di inerenza. Si pensi per esempio a una persona fisica proprietaria di un negozio che debba ristrutturalo - e che non può detrarre nè dedurre - e che per questo costituisca una Società che riceva in locazione l'immobile soltanto per averne diritto tanto che a lavori ultimati il contratto di locazione venga risolto. Si pensi ancora per esempio ad un professionista che voglia ristrutturare l'abitazione, il quale - per permettere la deduzione e la detrazione - conceda in locazione l'immobile alla associazione professionale di cui fa parte per poi risolvere il contratto terminati i lavori. E' per vero una preoccupazione che alligna anche nella concreta fattispecie - in cui la controllante proprietaria era una società estera di diritto statunitense - mentre la controllata che aveva in locazione il complesso immobiliare mai aveva svolto attività d'impresa. E in tal modo sembrando all'ufficio - nella sostanza - un semplice collettore di costi.
Occorre a riguardo ricordare che la giurisprudenza unionale ha già avuto occasione di indagare la tematica pervenendo a consolidare una soluzione mediana - anche recentissimamente reiterata - del tutto coerente con il carattere tendenzialmente assoluto del principio di neutralità dell'imposta come costantemente predicato dalla medesima Corte di Giustizia (Corte giust. 28 febbraio 2018 C672/16; Corte giust. 14 settembre 2017 C-132/16; Corte giust. 18 luglio 2013 C-124/12; Corte giust. 29 ottobre 2009 C-29/08).
Una soluzione - quella adottata dal giudice unionale - che deve recepirsi nell'ordinamento domestico secondo i seguenti principi di diritto: "Deve riconoscersi il diritto alla detrazione IVA per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobili di proprietà di terzi, purchè sia presente un nesso di strumentalità con l'attività d'impresa o professionale, anche se quest'ultima sia potenziale o di prospettiva. E ciò pur se - per cause estranee al contribuente - la predetta attività non abbia poi potuto concretamente esercitarsi".
Regole che appunto permettono di far salvo il fondamentale principio Europeo del diritto alla detrazione relativamente a beni che sono comunque strumentali all'attività d'impresa - dalla giurisprudenza unionale da negarsi soltanto in ipotesi del tutto eccezionali - subordinatamente alla riscontrata sussistenza della essenziale condizione del nesso di strumentalità dell'immobile che consenta di evitare a chi è nella sostanza un "consumatore finale" di potersi detrarre l'imposta. Un nesso di strumentalità il quale viene meno soltanto quando l'attività economica anche potenziale cui avrebbe dovuto accedere non sia stata intrapresa per circostanze non estranee al contribuente. E con l'ulteriore aggiunta che la questione all'esame nulla a che fare con fattispecie abusive o elusive - risolvendosi invece unicamente nello stabilire con un tipico accertamento di fatto se il diritto spetta o non spetta per la rammentata ragione della esistenza o meno della natura strumentale dell'immobile rispetto all'attività economica in concreto svolta o che il contribuente avrebbe potuto svolgere.
Trattasi di un accertamento che la CTR ha invece mancato di fare anche a causa del già rilevato error in iudicando consistente nell'aver ritenuto esclusa la detrazione perchè in corso di ristrutturazione l'immobile era indicato in cat. A/2 abitativa - di qui la conseguente cassazione della sentenza ed il rinvio della causa per il necessario incombente.
Viene con ciò assorbito il settimo motivo del ricorso principale con il quale - nella sostanza - le appena vedute censure vengono declinate sotto il profilo del vizio motivazionale ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis.
4. Restano altresì assorbiti i motivi decimo e undicesimo del ricorso principale - formulati rispettivamente ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis - perchè rivolti a censurare il rigetto della domanda di disapplicazione delle sanzioni. E ciò perchè - ai sensi dell'art. 336 c.p.c., comma 1, - la statuizione sulle sanzioni è dipendente dal mancato riconoscimento del diritto alla detrazione. 5. Con il primo motivo del ricorso incidentale - formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - l'ufficio deduceva tra l'altro la violazione dell'art. 30 L. n. 724 cit. applicabile ratione temporis per avere la CTR sbagliato ad annullare il recupero IRES 2005. E questo atteso che la prova contraria alla sfavorevole presunzione che la contribuente avrebbe dovuto offrire poteva soltanto consistere nella dimostrazione delle "oggettive situazioni di carattere straordinario che avevano reso impossibile il conseguimento dei ricavi" - ovvero nella dimostrazione di trovarsi in un periodo di non normale svolgimento della attività d'impresa - non certo nell'impossibilità di utilizzare un piccolissimo vano di 34,67 mq. per mancanza della "certificazione antincendio". E ciò anche considerando che il piccolo locale non risultava catastalmente nella disponibilità della contribuente - e quindi non poteva essere d'ostacolo all'esercizio della attività turistica - e che soprattutto fino al novembre 2007 l'agibilità del complesso immobiliare nemmeno era stata chiesta.
5. Il motivo è fondato perchè - come già la Corte ha avuto occasione di evidenziare - l'impossibilità del conseguimento di ricavi presunti dall'art. 30 L. n. 724 cit. deve ex lege trovare luogo in situazioni "straordinarie" e del tutto "oggettive" (Cass. sez. trib. n. 21358 del 2015). Deve trattarsi quindi di situazioni che non siano dipese da comportamenti commissivi - ovvero omissivi della contribuente. Se così non fosse - oltre che a rimanere senza significato la lettera della specifica previsione contenuta nell'art. 30 n. 724 cit. - la disposizione sarebbe incongruente attesa la più che facile superabilità della sfavorevole presunzione reddituale. In questo senso pertanto - cioè perchè la regionale ha ritenuto di rinvenire la prova contraria nella semplice dimostrazione del mancato utilizzo di un piccolo locale che non sarebbe stato in regola con la normativa urbanistica senza aver accertato oggettività e straordinarietà della situazione - la CTR è incorsa nella lamentata violazione di legge.
Rimane così assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale che - in via gradata - declinava le appena vedute censure sotto il profilo del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis.
La sentenza deve essere quindi cassata - e rinviata alla CTR anche per questa ragione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, quarto, sesto, ottavo e nono motivo del ricorso principale, rigetta il quinto motivo e assorbiti gli altri; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo; cassa l'impugnata sentenza; rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana che, in altra composizione, dovrà decidere la controversia uniformandosi ai superiori principi e regolare le spese di ogni fase e grado.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 marzo 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2018
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